E’ proprio un Paese alla deriva, l’Italia. Le decisioni più delicate – se avete ben notato – sono prese dalla magistratura, per lo più dal Tar, cui si ricorre spesso dopo gli ennesimi e infiniti contrasti tesi a bloccare decisioni non gradite. Gli organi politici vengono in secondo piano, anche per una lentezza congenita e una tendenza a rimandare e glissare – si pensi a materie complesse come la bioetica. Se non è un segno di decadenza questo, ditemi voi cos’è.
Il guaio è che la magistratura decide senza averne piena competenza. Equivale per molti versi a gettare in aria una moneta e puntare su testa o croce. Si vince a caso.
Prendete il fenomeno Xylella fastidiosa. Si noterà l’assenza – gravissima, colpevole, ingiustificabile – degli amministratori pubblici, quindi della classe politica nel senso più ampio del termine, che nel frattempo però blatera, pontificando sul nulla; ma si nota soprattutto la latitanza dei rappresentanti del mondo della ricerca.
Avete letto un documento delle tante gloriose consorterie esistenti? Nulla di nulla, il silenzio. Ci sono voci di singoli soggetti, ma sembrano voci di secondo piano, trascurabili, inessenziali. Non che manchino i convegni o le tavole rotonde sul tema: solo flatus voci.
Ciò che appare strano in tutto ciò, è che la credibilità si sposta su figure che non hanno la benché minima competenza tecnica. Lo stesso procuratore della Repubblica di Lecce, il magistrato Cataldo Motta, figura stimatissima che ha fronteggiato la criminalità organizzata, ora è titolare dell’inchiesta sulla moria degli ulivi che sta interessando il Salento. Si sta occupando lui del terribile batterio. E le persone che professionalmente sono deputate a farlo che fanno?
Mi chiedo allora perché siamo giunti a questo punto, se chi si occupa di ulivi per mestiere delega ad altri il compito di decidere per suo conto, del suo futuro, perfino dando credito ad assurde ipotesi avanzate da un’attrice comica di nome Sabina Guzzanti.
C’è da dire che siamo proprio alla frutta, se come al solito è la magistratura a dover sciogliere i grovigli. Mi chiedo solo dove sono finiti buon senso e razionalità, ma soprattutto che ruolo sta assumendo la comunità scientifica, se di semplice comparsa o protagonista. Per ora, noto una latitanza, e ciò, lo confesso, mi rattrista enormemente. Ma c’è da notare anche una assenza di fiducia da parte del mondo agricolo verso chi dovrebbe rappresentarlo. C’è il vuoto, il vuoto assoluto – anche se, di sicuro, state pur certi, qualcuno si fregherà pur le mani, in attesa di (si spera) lauti finanziamenti, necessari per affrontare il problema, ma quando ormai sarà troppo tardi e il disastro è destinato prima o poi a compiersi.
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