Saperi

Ci ha lasciato Nicola Tranfaglia

Sapeva parlare alle nuove generazioni, indicando i valori della democrazia e dello stato di diritto e i percorsi, a volte impervi, per poterli tradurre nella realtà. Tra i maggiori storici contemporaneisti del secondo Novecento, studioso del fascismo, della mafia e del giornalismo, ha egualmente contribuito a valorizzare una figura letteraria e umana di grande livello qual era Rocco Scotellaro, di cui ci ha fornito una lettura davvero originale, che ancora oggi può essere utile e attuale

Alfonso Pascale

Ci ha lasciato Nicola Tranfaglia

La morte di Nicola Tranfaglia mi rattrista perché viene a mancare uno dei maggiori storici contemporaneisti del secondo Novecento.

Studioso del fascismo, della mafia e del giornalismo, ha diretto alcune grandi opere collettanee di notevole valore: Il mondo contemporaneo (11 voll., La Nuova Italia, 1976-83), in collaborazione con Massimo Firpo La storia (Utet, 1981), in collaborazione con Valerio Castronovo Storia della stampa italiana (6 voll., Laterza, 1976-80), in collaborazione con Bruno Bongiovanni Dizionario storico dell’Italia unita (Laterza, 1996).

Tra i suoi tantissimi saggi sui temi più svariati, mi piace ricordare la bella introduzione alle due principali opere in prosa di Rocco Scotellaro L’uva puttanella e Contadini del Sud, ripubblicate da Laterza in un unico volume nel 2000. L’edizione precedente era stata curata da Franco Vitelli nel 1986.

L’introduzione di Tranfaglia mi colpì innanzitutto per la meticolosità e l’efficacia con cui ricostruiva la vita del poeta e il suo impegno politico in qualità di dirigente socialista e di sindaco di Tricarico. Con particolare scrupolo venivano ricordate le tappe dell’esperienza odiosa del processo e del carcere a seguito di un’accusa infamante da parte dell’opposizione democristiana per toglierlo di mezzo. E infine la sua decisione di dimettersi dalla carica pubblica e dall’impegno politico diretto, pur essendo stato scagionato da ogni addebito.

“Non una diserzione, non l’abbandono della lotta – scrive Tranfaglia -, ma piuttosto la scelta consapevole da parte di Rocco di strumenti diversi e non meno impegnativi per difendere i suoi contadini e far conoscere ad un mondo più largo i problemi e i valori del mondo da cui proviene”.

Per lo storico, il caso Scotellaro non è solo un normale episodio di cattiva giustizia. “È piuttosto – egli afferma – uno dei simboli eloquenti di una democrazia fortemente incompiuta nella quale il vecchio Stato borbonico e fascista, per incarico di un ceto politico che era passato senza nessuna scossa dal regime alle regole inapplicate della Costituzione repubblicana, si presta ad operazioni che di solito conseguono il loro effetto, al di là delle sentenze di condanna o di assoluzione”.

“E qual è l’effetto su Scotellaro?” – si chiede Tranfaglia. Secondo lo storico, è provare “un senso di delusione, di disvelamento doloroso della realtà e quasi di ritorno a un’idea di società e di rapporti politici che il giovane sindaco aveva creduto per un momento potesse essere superato e messo da parte grazie al consenso espresso dalla maggioranza degli elettori di Tricarico”.

È vedere nel processo e nella carcerazione preventiva “il segno dell’ostilità dello Stato e delle istituzioni che Rocco aveva ritenuto di servire a favore dei suoi contadini”.

È convincersi realisticamente “che i rapporti di forza tra i contadini che egli vuol rappresentare e il resto della popolazione sono ancora a favore degli altri e che la battaglia non si può vincere attraverso uno scontro frontale, di lotta politica, ma creando gli strumenti di una lotta futura, lo studio, l’inchiesta, il racconto per coinvolgere l’opinione pubblica nazionale e internazionale”.

Una lettura della scelta di Scotellaro davvero originale quella fornita da Tranfaglia che può essere utile ancora oggi. Penso a quei giovani che non riescono a trovare spazio nell’impegno politico diretto. E ciò a causa di una democrazia soffocata da partiti deboli e chiusi a riccio. La vicenda di Rocco indica una strada alternativa per condurre battaglie sul terreno civico, culturale e nondimeno politico per affermare le proprie idee.

La storiografia italiana perde unsuo esponente di valore che sapeva parlare alle nuove generazioni, indicando i valori della democrazia e dello stato di diritto e i percorsi, a volte impervi, per poterli tradurre nella realtà.

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