Olivo Matto

Non ci resta che sperare

Luigi Caricato

Non ci sono parole per entrare nel dramma di quanto è accaduto a Parigi. Ci siamo sentiti parte di quel dolore, perché siamo effettivamente così vicini, non solo geograficamente, ma anche sul piano degli ideali e degli stili di vita, a un Paese che non è tanto lontano dal nostro modo di guardare al mondo. Ciò che è capitato a chi si è trovato nel posto sbagliato nel momento sbagliato, poteva capitare a chiunque tra noi, anche perché chiunque poteva essere lì.

Quando si attenta alla sicurezza, ci si sente fragili, indifesi. Però osserviamo anche, nello stesso tempo, che ciò che ci accade in maniera traumatica, e in un luogo a noi così vicino e familiare, ci fa riflettere, di riflesso, su coloro, gli altri, i tanti, a noi lontani. Come non immedesimarci nelle altrui sofferenze?

Sono certo che non ci resti che sperare in un mondo migliore, in cui il male non sia così travolgente, ma ciò è impossibile. Dobbiamo convivere sempre con la parte peggiore di noi e di chi ci sta vicino, sforzandoci di essere aperti gli uni agli altri, di vivere una esperienza di condivisione, ma – credetemi – è solo un vano sogno, pura utopia.

Il terrorismo di oggi ci spaventa perché ci mostra nudi di fronte alla verità del nostro essere. Siamo quelli che siamo, e aspirare al bene è l’unica strada percorribile, ma non basta, non attendiamoci nulla, non aspettiamo che qualcosa cambi nella nostra storia sulla faccia della terra. Resteremo ciò che siamo, perennemente divisi tra il bene e il male, anche per le prossime generazioni a venire, si ripeterà tutto uguale come sempre, fino a che tutto durerà, c’è chi giocherà la parte del bene e chi quella del male – e ci saranno anche quelli che si muoveranno nell’ambiguità, come al solito. Non ci resta che sperare, ma non aspettiamoci nulla di diverso, nulla di migliore di quanto sia possibile immaginare.

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