Bottiglie d’olio. Non basta abbellire
Oggi si assiste a una maggiore attenzione al modo di presentare gli oli extra vergini di oliva. L’idea di vestirli in modo originale evidenzia l’impegno di un numero sempre più cospicuo di aziende di cambiare rotta e investire nel design. Per raggiungere questo ambizioso obiettivo occorre cambiare radicalmente approccio, ribaltando le consuetudini

Tra poche settimane sarà lanciata la nuova edizione, la tredicesima, del concorso “Forme dell’Olio”, un contest di successo che ha stimolato le imprese olearie a investire nel design e nel packaging. Ci si è resi conto che non è più sufficiente curare la qualità dell’olio, perché è bene anche prestare la massima attenzione all’abito con cui si decide di vestire le bottiglie per presentarle al pubblico. In attesa del lancio della nuova edizione, vi presentiamo l’editoriale apparso a firma di Luigi Caricato sul numero speciale del tabloid in formato cartaceo e digitale sfogliabile abbinato al numero 19 di OOF Magazine. Buona lettura.
Coltivare la bellezza, rendendola fruibile e funzionale. È stato da sempre questo il mio personale obiettivo, che mi auguro diventi il proposito e l’aspirazione di tutti. In un comparto per troppi decenni chiuso in sé stesso, statico e poco stimolato ai cambiamenti, la vera innovazione, al di là della qualità del prodotto olio extra vergine di oliva – che deve essere sempre alta, sia sul piano nutrizionale, sia su quello più propriamente sensoriale – consiste nel ribaltare completamente la logica comunicativa e iconografica che ha pervaso le imprese olearie in tutti questi anni di pressoché totale anonimato. Mi riferisco ovviamente al design, al modo di abbigliare i contenitori, ma anche gli imballi. Sono ormai dodici anni che con il contest “Forme dell’olio” ho lavorato costantemente ai fianchi degli imprenditori, per condurli a scatenare una svolta all’interno di un comparto oleario per troppi decenni statico e rinunciatario. Ed effettivamente i risultati anno dopo anno si notano. C’è maggiore attenzione al modo di presentare gli oli. L’idea di vestirli in modo originale evidenzia l’impegno di un numero sempre più cospicuo di aziende. Per raggiungere questo ambizioso obiettivo occorre assumersi il rischio di sbagliare, ma è giocoforza necessario cambiare radicalmente approccio, ribaltando le consuetudini, ma soprattutto le cattive abitudini. È solo questo l’obiettivo prioritario che le imprese olearie dovrebbero porsi di qui in avanti. Il mondo degli spirits può essere un esempio emblematico di quanta fantasia, creatività e ingegno vi sia in ogni loro bottiglie ed etichetta e confezione. Lo stesso vale per le birre, quelle commercialmente proposte come “artigianali”. Perché se si vuol parlare di un design applicato all’olio – che sia realmente innovativo, espressione di una progettualità compiuta e non fittizia – l’atteggiamento non può in alcun modo essere quello che si è finora largamente adottato – a parte felici eccezioni, è evidente. In tutti questi anni di “Forme dell’olio”, i componenti delle giurie che si sono succeduti hanno ben notato l’impegno, ma nel medesimo tempo si è pure riscontrato la ricerca dell’effetto estetico fine a sé stesso, anziché di una vera progettualità con un concept ben meditato. Si è spesso pensato di abbellire illudendosi di apportare con ciò un nuovo linguaggio. Bisogna invece farsi carico di una progettualità che annulli le visioni precedenti per crearne di nuove. Cosa succede, quando si decide di cambiare? Il proposito ricorrente, nella pianificazione di un restyling, o nella creazione di un nuovo prodotto, è di attrarre lo sguardo del potenziale acquirente, affinché rimanga ammirato davanti a una bella bottiglia d’olio, presentandosi ben abbigliata e per certi versi seducente. Tuttavia, in assenza di un concept, si può anche riuscire nell’intento, ma l’incongruenza tuttavia la si nota, perché emerge, stridente in tutta la sua evidenza, seppure non nell’immediato. Sì, perché a distanza di tempo, soprattutto quando si ha modo di scoprire e osservare l’intera gamma di prodotti di una medesima azienda, tutti gli effetti della casualità irrompono e si notano e si rendono visibili anche da un occhio non esperto. Si nota infatti l’incoerenza, la mancanza di una visione comune, l’assenza di un messaggio. È un po’ come se la veste esteriore restasse unicamente tale, un puro involucro, vestito anche bene, piacevole, certo, ma del tutto slegato dall’identità aziendale. Un abbigliaggio concepito unicamente per farsi notare, finalizzato all’unico obiettivo di vendere, non racconta nulla dell’azienda, mentre il design, il vestito di un prodotto, deve invece rappresentare in tutto e per tutto un’azienda. Un’impresa deve andare oltre il prodotto che vende e dovrà perciò superare la sola logica commerciale, ma esprimere attraverso i segni esterni i propri valori sociali e culturali, così da stabilire un costruttivo dialogo tra azienda, prodotto e consumatore del prodotto. Il design di un olio deve andare oltre il puro aspetto estetico e deve riuscire nell’intento di far apparire diverso ciò che di fatto è uguale ad ogni altro prodotto rientrante nella medesima categoria merceologica “olio extra vergine di oliva”. Riuscire a suscitare una risposta emotiva da parte del consumatore è fondamentale, anche perché è proprio attraverso un design curato nei minimi particolari che ci si rivolge all’inconscio di ciascun potenziale cliente. Coltivare la bellezza, rendendola fruibile e funzionale, deve essere l’obiettivo comune di quanti aspirano a una qualità totale, nella consapevolezza che per compiere tale operazione con successo è necessario rivolgersi a professionisti acclarati, perché, sì, non ci si può concedere il lusso di improvvisare. Non basta il lavoro di un pur bravo e competente grafico, occorre soprattutto una progettualità. Non a caso la parola “design” reca in sé il significato stesso che vogliamo qui trasmettere: il termine inglese design significa letteralmente “progetto”. Senza progettualità, c’è solo improvvisazione, disordine, confusione, caos.
In apertura, foto di Francesca Binda per Olio Officina. Dalla foto che riporta una linea di extra vergini di Palazzo di Varignana, si comprende bene come oltre alla bellezza si debba puntare anche al messaggio, offrendo un servizio utile. Lo si nota dalle schede che accompagnano ogni singola bottiglia, dalla grafica essenziale e una comunicazione efficace del prodotto, fornendo ogni dettaglio funzionale alla scelta e all’impiego
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