Olivo Matto

Produrre un olio, o un qualsiasi alimento, è un po’ come scrivere un libro. Per tutti

Luigi Caricato

Produrre un olio, o un qualsiasi alimento, è un po’ come scrivere un libro. Per tutti

Quanto è bello ed emozionante facebook. Basta utilizzarlo correttamente e lo strumento è da considerare come tale impeccabile. Quest’oggi vi riporto un commento che Alfonso Pascale, il presidente della Rete delle Fattorie Sociali, ha scritto riguardo a una mia nota apparsa appunto sul social network in questione, unitamente alla mia risposta alle sue riflessioni. Scrive Alfonso: “Grazie Luigi. Le due novità apparse di recente nello scenario agroalimentare – e che tu hai prontamente segnalato – riguardano proprio la collaborazione di Gualtiero Marchesi con Mc Donald’s e l’arrivo sui mercati mondiali dell’olio extra vergine d’oliva (prima spremitura) prodotto da Monini in Australia”. (…)

ALFONSO PASCALE

(…) Questi due episodi sono la cartina di tornasole di un cambio di paradigma nell’agroalimentare: nel primo caso, la globalizzazione cessa di essere sinonimo obbligatorio di omologazione dei modelli alimentari; nel secondo, la tipicità di un prodotto non coincide più, staticamente, con un “topos”, come una rendita di posizione e un vantaggio competitivo inespugnabili, ma s’identifica con il “saper fare” che nasce in un luogo ben determinato e, tuttavia, si può esercitare in qualunque altro luogo del pianeta.

E’ un cambio di modello che mette in discussione la visione statica dell’italianità legata esclusivamente ai prodotti e alle culture alimentari (da difendere con marchi collettivi, etichettature, riconoscimenti Unesco e politiche di marketing) e spinge, invece, verso la creazione di un’innovazione sociale intesa come affermazione di idee nuove che tendono a soddisfare bisogni sociali e a creare continuamente mercati fondati sulle relazioni interpersonali.

In tali processi la rivitalizzazione delle tradizioni va sempre condotta con dinamicità e in modo innovativo. E la competitività da perseguire è di tipo cooperativo, dovendo strutturare in modo organizzato bisogni sociali dal lato della domanda a cui far corrispondere un’adeguata capacità di organizzare l’offerta.

LUIGI CARICATO

La strada è faticosa, ma io vorrei che presto si potessero avere anche sul mercato italiano gli alimenti degli altri Paesi come merce libera. Così come accade con i libri di qualsiasi scrittore. Produrre alimenti è come scrivere un libro, dipingere un quadro, realizzare un film. Dobbiamo essere aperti alla circolarità del sapere, così come alla circolarità del cibo.

Il territorio si difende bene dalle attività speculative di alcune società o di alcuni singoli individui attenti solo al profitto, solo nel momento in cui tutti i territori del mondo potranno disporre di un proprio spazio di visibilità e operatività.

Allo stesso modo, le tipicità dei luoghi si possono salvaguardare solo se si rispetteranno le anime sociali di chi sta dietro a ogni alimento che è stato prodotto nelle campagne di ogni singolo Paese. E’ un percorso difficile, lo so, con gravi rischi di fraintendimenti, inquinamenti e abusi, ma mi sembra l’unica strada possibile, oggi, in una società globale qual è quella attuale.

Faccio un esempio: sono stato più volte in Marocco, dove ho degustato oli ecellenti, ma questi il nostro mercato li rifiuta, compiendo un grande errore. Nonostante ciò, anche gli oli marocchini, o di altra provenienza, sono comunque presenti sui nostri mercati, ma senza la loro idendità, quale prodotto indistinto.

Forse bisognerà ripensare qualche meccanismo che al momento non è ancora perfetto, per dare spazio a tutti (perché esiste tale spazio) assicurando a tutti (perché ciò è altrettanto possibile) la piena soddisfazione dei propri bisogni in uno spirito etico.

Forse sarà utopia, ma è bene crederci e insistere su tale fronte. E io credo in fondo che tutti possano contribuire a un simile proposito.

Sì, si tratta di rivilitalizzare le tradizioni, di ripensarle e rimodularle in un’ottica nuova.

La strada che tu annunci la sposo nella sua interezza. Grazie a te, Alfonso

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