Vi siete mai imbattuti nella irriconoscenza di persone a voi vicine? Vi siete mai sentiti profondamente traditi e offesi da chi avete aiutato e sostenuto con tutta la vostra anima e senza mai esitare? Immagino di sì. Sono esperienze di vita che inevitabilmente si sperimentano sulla propria pelle. C’è sempre un Caino che approfitta. C’è sempre un Giuda che tradisce. Sono – è il caso di dirlo – esperienze che segnano. Sono esperienze laceranti come ferite insanabili. Non per l’irriconoscenza e l’ingratitudine – su cui per certi versi si può anche sorvolare, visto che è un atteggiamento ormai largamente diffuso e praticato – ma soprattutto per l’aperta ostilità espressa da chi, con sfrontatezza, con il proprio comportamento sfacciatamente egoista e selvaggio, oltre ad abusare della generosità altrui, ne depreda a volte l’anima, con un atto di barbarica arroganza. Il fatto è che, inevitabilmente, c’è sempre chi da un lato esprime in modo spontaneo generosità pura e chi, al contrario, ha l’innata vocazione, attraverso l’esercizio dell’inganno, ad apparire diverso, saccheggiando, al momento opportuno, chi gli ha riservato del bene, fino a depredarlo dopo essersene servito per trarne i propri personali vantaggi. Voi tutti vi chiederete – immagino – la ragione per cui, in un blog integralmente dedicato all’olio, sia arrivato a scrivere simili riflessioni. C’è sempre un motivo.
Domenica scorsa – su “La Lettura”, l’inserto settimanale del Corriere della Sera” – mi ha particolarmente impressionato l’intera pagina che il narratore Sandro Veronesi ha dedicato all’amico, maestro e mentore Vincenzo Cerami. Non è un omaggio tra i tanti, come è uso ricorrere in circostanze come la morte. Nel trigesimo della scomparsa di Cerami, Veronesi non si è limitato a scrivere un approfondito e argomentato ricordo, ma ha dichiarato con tanta armoniosa enfasi la profonda gratitudine verso il proprio amico, ricorrendo a parole entusiaste e fuori dal comune sentire.
“Ecco, il bene che Vincenzo ha fatto a me, così madornale, inspiegabile e indimenticabile, ha tutte le caratteristiche del trauma: tra capo e collo, un giorno, ti si rovescia addosso e cambia il corso delle cose. E l’unico modo per poter godere ancora della vita, dopo aver subito un trauma del genere, è replicarlo, cioè fare altrettanto con gli altri – ragion per cui io cerco ogni giorno, da allora, continuamente, forsennatamente, qualcuno al quale fare anche una millesima parte del bene che lui ha fatto a me. Solo questa ossessione mi rende tollerabile la fortuna che ho avuto di incontrarlo, d’essere stimato da lui e diventare un suo amico”.
Non vi sembra un ricordo unico e speciale, perfino inattuale?
Veronesi scrive, tra l’altro, che “non solo il male, ma anche il bene che si subisce può imprigionarci in un meccanismo di coazione a ripetere che, invertendo i ruoli, mantiene inalterata la natura del rapporto originario”.
Io credo siano considerazioni che debbano spingerci a riflettere, onde evitare la corsa all’inarrestabile imbarbarimento della società. Sono parole che mi hanno particolarmente colpito ed emozionato, consapevole che il bene vada generosamente esercitato, nonostante a volte si incorra in persone malvage, dedite unicamente al male e al sopruso. Sono riflessioni dal valore universale, che riguardano tutti, e non si possono in alcun modo tralasciare, soprattutto in tempi di sospensione come l’estate, in cui le pause vacanziere spingono a riflettere. Oggi è Ferragosto e ricorre la festività dell’Assunta, dedico perciò a voi un post che trascende l’olio. Ed è l’occasione, da parte mia, per augurarvi ogni bene.
Leggi l’intero articolo di Sandro Veronesi su “La Lettura”: clicca qui.
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