Saperi

‘A tavula è “trazzera”. Quando un “detto” coniuga la valenza del cibo con le relazioni sociali

Qual è il nesso tra la tavola e la trazzera? È presto detto. La tavola è il luogo di “passaggio”, a cui ci si siede anche tra sconosciuti, e chiunque giunga anche d’improvviso è ben accolto. È lo “spazio sacro” che permette di intessere relazioni sociali di ogni sorta. La pandemia ha reso meno trafficate le nostre “trazzere”, ma non cancellerà la nostra identità culturale. Ma cosa succede quando ci si imbatte in alimenti studiati appositamente per creare affezione a un certo tipo di cibo, con soluzioni alimentari che di nutrizionale hanno poco o nulla da dire?

Massimo Cocchi

‘A tavula è “trazzera”. Quando un “detto” coniuga la valenza del cibo con le relazioni sociali

In un momento in cui i rapporti sociali vengono gestititi da un invisibile ma pestilente virus, ci piace ricordare che ‘A tavula è trazzera. Ora, certamente, una “trazzera” con pochi commensali ma pur sempre luogo di “affettività e relazioni”, e siccome “Bon tempu e malu tempu, un dura sempri un tempu”, presto torneremo numerosi e festosi a popolare le “trazzere”.

Due dei tanti proverbi siciliani, dalla pregnante valenza antropologica, che offrono uno spaccato di sicilianità: l’uno sinonimo di accoglienza e convivialità, l’altro di speranza.

‘A tavula è trazzera che tradotto in italiano, è “La tavola è trazzera”, potrebbe risultare incomprensibile, ma l’etimologia ci viene in soccorso: dal latino “tractus” cioè tracciato, ma anche trascinato, (e, ciò che viene trascinato lascia traccia “trazza”, in siciliano,) indicava i tracciati battuti, conformati alla natura del territorio e grossolanamente accomodati con ciottoli o pietra.

Formatesi nel corso del tempo, per la transumanza degli animali e per collegare i centri abitati, erano insomma, le antenate delle strade (ad onore del vero, in Sicilia, agli automobilisti, alcune strade sembrano ancor oggi trazzere!).

E qual è il nesso tra la tavola e la trazzera? Presto detto.

La tavola è il luogo di “passaggio”, a cui ci si siede anche tra sconosciuti

La tavola è il luogo di “passaggio”, a cui ci si siede anche tra sconosciuti, e chiunque giunga anche d’improvviso è ben accolto. È quello “spazio sacro” che permette di intessere relazioni sociali di ogni sorta, dal carattere amicale a quello lavorativo, accorciando, talora sino ad annullare, le distanze tipiche degli assetti formali.

Quanti affari sono stati fatti a tavola! Quanti accordi, patti, alleanze, amori, idee geniali, in ogni luogo ed in ogni epoca, sono nati dinanzi una tavola imbandita. Tra un appetitoso pasto ed un bicchiere di buon vino crollano le barriere difensive, svaniscono sguardi vigili sull’altro e cala l’armoniosa ilarità che distende gli animi, dando spazio a proficue conversazioni. La storia, non solo siciliana, ne è ricca, e la cinematografia ce lo ricorda.

Fiumi di versi, noti e meno noti, hanno reso protagonista la “trazzera”. Qui riportiamo la stanza del siciliano Pino Correnti che è perfettamente esplicativa del proverbio:

<<‘A tavula è trazzera, amicu caru,

cantava l’orbu sutta ‘n ped’i ficu,

si poi ti voli beni ‘u tavirnaru

la fama è fatta cùrcati ti dicu.

Pi tia c’è sempri postu e, paru paru,

ti criscinu l’amici e li viddicu.

Nta sta trazzera scotula li ‘mbrogghi:

li megliu çiuri a tavula ti cogghi.>>

<< La tavola e come una trazzera, amico caro

cantava il cieco sotto un albero di fico,

e poi l’oste ti vuole bene

ti sei fatto la fama ed ora ti dico che puoi coricarti

per te c’è sempre posto ed insieme

aumentano gli amici e ti cresce l’ombelico

in questa trazzera rimuovi gli intrighi

che a tavola si raccolgono i fiori migliori>>.

La pandemia ha reso meno trafficate le nostre “trazzere”, ma non cancellerà la nostra identità culturale. La certezza l’attesta il significato espresso da “Bon tempu e malu tempu, un dura sempri un tempu”, “Buon tempo e cattivo tempo, non dura sempre lo stesso tempo”, passerà questo “malu tempu” per dare spazio al “bonu tempu”. D’altra parte è scientificamente provato che tutto cambia e l’analisi che segue lo dimostra.

Dall’uomo cacciatore-raccoglitore all’uomo agricoltore il passaggio è stato fondamentale perché comincia la scoperta della produzione del cibo, comincia la possibilità di rendere disponibile all’uomo pane e pasta che rappresenteranno, e ancora rappresentano il soddisfacimento della necessità alimentare primaria, vincere la fame con un cibo povero.

Già, la fame, perché la storia dell’uomo, per molti, è ancora una storia di fame dove l’anelito verso un pezzo di pane e un piatto di pasta svolgono ancora un ruolo determinante.

L’agricoltura svilupperà, nei secoli, modalità e tecniche che vieppiù consentiranno di aumentare la concentrazione produttiva mentre l’evoluzione del lavoro sposterà sempre più la produzione di pane e pasta dal livello casalingo verso la produzione industriale che, se da un lato consente di rendere disponibile cibo per la crescente moltitudine delle persone, dall’altro avvia un inarrestabile viaggio verso l’impersonalizzazione del cibo, verso la moltiplicazione delle forme di produzione del cibo, a soddisfare le regole del mercato e del profitto, fino a alla famosa produzione del cibo “spazzatura”.

Si perde il concetto di bisogno primario per passare all’eccesso di consumo di cibo manipolato, sempre più accattivante e, con l’aumento della concentrazione calorica in alimenti sempre più piccoli in contemporanea alla produzione di alimenti di dimensioni più grandi ma privi di calorie, si apre il tempo dell’inganno nutrizionale.

L’agricoltura non è più, fondamentalmente, al servizio dell’uomo, ma delle imprese di trasformazione che riversano il prodotto finito sull’uomo, l’agricoltura trasforma la vastità dei vecchi latifondi padronali nei nuovi latifondi cooperativi, il mercato produce alimenti, molte volte superflui e possibilmente anche dannosi, perché le leggi dell’economia sono ferree, produrre molto a prezzo sempre più ridotto. Un danno culturale gravissimo all’agricoltura tradizionale.

Questi nuovi orientamenti e le nuove tecnologie, ovviamente, modificano le strategie colturali, e, l’agricoltura classica diviene un fatto di nicchia laddove si producono alimenti di maggiore valore economico, quindi per pochi.

Comprensibilmente, il crearsi di queste nuove dimensioni del fenomeno agricoltura porta riflessi di cambiamento anche sociale, molto rilevanti, anche la “tavola trazzera” così bene descritta prima, sotto i fendenti delle regole di mercato, mostra segni di cedimento, anche se, al cambio radicale del significato sociale del consumo di cibo in compagnia occorreranno ancora diversi anni, almeno lo si spera.

L’era moderna del cibo e dell’alimentazione, si faccia attenzione ai termini, oggi si può parlare più di alimentazione che di nutrizione, per il significato che alimentazione e nutrizione hanno, tuttavia, si insinua nelle case in modo sempre più aggressivo, efficace ed efficiente.

Cosa significa tutto questo?

Questo significa che certamente continuiamo a mangiare alimenti di derivazione agricola, ci mancherebbe, ma manipolati nella sostanza e inducenti non solo inganno alla richiesta di equilibrio metabolico del nostro organismo ma inficianti anche quella relazione socio-affettiva che una buona tavola può produrre.

È ovvio che il riferimento tocca un punto dolente dell’alimentazione, il “food delivery” nel suo concetto di velocità al consumo, nel suo concetto di produzione seriale di cibo, nel suo concetto di socializzazione.

Tuttavia, bisogna riconoscere che il mondo cambia rapidamente, che cambiano usanze, costumi, tradizioni, perché perdere tempo a cucinare del buon cibo quando in 10 minuti ti arriva a casa?

Ma cosa arriva a casa?

Da:La mappa del cibo a domicilio in Italia. Osservatorio nazionale sul mercato del cibo a domicilio online in Italia 2020 “, Quarta edizione

Ci voleva poco a immaginarlo, cibo facile, sia da preparare sia da consegnare, non un impegnativo piatto di tagliatelle o di tortellini o dei tanti preparati gastronomici, dei quali è ricca la nostra nazione, che hanno costruito attorno alla tavola la famiglia, gli amici, lo scambio di idee, la solidarietà.

Arriva, invece, un cibo che non richiede un buon bicchiere di vino, un cibo nel quale difficilmente ritrovi gli umori, i profumi che hanno la storia secolare dell’inventiva umana, ma trovi, e non te ne accorgi, gli aromi studiati appositamente per creare affezione a quel tipo di cibo, trovi soluzioni alimentari che di nutrizionale hanno poco o nulla da dire, trovi cibi che si adeguano alla rincorsa verso il basso di tanti altri valori culturali, trovi, in definitiva l’adeguamento a un livello medio, a una “taglia” che va bene per tutti nel dimenticatoio, quel serbatoio che nel cervello cresce sempre di più, di quella tavola “trazzera” che ha fatto la nostra storia.

La foto d’apertura è di Olio Officina

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