Saperi

Caro Babbo Natale

Una lettera così personale scritta da un adulto può senza dubbio stupire, ma a volte sono proprio le persone capaci di meravigliarsi a rendere possibile un dialogo improbabile. Il fatto è che in questo magico giorno che per molti, ma non per tutti, rappresenta il simbolismo della bontà, si tende a dimenticare che l’ipocrisia sta sempre dietro l’angolo. Come possiamo infatti, di fronte alla quotidianità dei misfatti umani, delle guerre, degli omicidi, dei massacri, pensare di ritenere ancora la superiorità umana rispetto all’animale?

Massimo Cocchi

Caro Babbo Natale

Caro Babbo Natale, in modo insolito ti scrivo alla fine di questa giornata del Santo Natale perché non volevo chiederti nulla ma ringraziarti di quanto sto gioendo con lo sguardo fuori dalla finestra dove mi balza il meraviglioso golfo di Solanto che lambisce costruzioni di tufo e torrette che hanno memoria della antica tonnara.

Questo strano e unico Natale che, per mia scelta, rompe una assai annosa tradizione di convivialità familiare, perché ho deciso di trascorrerlo in solitudine, nella beatitudine della vista dell’acqua di mare.

Non ti spiegherò il perché di questa scelta perché dovrei rivelare la complessità delle ragioni che mi hanno indotto a questa soluzione inusuale e che, quasi sicuramente, non si ripeterà mai più, ma segnerà e resterà il punto di svolta della mia vita, della quale rimane ancora da definirne la precarietà nella sua dimensione temporale.

La ragione per cui ti scrivo, quindi, non è per chiederti nulla di particolare ma per condividere alcuni pensieri sulla bontà e sul comportamento dell’animale uomo e dell’animale non uomo, per definire i confini di quella coscienza che, spesso erroneamente, riteniamo superiore nell’animale uomo rispetto all’animale non uomo.

E come non fare questo al calare di questo magico giorno che per molti, ma non per tutti, rappresenta il simbolismo della bontà, dimenticando, per qualche momento, che l’ipocrisia è sempre dietro l’angolo, come si suole dire e pronta a fare della bontà uno sfumato ricordo.

Di coscienza animale abbiamo abbondantemente scritto con gli amici di scienza vera e non pressapochista come quotidianamente ci tocca vedere e sentire in affermazioni che, o sono ipocrite o sono dovute a crassa ignoranza anche se provengono da “illuminati” animali uomini.

Pur consapevole di averne già scritto, mi corre l’obbligo di un breve richiamo al famoso documento di Trapani.

On this day of October 27, 2017 a core international group of investigators (Bernroider, Cocchi, Gabrielli, Rasenick, Tonello, Tuszynski), with expertise in the fields of psychiatry, biochemistry, physics, computational neuroscience, mathematics, philosophy and theology, gathered in Trapani, Sicily, to assess the characteristics of quantum brain function in human and animal consciousness.

… “Sappiamo dalla Dichiarazione di Cambridge sulla Coscienza (7 luglio 2012) che: “L’assenza di una neocorteccia non sembra precludere a un organismo di sperimentare stati affettivi. Prove convergenti indicano che gli animali non umani hanno i substrati neuroanatomici, neurochimici e neurofisiologici degli stati coscienti insieme alla capacità di esibire comportamenti intenzionali. Di conseguenza, il peso dell’evidenza indica che gli esseri umani non sono gli unici a possedere i substrati neurologici che generano la coscienza. Anche gli animali non umani, compresi tutti i mammiferi e gli uccelli, e molte altre creature, inclusi i polpi, possiedono questi substrati neurologici” …

… “Riteniamo che la suddetta dichiarazione sia una vera svolta nell’interpretazione del comportamento animale poiché suggerisce un preciso rapporto con la coscienza. Un’analisi critica dei risultati ottenuti dal Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie dell’Università di Bologna mostra l’evidenza di analogie molecolari tra i disturbi dell’umore nell’animale e nell’uomo e, per questo, indica un diverso stato di coscienza. Supponendo che la coscienza sia il risultato di un meccanismo di elaborazione della rete quantistica del citoscheletro (condizionata dalla mobilità della membrana, ndr), allora si dovrebbe affermare che “un potenziale per generare coscienza può essere espresso da qualsiasi cellula contenente una rete citoscheletrica, in qualsiasi specie animale, e questo potrebbe rappresentare l’interfaccia biologica tra fenomeni fisici e mentali. Una coscienza animale nascosta utilizza probabilmente tubulina e microtubuli come substrati per i processi cognitivi al fine di autodeterminare uno stato di coscienza, limitato a ciò che è necessario per esistere, senza espressioni emotive e con lo sviluppo di una relazione di massa critica tra tubulina, sinapsi, corteccia e serotonina. Quindi, iniziamo a propendere per un evento di coscienza neuro-correlato in crescita (informazione classica) con espressioni di una coscienza emotiva più complessa e differenziata. Si presume che la coscienza sopravviva anche con condizioni di base e tale assunzione è provata, a livello biomolecolare, dall’ipotesi secondo cui una proteina di Schrodinger (es. tubulina ma eventualmente anche altre proteine, soprattutto canali ionici) è l’interfaccia biologica dalla fisica quantistica alla computazione classica, la base dei processi di coscienza quantistica/classica. Può anche posizionarsi al crocevia tra memoria e capacità di apprendimento” …

Torniamo alle riflessioni di questo giorno, caro Babbo Natale e, per prima cosa, ti devo esprimere il mio dubbio, a te che rincorri incessantemente la bontà, sul confronto animale umano e animale non umano.

Perché questa riflessione?

Perché caso vuole che guardando un pezzo di film sulla chiesa polacca durante il nazismo, una scena riporta la brutalità di un folto gruppo di fanatici nazisti che irrompono nella sede del cardinale e, oltre a distruggere tutto, gettano alcuni preti fuori dalla finestra.

Non credo che tali scene siano solo nella finzione cinematografica ma che possano, emblematicamente, essere considerate un riferimento a fatti realmente accaduti.

E lì che mi si sono richiamate alla mente le parole scritte a Cambridge e a Trapani sulla coscienza animale umana e animale non umana.

Come possiamo, di fronte alla quotidianità dei misfatti umani, delle guerre, degli omicidi, dei massacri ecc. pensare di ritenere ancora la superiorità umana rispetto all’animale?

Come possiamo dire a uno di questi criminali sei proprio un animale?

E all’animale diremmo mai, quando per contingenze ben diverse da quelle che sospingono l’uomo a gesti violenti, sei come un uomo?

Ecco, qui deve scattare la riflessione, dobbiamo cercare di non credere che tutti gli uomini siano malvagi, tuttavia, dobbiamo smettere di appellare l’uomo che commette azioni criminali come “animale” e, per molti, credo che debba anche essere messa in discussione quella sorta di superiorità che, a volte, molte volte, troppe volte, trova ostacoli insormontabili nell’intreccio e nei segnali delle molte e ancora inesplorate dinamiche del cervello.

Dunque, non offendiamo l’animale attribuendo all’uomo l’appellativo di animale e non offendiamo l’uomo chiamandolo animale.

Lasciamoli nei loro distinti domini ma ricordiamo sempre che i meccanismi della coscienza non sempre rispondono adeguatamente al cosiddetto perfezionismo del cosiddetto cervello superiore.

Nella foto di apertura, di Olio Officina, un’opera di Joan Miró: Woman (Opera Singer) 1934

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