Nel corso dell’ultimo ventennio, l’olio ricavato dalle olive ha assunto di fatto tutta un’altra identità. A favorire tale processo innovativo è stato in parte l’ausilio della tecnologia estrattiva, con le attenzioni maturate sul campo e la capacità di realizzare grandi blend, e, in parte, anche la valorizzazione della biodiversità. La qualità è riuscita così a proiettarsi in avanti, ma a seguito di una cattiva, o scarsamente efficace comunicazione, non si è saputo trasmettere – né al consumatore, né al fruitore professionale di tale materia prima, né tanto meno a chi l’olio lo acquista per poi rivenderlo a sua volta – tale percorso virtuoso, che pur necessitava di essere dapprima spiegato, poi reso compresibile nelle sue dinamiche di utilizzo.
Il risultato è che i prezzi degli oli da olive sono costantemente al ribasso, e comunque sempre in promozione, a testimonianza dell’incapacità, da parte del comparto, nel trasmettere – proprio per mancanza di una comunicazione efficace – il valore di una qualità che pure si presenta oggettivamente autentica e perfino unica e peculiare nei suoi tratti caratterizzanti. Così, paradossalmente, mentre oggi, con qualità in alcuni casi eccelse i prezzi si sono tristemente sviliti, in passato, per contro, con oli di minor pregio, i prezzi erano piuttosto elevati e remunerativi. Tale perdita di valore fa lanciare oggi un grido di disperazione inascoltato.
La terribile e lacerante contraddizione in cui si trova il comparto oleario lascia ammutoliti e perplessi, anche perché, valutando la natura degli acquisti, orientati come sono i consumatori espressamente al prezzo più conveniente, nessuno, al momento, sembra avere a cuore la qualità, anche quella nutrizionale. Sottraendo dignità all’olio extra vergine di oliva, è inevitabile, di conseguenza, che l’olio da olive perda in centralità e pregio, restando di fatto solo un mero veicolo di sapore, un elemento aggregante e nulla più.
L’errore di trascurare i condimenti – e l’esempio calza, per estensione, anche per gli aceti – è dovuto a una comunicazione inefficace che ha determinato un atteggiamento di pigrizia intellettuale che sembra a tutt’oggi non conoscere soluzione, riflettendo immancabilmente sulle scelte dei consumatori. Per questo, l’obettivo futuro è salvare, attraverso una comunicazione diversa e discontinua rispetto al passato, ciò che ad oggi viene in maniera indebita percepito come marginale e secondario.
Non è un caso che i cuochi non si siano per nulla preoccupati di riservare all’olio, e in generale ai condimenti, la medesima attenzione che invece riservano ad altre materie prime. Pensate, per esempio, a quanti acquistano pesce fresco e di pregevole bontà senza badare a spese, salvo poi ricorrere a grassi indistinti e anonimi, il più delle volte anche ossidati se non addirittura rancidi. Se tutto ciò accade, non è solo per responsabilità dei cuochi o dei consumatori.
La responsabilità più grande è in chi non ha saputo o voluto investire in comunicazione. Per recuperare il valore perduto, è necessario ritrovare il senso del comunicare, rivoluzionando i contenuti e le forme del comunicare.
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