Tutto ciò che viene dall’oliva è buono. Nessuno snobbi gli oli di oliva non extra vergini
C’è, in Italia, una frenesia purista che mi inquieta. Tutti a osannare – come è giusto che sia – l’olio extra vergine di oliva. E’ l’olio da frutto per eccellenza, il grasso alimentare più salutare e organoletticamente piacevole: non c’è dubbio, è il miglior grasso in assoluto. Ciò non significa, tuttavia, che si debbano svilire, o addirittura denigrare, gli altri oli derivanti dall’oliva: l’olio di oliva e l’olio di sansa di oliva, per esempio. Condivido e approvo il pensiero di Massimo Occhinegro al riguardo.
Soprattutto all’estero, in quei Paesi che ignorano l’intera gamma degli oli di oliva, non si può prescindere dal dare il giusto risalto anche agli oli di oliva non extra vergini. Anzi, è un passaggio inevitabile e necessario, di più: fondamentale.
Chi non conosce l’olio che si ricava dalle olive, di fronte all’extra vergine resta spiazzato, senza parole. Non comprende la complessità degli aromi, la nota amara e piccante, l’astringenza quando presente.
Ha ragione pertanto Massimo Occhinegro, export manager della Nicola Pantaleo Spa, con cui dialogo di frequente.
Occhinegro vanta, con la sua società con sede in Puglia, a Fasano, la leadership commerciale in due grandi Paesi come India e Giappone. Non esiste solo ed esclusivamente l’olio extra vergine di oliva. Le attenzioni iniziali e più immediate avvengono con gli oli di oliva non rientranti nella categoria degli extra vergini, e ciò è inevitabile. All’extra vergine – soprattutto su certi mercati non tradizionalmente consumatori di oli di oliva – occorre arrivarci per gradi.
Sono stato nei giorni scorsi a Delhi e Chennai, in India, nell’ambito del programma di promozione e formazione Oliveitup. Sono stati giorni importanti, in cui ho potuto comunicare, con altri italiani in supporto ad altri docenti indiani, quanto serve sapere per un approccio corretto con gli oli di oliva. E così, quando sono intervenuto io, dopo aver esaltato – come è giusto che sia – l’olio extra vergine di oliva, mettendolo al centro dell’attenzione, ho ugualmente messo in luce, valorizzandoli, gli altri oli ricavati dall’oliva. Ho agito senza pregiudizi, con scienza e coscienza.
Ed ecco dunque tre punti chiave, ai quali mi sembra giusto ispirarsi
Ø Occorre partire da tutte le categorie merceologiche che derivano dall’oliva, senza escluderne nessuna. Sul piano salutistico e nutrizionale sono tutti oli di una qualità superiore rispetto ad altri grassi alimentari non riconducibili all’oliva
Ø Sia l’olio di oliva, sia l’olio di sansa di oliva esprimono profumi e sapori più neutri, meno marcati rispetto all’olio extra vergine di oliva. Il loro impiego nella varie formulazioni alimentari rappresenta una fondamentale tappa iniziale, con la quale è possibile aiutare il consumatore nel suo primo approccio con un prodotto nuovo. E poi, non dimentichiamoci, esiste anche l’olio di oliva vergine
Ø In una prima fase di lancio – soprattutto nei mercati “vergini”, nuovi agli oli ricavati dalle olive – l’olio di sansa di oliva e l’olio di oliva rappresentano il primo passaggio. Solo in un momento successivo diventerà più semplice per il consumatore interpretare le molteplici espressioni sensoriali dell’olio extra vergine di oliva
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