Saperi

Colloquio sulla fede

Il teologo e il filosofo, il credente e il laico. Da un lato l’arcivescovo Bruno Forte, dall’altro l’epistemologo Giulio Giorello. Uno si batte da leone per la sua fede e non esita a sparare con tutta l’artiglieria. L’altro solo raramente tira fuori, quasi costrettovi, qualche argomento pungente, forse per rispetto umano. Può l’uomo credere che Dio abbia creato il mondo, se già secondo gli antichi filosofi greci, e pure secondo Nietzsche, non ha né principio né fine, dal momento che il tempo, come lo spazio, non esiste che nella nostra percezione?

Sossio Giametta

Colloquio sulla fede

In tv hanno riferito della scomparsa di Giorello, sostenendo che era un laico, ma aveva buoni rapporti con i prelati. Tuttavia Giorello si era contraddistinto con una continua e coraggiosa lotta per la laicità, pur se, per la sua civile apertura e umanità, ha intrattenuto ottimi rapporti con importanti prelati, di cui il seguente scritto di Sossio Giametta è un esempio. Questo testo che riportiamo su Olio Officina per gentile concessione dell’Autore, è contenuto nel libro Il volo di Icaro (Il Prato, 2009).

Il colloquio tra l’arcivescovo e teologo principe Bruno Forte e l’epistemologo e capofila laico Giulio Giorello, organizzato dall’intraprendente operatore culturale Massimiliano Finazzer Flory (Bruno Forte Giulio Giorello, Dove fede e ragione si incontrano?San Paolo), non è un colloquio tra due, bensì tra uno e un mezzo, nel senso che Forte si batte da leone per la sua fede e non esita a sparare con tutta la sua artiglieria contro chi le si oppone, mentre Giorello si perde in osservazioni interlocutorie o collaterali, sciorina argomenti concordanti con quelli di Forte e solo raramente tira fuori, quasi costrettovi, qualche argomento pungente. L’avrà fatto per rispetto umano, dato che ha esperienze in comune con Forte, per il quale professa stima e con cui non si sente forse di essere duro, cioè “sgarbato” quanto sarebbe occorso? Di solito infatti Giorello è duro e coraggioso quanto occorre. Il fatto è che questo suo atteggiamento reticente e in qualche modo accomodante falsa il dialogo, dal quale Forte, con la sua teologia, esce sostanzialmente vincitore. Ma questo è pernicioso per la causa laica, cioè della verità, dell’indipendenza e della dignità umana. Meglio avrebbe fatto Giorello ad attenersi al detto di Schopenhauer, che filosofia e teologia stanno sui due piatti della bilancia in modo che quanto più l’uno sale, tanto più l’altro scende, e viceversa. E ciò non tanto perché gli argomenti di Forte siano falsi – dal suo punto di vista sono giustissimi – quanto perché non c’entrano col vero problema, che è un altro.

Può l’uomo credere che Dio ha creato il mondo, che già secondo gli antichi filosofi greci e ancora secondo Nietzsche non ha né principio né fine, dal momento che il tempo, come lo spazio, non esiste che nella nostra percezione? Che Dio l’ha creato per l’uomo, centro e signore della terra e dell’universo? Che solo dopo milioni di anni Dio ha deciso di rivelarsi? Che Dio è bontà e amore e veglia sulla sua creatura con la sua provvidenza, quando la vita è pena e fatica e nel mondo si consumano orrori senza fine ad opera della natura e dell’uomo (“Dov’eri?” disse il papa ad Auschwitz)? Che è importante pregarlo perché ci salvi da malattie, guerre e cataclismi, che non cessano di funestarci? Che bisogna rimettersi alla sua misericordia quando si tratta di armarsi e combattere? Che l’amore possa operare in tutti i casi meglio dell’ostilità e della lotta? Che si deve rimettere a Dio il giudizio che incombe a noi nella problematicità di tutte le cose? Che dobbiamo illuderci e accecarci nella fede quando non c’è alcun segno che le cose credute siano vere, mentre sono d’altra parte fin troppo vicine ai nostri desideri? Che il nostro destino sia diverso da quello dei “bruti”, ossia dei nostri fratelli animali, dei quali ci cibiamo senza scrupoli e i cui comportamenti, anche aggressivi, sono lontani dalla malizia umana? Che solo per noi esiste l’immortalità e addirittura la resurrezione della carne?

Tutto quello che si può dire per la fede è che, come il nostro corpo non nasce dal nulla, ma ha un’origine legata alla natura infinita, così pure il nostro spirito non può non avere una sua origine, che però in nessun modo possiamo conoscere o immaginare. Possiamo solo averne desiderio e nostalgia, la famosa Sehnsucht tedesca. Ma questa è la spiritualità, che è innegabile, non però la religione, che è un’altra cosa. La spiritualità fa parte della natura, della natura naturans, che non è solo materia, come il nostro corpo, che non è solo corpo. Quanto alla materia, già per la scienza essa non è altro che energia rappresa (ai nostri occhi) e forse al di fuori della scienza è spirito, ma del tutto estraneo ai miti e alle favole del cristianesimo.

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In apertura, nella foto di Olio Officina, l’opera “Maschere”, di Venturino Venturi, esposta al “Museo della Follia”, mostra a cura di Vittorio Sgarbi; Cavallerizza di Piazzale Verdi, Lucca, 27 febbraio-22 settembre 2019

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