Saperi

28 luglio 2021

Oggi non è il compleanno di una bella signora, anche se il soggetto che compie 50 anni è femminile e non li dimostra certamente. Eppure, poteva correre il rischio di non vedere nemmeno la luce. Da allora sono successe, e sono state fatte, tante cose, al punto da chiedersi come sia stato possibile, in così poco tempo poi. Un simile anniversario merita di sicuro un regalo

Massimo Cocchi

28 luglio 2021

Di una bella signora, sapendo che compie 50 anni, sarebbe doveroso dire che non li dimostra affatto.

Oggi non è il compleanno di una bella signora, anche se il soggetto femminile che compie 50 anni è la laurea, lei non li dimostra certamente, è chi l’ha ottenuta che qualche colpo lo accusa!!!

Non v’è dubbio, comunque, che sia un bel traguardo, un cammino pieno di cose fatte, molte ancora da fare, di avventure di ogni tipo.

Potrei dire che la mia laurea ha corso un grave rischio, quella non solo di non compiere 50 anni, ma di non vedere neppure la luce.

Correva l’anno 1969 quando, vinta una borsa di studio per frequentare tre mesi un ospedale americano, il mito allora era molto forte, andai assieme ad altri colleghi, con una spinta personale un poco più forte di quella che avevano loro, entusiasmo a parte, perché avevo praticamente già deciso che avrei seguito la via della ricerca scientifica di base e non la pratica clinica, mi sarebbe stata particolarmente utile, pertanto, una bella infarinata di acquisizioni pratiche, nella speranza che poi non le avrei mai dimenticate.

Entusiasmo, gambe in spalla e si parte per l’avventura in quel di Buffalo, a due passi dalle cascate del Niagara e dalle grandi foreste.

Quel soggiorno, tuttavia, oltre a farmi acquisire un’importante messe di acquisizioni pratiche, sarà anche testimone di un evento amoroso che si concretizzerà al rientro, un amore di quelli complicati per via della posizione di lei e, per la quale, non entro in dettagli.

Sta di fatto che questo amore travolgente avrà conseguenze a breve, tali, da rischiare questo cinquantesimo compleanno.

Mio padre, uomo liberale ma di antichi costumi, infatti, mi chiese, anche poco gentilmente di andarmene da casa per la vergogna che l’avermi sotto gli occhi costantemente con quella leigli avrebbe procurato.

Non pensate che fosse una donna di facili costumi, era semplicemente di appartenenza e posizione che poteva fare sorgere complicazioni nell’ambiente di lavoro, nella fattispecie, l’ospedale universitario di Bologna.

Così, su due piedi mi trovai a colloquio con il primario dell’ospedale del mio paese, vicino a Bologna, sperando e contando non tanto sulla lunga amicizia professionale che lo aveva legato a mia nonna, ostetrica del paese limitrofo, quanto sulla sua comprensione essendo un rinomato dongiovanni.

Il colpo andò a segno, mi diede una stanza in ospedale, in cambio, avrei dato una mano nella routine quotidiana di reparto.

Certo, tutto ciò mi complicava un poco la vita, perché doveva ancora concludersi l’ultimo anno di medicina e avevo dovuto abbandonare il fedele compagno di studi, Giuliano Cremonini.

Per non farla lunga tutto andò per il meglio fuorché per il voto di laurea, dove, quell’amore fu punito con un ribassamento del voto finale, vedremo poi che nel prosieguo della carriera, poco conterà quel misero voto, a dispetto di una forzosa punizione.

Quel 28 luglio del 1971 si chiuse la partita e, con quella laurea, anche la riappacificazione con mio padre che fu puntualmente ad aspettarmi fuori dall’aula per la consueta foto di rito.

Lasciai poi l’ospedale del mio paese, l’amore finì per ragioni indipendenti da noi, ma con un ricordo sempre vivo, e tornai a Bologna per entrare nel prestigioso Istituto di Biochimica, dove trascorsi molti anni densi di soddisfazione e dove imparai l’etica della ricerca, quella regola per la quale anche se ifatti ti dovessero indurre a un errore tu devi sapere fare autocritica, cioè riconoscerlo e accettare una nuova verità, quella regola si definisce come “onestà intellettuale”, sovente disattesa anche nel mondo scientifico.

Di quel periodo ricordo le discussioni scientifiche con il mio Maestro Prof. Edoardo Turchetto, che precedevano lo sviluppo di una ricerca e quelle successive al risultato, come momenti di straordinario fascino, ma anche quei cinque anni che trascorsi nel laboratorio del Prof. Oliviero Mario Olivo, anatomico e istologo di grande fama, con il quale, lavorando sulle colture di miocardio embrionale di pollo, e, seppur con mezzi certamente più rudimentali di adesso, ma molto efficaci, potei capire il fascino di addentrarsi nelle dinamiche dell’accrescimento, della funzione d’organo e di quel meraviglioso modo che è rappresentato dalle membrane cellulari.

Questo lavoro e quelle acquisizioni cadenzeranno tutta la mia vita di ricerca scientifica.

In questi cinquant’anni sono successe e sono state fatte tante cose da chiedersi come sia stato possibile in così poco tempo, già perché 50 anni sono andati di corsa, un nulla rispetto al tempo che attesi per vedere pubblicato il primo lavoro scientifico, quello sì fu un tempo interminabile.

A quello ne sono seguiti decine e decine, senza mai perdere di vista il filone di ricerca con il quale avevo cominciato, lo studio dei lipidi tissutali e cellulari, devo dire, anche con il raggiungimento di grandi traguardi e soddisfazioni.

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Tutti si aspetterebbero che io concludessi queste brevi riflessioni con un bilancio e con il racconto di aneddoti curiosi che spesso accompagnano chi fa questo strano mestiere, ma non sarà così.

In qualunque compimento di cinquantesimo anniversario ciò che ci si attende, in genere, è un regalo, io non voglio né avrò il classico regalo ricordo ma un fatto molto particolare, accaduto di recente, ha rappresentato il regalo di cui maggiormente andare orgoglioso.

Il Maestro che avevo ai tempi di quel clandestino amore e che, in qualche modo era coinvolto, e che certamente aveva contribuito all’incursione punitiva sul voto di laurea, divenuto un grande Clinico Medico, poco tempo fa, senza che io lo sapessi, ha ascoltato la conferenza che ho tenuto per l’Accademia dei Georgofili Sezione Centro Est, il Presidente della quale, il mio fraterno amico Prof. Lino Frega, mi ha poi riferito che quel Clinico Medico gli ha detto con orgoglio: “sai. Lino, Massimo è stato un mio allievo”.

Questo è stato il regalo più gradito per i 50 anni di laurea, la testimonianza di un riconoscimento che ha impiegato 50 anni per arrivare.

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