Olivo Matto

Non lasciatevi intimorire

Luigi Caricato

C’è troppa paura di pensare. Esprimere un pensiero personale già è difficile di per sé. C’è il rischio di non essere originali, ma soprattutto di esprimere ovvietà, fino a rasentare a volte l’inconsistenza delle cose dette. Per questo, molti sono intomoriti e non si pronunciano nemmeno, pur quando dovrebbero invece prendere una posizione, affermando verità evidenti che chiedono di essere pronunciate. E allora, cosa succede? In molti, la quasi totalità della gente, fa finta di elaborare un pensiero, in realtà si limitano a copiare (nemmeno scopiazzare, poiché richiede uno sforzo intellettuale maggiore) i pensieri altrui. Non mutuano però tutti i pensieri, sia ben chiaro; solo quelli più comodi, giacché riflettono il pensiero della maggioranza. E così, ogni pensiero espresso equivale a un azzeramento del pensiero.

E’ raro che si attinga a un pensiero reale, libero da appartenenze e sganciato da luoghi comuni. I pensieri veri sono pensieri che aprono varchi insidiosi, scuotono le coscienze, spingono a una reazione, e così è meglio tenere tutto calmo, rifugiandosi negli slogan. Ieri era il mangiare lento, oggi il Km zero. Il nuovo corso, sospinti dall’onda del No Tav, è l’iniziare a dire no a tutto: no Ogm, no global. L’unico sì concesso è verso ciò che è piccolo, microcosmico. E così, dopo aver condotto l’ennesima analisi sugli eterni mali dell’agricoltura italiana, consistenti nell’eccesso di frammentazione delle proprietà, nel frazionamento esagerato delle imprese, oggi paradossalmente anziché unire le forze si tende a dividerle, creando ulteriore frammentazione, una polverizzazione ulteriore.

Così, in materia di agricoltura – e in questo ambito estendo il raggio d’azione a tutto l’agroalimentare – non esiste più un pensiero che sia realmente pensiero, circolare, dialogante, capace di essere formulato esaminando le tante complessità, e diversità, con cui ci confrontiamo quotidianamente. Ci rinchiudiamo piuttosto nel proprio hortus conclusus, rendendolo ancor più ristretto. Di conseguenza, l’attività intelletuale si esaurisce nelle formule già abbozzate da altri, che si sostituiscono al pensiero personale. Molti si illudono perfino di pensare con la propria testa – e dicono, sicuri di sé, io penso che, io vi dico che… – ma di fatto dimenticano che andando a esprimere vuoti slogan, che tutti in realtà pronunciano all’unisono, quel che dicono o scrivono non è pensiero, ma solo una parvenza di pensiero. C’è il vuoto.

Per questo io esorto coloro che hanno gli strumenti della conoscenza, avendo studiato, di non svilire i propri studi accodandosi al pensiero conformistico, comodo e sicuro senza dubbio, certamente meno pericoloso, giacché si hanno solo vantaggi a ripetere pappagallescamente ciò che altri suggeriscono di dire. A poco serve far finta di pensare. Il pensiero vero, quando si formula, scatena sempre guai, crea problemi, scuote le coscienze, impone reazioni.

Solo i deboli cedono alle lusinghe del pensiero conformistico, ma se si vuole per davvero cambiare volto all’agricoltura, è necessario cambiare se stessi e trovare un po’ di coraggio ed esprimere il proprio pensiero, non quello altrui. Non occorre essere in fondo grandi pensatori, per esprimere un pensiero profondo e compiuto. Conosco tanti saggi contadini, senza istruzione, che non si lasciano intimorire. Formulano pensieri che sono pietre vive, capaci di scavare a fondo e ricavare il meglio per sé e per la comunità.

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