Saperi

Ah, il pane di una volta!

Si riaffaccia puntualmente la diatriba sul pane e torna nell’immaginario la storia del "grano antico”. C’è da chiedersi allora dove veramente inizi l’antichità e cosa si intenda con ciò. Tanti gli esempi e le similitudini con quanto si propagandava ieri rispetto a quel che si va predicando oggi. Il grano Kamut è diventato nel frattempo un remake del grano di Osiride, tramutato in business fiorente, e in una soluzione geniale per scucire soldi ai creduloni semplicemente sfruttando un reperto storico

Alberto Guidorzi

Ah, il pane di una volta!

Se c’è un concetto relativo ne è un esempio il “grano antico”. Strampelli mostrava al Duce e al Re (150 cm di statura) il suo grano moderno (in primo piano della foto di sinistra) e siamo negli anni 1930/40. Questo era moderno rispetto al Gentile Rosso di fine ‘800/inizio ‘900 (sullo sfondo sempre della foto di sinistra), mentre un grano di oggi (foto di destra) lo definiamo moderno rispetto ai frumenti di Strampelli, ma che, come ha sostenuto lui allora, chiamava moderni, e con ragione tra l’altro, perché è stato un vero e proprio rivoluzionario nella selezione dei frumenti. Dove inizia e comincia allora l’antichità?

Ci si può chiedere, ma è la nostra società ad aver creato questi “totem” che evidentemente trascinano anche il pane? Molti, anzi, pensano che sia un prodotto degli avvenimenti post ’68, niente di più falso invece. Non solo, ma è anche sbagliato considerarlo un tema che fa parte del bagaglio politico della sinistra, perché abbiamo dei perfetti esempi di trasversalità, basta osservare quali atteggiamenti hanno tenuto i ministri dell’agricoltura italiani dei vari governi succedutisi e il comportamento tenuto da molti altri governi europei, non ultimo quello francese. Se poi ripercorriamo a ritroso la storia del secolo scorso, possiamo renderci conto che dopo ogni ventennio o trentennio si diceva che nel precedente si mangiava più naturale e di questo passo riandiamo fino agli inizi del secolo scorso quando effettivamente è nato questo movimento ideologico-culturale.

Agli inizi del secolo scorso, infatti, ritroviamo figure come Rudolf Steiner sostenitore dell’agricoltura biodinamica (quella della “preparazione 500”, cioè del corno di bovino riempito di letame che attrae forze “cosmiche” che “rigenerano” il terreno e danno “forza vitale” ai prodotti ricavati), oppure come quella di Sir Albert Howard, un nobile inglese, riconosciuto fondatore del coltivare biologico.

Successivamente abbiamo avuto posizioni come quella di Paul Carton (1875-1947), un naturista igienista fondatore del “vegetarianismo naturista”, che disse: “La forza vitale non è un qualcosa di soprannaturale e misterioso, è solo una forma di energia cosmica che non è esente da una stretta analogia con il fluido elettrico”.
Secondo Carton sarebbe presente “nei raggi solari ed abbonda negli effluvi magnetici del suolo”. Ciò che da forza vitale ai contadini è l’essere “impregnati di forza vitale dell’aria che tonifica, del sole che li riconforta, della terra che li magnetizza e dell’acqua che li rinvigorisce. Non ultimo vi è il nutrirsi semplice, puro, fresco ed in buona parte crudo (per le vitamine)”.

Il Dr. Carton ha poi convinto con le sue tesi Henri-Charles Geffroy (1895-1981) che nel 1949 ha scritto un libro dal titolo “Osiride, il miracolo del grano”. Egli traccia la storia di qualche spiga trovata nel sarcofago di una regina d’Egitto vecchie di sette mila anni e che, fatte seminare, hanno riprodotto del seme (ndr: perché mai oggi abbiamo promulgato leggi che puniscono coloro che mettono in vendita sementi germinabili al di sotto del valore legale se i semi germinano anche dopo sette mila anni?) che Geoffroy, fondatore della rivista “La Vie Claire”, distribuì (a pagamento evidentemente) in sacchettini per le virtù straordinarie del contenuto.

Un suo discepolo si scaglia addirittura contro Augustin Parmentier (1737-1813) che duecento anni prima aveva fatto introdurre il pane bianco nell’esercito, e inoltre si era permesso di contaminare le farine con l’amido di una pianta solanacea tossica, avvelenando così la nostra civilizzazione.
Siamo di fronte ad un vero e proprio panegirico dei grani antichi e delle grandi civilizzazioni. Per quanto riguarda il pane di frumenti antichi viviamo oggi la stessa prosopopea, ed il grano Kamut ne è l’esempio perché è un remake del grano di Osiride e anche qui se n’è fatto un business fiorente sfruttando una specie ancestrale (Triticum thuranicum), praticamente un reperto storico resuscitato per far scucire soldi a dei creduloni; quindi nulla di nuovo sotto il sole del XXI secolo!

Si sente spesso in giro gente che ritorna a coltivare tra i frumenti duri le varietà Cappelli e le Timilie, oppure fra i teneri il Frassineto, l’Autonomia, il Verna ecc. ecc., senza sapere che la selezione conservatrice di queste varietà è finita da un pezzo e quindi, durante le riproduzioni che hanno fatto giungere a noi queste varietà di 50 o 100 anni fa, e che si susseguiranno nelle nicchie create, si sono accumulate e si accumuleranno tali e tante modifiche genetiche al punto che ora ce li ritroviamo ormai totalmente snaturati nelle loro caratteristiche iniziali.

Oggi esistono solo delle vecchie denominazioni che non rispecchiano per nulla le varietà originali, meglio sarebbe mangiare pane da un frumento moderno che sicuramente ha tra i suoi progenitori moltissime delle buone varietà antiche e ne ha inglobato tutte le buone qualità che avevano (si guardino per favore le genealogie delle varietà moderne).

Tornando però al nostro excursus storico, il frumento, secondo questa visione, diviene il contenitore delle forze vitali e l’elemento caratterizzante i popoli o addirittura le “razze umane”. Lenglet presidente del consiglio superiore d’igiene pubblica di Francia tra il 1940 e 1946 (vale a dire in pieno regime filonazista del maresciallo Petain) ebbe a dire: “se non esiste una razza francese lo si deve al frumento e il pane degradato di oggi non contiene più gli elementi essenziali del frumento e quindi diminuisce la vitalità della razza francese.Tutto ciò è la conseguenza del modo di fare le farine oggi”.

Alexis Carrel, il premio Nobel per la medicina nel 1912 addirittura ne fa un elemento di eugenetica conformemente alle idee del filo-fascista Partito Popolare Francese e afferma, nel suo libro “L’homme cet inconnu”, che: “Si fa credere al pubblico che il pane bianco è superiore a quello scuro. La farina è burattata sempre più completamente ed è così privata dei principi più utili… e nei paesi dove il pane è la parte principale dell’alimentazione le popolazioni degenerano” (non so se il professor Franco Berrino che oggi dice le stesse cose di Carrel sia sulla stessa lunghezza d’onda ideologica).

Geoffroy va oltre e collega il decadimento, che dice esserci nella nostra società, con il nutrirsi di frumenti “decaduti” e ne indica la possibile inversione di tendenza con: “l’intervento nella nostra nutrizione di un frumento di sette mila anni fa, risparmiato da sette mila generazioni di regressione”. Aggiunge poi: “il Frumento di Osiride racchiude, il sole sulla terra, lo slancio vitale, il potenziale biodinamico che aveva la materia vivente di sette mila anni fa e che ha dato origine a una delle più grandi civilizzazioni”. Da notare che le affermazioni precedenti ammettono che a ogni moltiplicazione ci sia regressione, e quindi coloro che oggi continuano a riseminare la semente riprodotta l’anno prima sono soggetti a regressione qualitativa e quantitativa come ho spiegato nella didascalia della foto.

Se esisteva il “Pane di Osiride” non è da meno il “Pane naturale” di Raoul Lemaire (1884-1972). Si tratta di una agronomo che crea una delle prime ditte di prodotti naturali nel 1931 e arriva a controllare un centinaio di panifici a Parigi e successivamente si servirà dei negozi della catena Vie Claire. Questo pane possedeva anche lui facoltà miracolose, al punto che Jean Boucher, collaboratore di Lemaire, ebbe a dire che: “ Il non riconoscimento della forza del frumento da più di duecento anni è l’inizio della degenerazione della nostra civiltà occidentale”.

Le stesse idee sono sostenute da William Bas (1899-1974). Egli sostiene che: “l’aumento della statura media è un sintomo di degenerazione in quanto si sa che il permanere dei caratteri biologici è uno dei migliori criteri per giudicare la stabilità di una specie e, di conseguenza, della sua evoluzione ascendente o regressiva”. Aggiunge poi: “ Lo squilibrio delle secrezioni ormonali e ghiandolari che presiede a questa evoluzione nuova, trova necessariamente la sua origine in una perturbazione recente e generale. Dove scoprire questa origine se non nelle anomalie di una alimentazione rigorosamente rivoluzionata nel suo equilibrio?”.

Nel 1960 il Dr. Bas afferma che l’abbandono dell’alimentazione tradizionale è la causa di questa degenerazione. A qualche contemporaneo non fischiano le orecchie? I cultori odierni del pane da farine macinate a pietra oppure delle farine più o meno integrali non trovano contraddittorio il fatto che si dicessero le stesse cose di oggi anche quando erano più le farine macinate a pietra e tutti i componenti del chicco di frumento erano mescolate alle farine? Anzi, chi si era inurbato e si era abituato a mangiare il pane bianco, trovava che il pane della campagna era troppo grossolano. Era tanto salutare il pane di quei tempi che la gente moriva a 50 anni!

Termino con quanto scrive il Prof. Ernest Kahane (http://www.babelio.com/auteur/Ernest-Kahane/245338) nei “Cahiers Rationalistes” del marzo 1957. Egli diceva che il “pane naturale” non esiste, esiste solo il pane man mano ricavato dal frumento migliorato per gli usi che se ne vogliono fare e per ottenere pani conformi alle esigenze. Oggi il pane lo mangiamo sempre fresco e croccante, mentre una volta non era così e la bontà del pane dipende molto dal poter gustare gli aromi che si formano con le adeguate temperature, qualsiasi sia la fonte di calore.

Ricordo a chi fa del pane antico un totem, che esso era frequentemente mescolato ad altri amidi (patate, castagne, ghiande, banane laddove erano spontanee, mais, ecc). Inoltre sono secolari e proverbiali le sofisticazioni dei mugnai e la vendita esagerata di acqua al prezzo del pane da parte dei fornai.

Il Prof. Kahane fa una suggestiva e brevissima storia del frumento e del pane nel seguente inserto.

Prendete tra le varie erbe della prateria, quelle i cui semi, benché rari e miserevoli, sembrino adatti ad alimentarvi. Se avete cura di ben guardare queste piante, voi ne farete, attraverso le generazioni, delle piante di frumento che avranno ora delle pesanti spighe piene di amido e di glutine, le cui qualità rimarranno tali solo al prezzo di una coltivazione sapiente e di cure assidue, che comporteranno il controllo del seme e la restaurazione della fertilità del suolo svuotato dalla vegetazione forzata.
Raccogliete le spighe, battetele, separate le cariossidi dalla pula, lasciatele riposare, spaccatele, togliete la crusca indigesta e irritante, lasciate ancora riposare la farina. Impastatela a lungo con l’acqua salata per ottenerne un impasto liscio, ma questo impasto non sarà ancora un buon alimento. Bisogna che voi vi inventiate di cuocerlo al forno, una delle grandi invenzioni dell’uomo, ed in questo caso otterrete delle gallette compatte, moderatamente appetibili e digeribili. Lasciato riposare casualmente questo impasto, scoprirete che, se esso è fatto in ambiente non protetto, si gonfierà e una volta cotto ne ricaverete una sostanza leggera, di sapore gradevole, che voi chiamerete ‘pane’, anzi voi vi abituerete a favorire la trasformazione osservata aggiungendo ad ogni nuovo impasto un po’ dell’impasto precedente che appunto voi chiamerete ‘lievito’. Dopo millenni di routine e di secoli di sforzi ben ponderati, un certo Pasteur vi dirà che con quest’atto voi provocate l’inseminazione con una muffa, anzi vi mostrerà come agire in modo da riuscire sempre nella vostra panificazione.

Cosa c’è di naturale in questa lunga storia che noi sappiamo essersi svolta attraverso le generazioni sempre più industriose del genere umano?

A quale passaggio noi dovremo arrestarci per dire che la fabbricazione è fin qui “naturale” ed oltre “artificiale”?

La foto di apertura è di Olio Officina

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