Non va affatto bene tutta la comunicazione che c’è intorno al succo di olive. Non sono per nulla soddisfatto. L’olio extra vergine di oliva va inquadrato in una chiave di lettura positiva e propulsiva, perché è l’unico modo per onorare una materia prima alimentare che non può assolutamente essere letta e interpretata diversamente.
L’olio è buono in termini di profumi e gusto, in quanto conferisce palatabilità, sapidità e appetibilità, e, nel contempo, si manifesta con profili sensoriali variegati e complessi. Ad assaggiare un olio, e ad abbinarlo alle tante preparazioni gastronomiche, non ci si annoia mai. Sono tante e differenti le peculiarità, in base alle cultivar, ai blend realizzati e ai territori di produzione.
C’è sempre da scoprire qualcosa di nuovo, tra i tanti extra vergini presenti in commercio. Soprattutto oggi, perché in passato non vi era la medesima qualità. Oggi gli oli sono più caratterizzati, e hanno personalità diverse, con tratti distintivi molto più netti.
E oggi l’olio extra vergine di oliva è buono anche in termini di salute, anzi: soprattutto in termini di corretta nutrizione e salute. È buono anche perché il nostro organismo di grassi da assimilare ne ha costantemente bisogno, e se questi grassi sono buoni tanto meglio.
Gli oli da olive meritano grande considerazione non solo per la loro frazione grassa, ma anche per quella parte non grassa (tra l’1 e il 2%) costituita dai cosiddetti componenti minori, ovvero tutte quelle molecole antiossidanti che fanno la grande differenza sul piano dei valori nutrizionali.
Eppure, nonostante ciò, le insidie non mancano. Si pensi per esempio all’etichetta NutriScore, quella nota a tutti come etichetta a semaforo, che considera l’olio extra vergine di oliva un alimento addirittura non salutare, quando al contrario è universalmente riconosciuto come functional food e perfino come nutraceutico.
Qualcosa in questa semplificazione (e direi pure: banalizzazione) che ne fa il sistema di valutazione e categorizzazione degli alimenti sviluppato dai francesi non va assolutamente. Il NutriScore prende in considerazione il valore nutrizionale dei prodotti alimentari e li classifica in cinque distinte categorie, dove la categoria “A” (verde) è ritenuta la più salutare, mentre la categoria “E” (rossa) presenta i valori nutritivi più bassi. In tutto ciò, pertanto, un alimento naturale di alto valore salutistico come l’olio ricavato dalle olive, il cui valore è peraltro scientificamente provato da tanti studi, rientra nella categoria “C”, quando al contrario altri alimenti trasformati e alcune bevande analcoliche risultano essere più salutari, rientrando addirittura in una categoria superiore (“B”, o in altri casi “A”). Si tratta, questo, di un problema enorme che va necessariamente risolto, ma non è certo l’unico problema.
C’è anche un altro assai atteggiamento diffuso da qualche anno a questa parte – ed è il fuoco amico – che tende a denigrare e a far ritenere il settore oleario italiano truffaldino agli occhi esterni. Questa comunicazione negativa, di taglio scandalistico, è alimentata all’interno della stessa filiera, da parte perlopiù di alcune organizzazioni di categoria, e pure, incredibilmente, in alcuni casi, a opera pure delle stesse istituzioni, con grave danno sia per il prodotto in sé, sia per le aziende che subiscono la perdita di immagine e reputazione, sia, soprattutto, per gli stessi consumatori che a loro volta restano disorientati e perplessi.
Forse, sul tema olio da olive, ci sarebbe da riformare i modi e i contenuti della comunicazione. Il fatto stesso che vi siano claim salutistici che nessuno conosce – che pur si possono riportare in etichetta, ma che nessuna azienda di fatto riporta – è il chiaro sintomo di un sistema quanto mai fragile e maldestro, tale da non essere ancora in grado di gestire al meglio un prodotto che invece, per sua natura, ha il pregio di essere unico, speciale e, almeno per ora, inimitabile.
L’editoriale, che abbiamo riportato qui integralmente, è il medesimo del numero 28 di Oliocentrico, rivista digitale sfogliabile che potete anche sfogliare, scaricare in formato pdf e leggere di seguito. Buona lettura. Leggete e diffondete.
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