Cosa accade al cliente digitale
Il ConsumAttore digitale può ambire a un ruolo da protagonista solo se acquisisce la consapevolezza di essere oggetto di calcolo e pretende di passare dalla condizione di Calcolato a quella di Co-calcolante. Può così acquistare la sua libertà e contribuire anche a rendere la società digitale condivisibile e democratica, capace di esaltare e non cancellare l'"intimità" della relazione sociale
Da alcune settimane si trova nelle librerie un libro molto interessante (Michele Mezza, Algoritmi di libertà. La potenza del calcolo tra dominio e conflitto, Donzelli Editore, 2018), in cui l’autore cerca di rispondere a questa domanda: “Le elezioni italiane del 4 marzo 2018 sono state le ultime in cui il protagonismo delle macchine politiche come i partiti e l’artigianato intellettuale dei candidati hanno avuto ancora un ruolo, o già sono state le prime di un’era in cui gli algoritmi hanno determinato le decisioni di voto di una certa famiglia di elettori, collegio per collegio?”. Il prefatore del libro, Giulio Giorello, filosofo della scienza, sostiene che “se la potenza del calcolo è un apparato che per conto dei suoi proprietari, dunque di altri essere umani, impone un certo modo di agire e di pensare, dando forma ad una gerarchia sociale deterministica, (…) è in tale contesto che va ripensata la forma della politica e il nodo del partito, cioè di uno strumento che organizza e rappresenta il consenso di una parte della società”.
Michele Mezza ritiene che “la pervasività della potenza di calcolo, nel momento in cui diventa forma e contenuto della nostra vita, non può più rimanere pura ricerca scientifica separata, appartata, riservata”. E conclude: “Se il calcolo, la ricerca, rimane lontano dalla democrazia, quest’ultima perde ogni nerbo e forza, e decade”. Ed è quello che sta avvenendo sotto i nostri occhi.
Il tema è stimolante perché si tratta, in un ambiente contrassegnato dalla potenza degli algoritmi, di affrontare la questione della libertà e dell’organizzazione di un’autentica democrazia. Ma nelle more che questo tema venga assimilato dai politici e che essi prendano, dunque, coscienza di una delle cause (quella decisiva?) dell’esito del voto nelle ultime elezioni politiche in Italia e della necessità di affrontare concretamente e organizzativamente tale questione, la società civile può già, a mio avviso immediatamente, trarre vantaggio dalla riflessione di Michele Mezza per rendere più condivisa e democratica l’Economia a rete. Partendo dall’ambito più frequentato dai cittadini: quello del consumo e della vendita diretta mediante l’applicazione delle tecnologie digitali.
Un nuovo soggetto nello scambio economico
Nella piazza virtuale dell’e-Commerce, tra il Produttore (che intende scambiare il bene che produce raccontandosi) e il ConsumAttore (o, meglio, il Cliente che ambisce a un ruolo di protagonista consapevole e intraprendente nello scambio di un bene), si inserisce un soggetto che, esercitando una nuova forma di pressione, agisce direttamente sulle categorie cognitive e psicologiche degli attori dello scambio. Il Cliente e il Produttore vengono affiancati e soverchiati da un potente competitor del nuovo mercato digitale: il Service provider, che nell’abbondanza delle offerte, e nella diversa accessibilità digitale alle relazioni che le autorizzano, diventa il vero gatekeeper del mercato, oltre che, nella smaterializzazione degli oggetti e delle procedure di compravendita, anche l’integratore di servizi e delle relative informazioni necessarie per usufruirne. In particolare, oggi questa funzione viene monopolizzata dalle grandi cattedrali dei servizi digitali, da Google a Facebook a Twitter, e soprattutto Amazon, insieme a tutto quel pulviscolo di siti e app che intervengono nelle attività a rete, interponendosi fra noi e ogni singolo consumo.
Il caso Amazon
Per comprendere come funziona la nuova forma di pressione, accenniamo al caso Amazon, un’azienda di commercio elettronico diventata un impero solo ed esclusivamente in virtù della sua capacità di usare dati ed algoritmi per smistare la nostra attenzione sui suoi prodotti e prevedere esattamente di quale di quelli noi cominciamo ad avvertire il bisogno.
Il motore di questo processo è il cosiddetto mash-up o remix, ossia il meccanismo che permette all’utilizzatore di dati di combinarli per ottenere indicazioni del tutto estranee e lontane dalla natura di quei dati e dalla volontà dei suoi titolari reali. La correlazione di grandi masse di dati determina ormai principi predittivi che spostano l’azione dei Service provider dall’interpretazione dei nostri desideri all’induzione di questi.
La consapevolezza del Cliente di essere Calcolato
Nel passaggio dall’interpretazione all’induzione dei bisogni la collaborazione attiva e creativa del Cliente è fondamentale. Ma il Cliente diventa vulnerabile nel momento in cui scambia la propria autonomia con la propria ambizione a partecipare non più passivamente alla produzione di senso. La stessa struttura semantica degli algoritmi impone al Cliente adeguamenti cognitivi e psicologici che non si esauriscono nella fruizione di quel software.
Nell’e-Commerce la potenza di calcolo esercita con diverse modalità la sua azione di condizionamento del Cliente, il quale può ambire ad un ruolo protagonista solo a determinate condizioni: acquisire la consapevolezza di essere oggetto di calcolo e pretendere, pertanto, di passare – per usare le parole di Michele Mezza – “dalla condizione di Calcolato a quella di Co-calcolante”.
Prendendo coscienza di essere parte di questo conflitto e maturando la volontà di negoziare la ricomposizione di tale contrasto, il Cliente può acquistare la sua libertà e contribuire anche a rendere la società digitale condivisibile e democratica.
I due aspetti del condizionamento
Due sono i livelli attraverso cui si esercitano queste nuove forme di condizionamento: la qualità dell’algoritmo e l’indiscriminata sovranità sui big data generati.
Il primo livello (la qualità dell’algoritmo) è quello che genera il software e diventa un vincolo ai nostri diritti. Per quanto riguarda questo primo livello, bisogna tener presente che l’algoritmo non è semplicemente un’organizzazione matematica che ottimizza una sequenza di operazioni per risolvere un problema, ma si fonda anche sull’idea che quella soluzione sia la sola possibile.
Elaborando tale idea, gli Stati moderni hanno utilizzato sin dalla nascita (XVII secolo) il modello algoritmico per introdurre automatismi decisionali. E così hanno potuto influire sui comportamenti sociali, mediante la creazione di vincoli e obblighi (derivanti dell’algoritmo) nell’organizzazione del pensiero.
Con gli algoritmi si creano inevitabili modelli semantici e razionali affinché non si possa che pensare in un certo modo. Ma l’assunto, in base al quale la soluzione del problema mediante l’algoritmo sia solamente una, non è vero. Come scrive Giorello, “gli algoritmi non sono onnipotenti e da qui dobbiamo partire se vogliamo che non siano gli strumenti di dominio sociale ma gli alleati in una progressiva emancipazione”.
Per ottenere tale esito il Cliente deve essere in grado di individuare, analizzare e montare l’algoritmo adottato dal Service provider, mostrandone le forzature discrezionali che modificano il quadro reale in modo da rendere inevitabile una e una sola decisione. Occorre, in altre parole, contestare l’apparente neutra tecnicalità che invece distorce la realtà, indirizzando ogni determinazione su un binario che non può che portare alla conclusione voluta. In pratica, occorre disvelare l’automatizzazione di una procedura discrezionale basata su una premessa distorta e interessata, che si arroga il valore di essere l’unica soluzione per il problema a cui è destinata.
Gli unici soggetti in grado di contrapporsi al dominio, apparentemente neutro, di chi produce e gestisce l’algoritmo sono le comunità di Clienti, possibilmente raggruppati per Comunità-territori.
Il secondo livello del potere di calcolo è il data mining, che caratterizza tutti i nuovi servizi implementati dai grandi social network, come Facebook e Google+. Questi servizi si basano sulla profilazione di ogni singolo atto del cliente. L’esca per accumulare ancora più dati è proprio il giudizio che viene sollecitato nel Cliente sul servizio. La possibilità di valutare quel prodotto, determinandone la web reputation, come ogni atto discrezionale diventa un ulteriore dato della nostra personalità che rilasciamo.
L’e-Commerce può costituire la grande piazza virtuale dove sperimentare la capacità delle Comunità-territori di Clienti di diffondere la consapevolezza di essere Calcolati, di negoziare i diritti digitali coi Service provider e i detentori dei nostri big dati e trasformare così i Calcolati in Co-calcolanti.
Coloro che intendono facilitare l’incontro “intimo”, lo scambio culturale, prima ancora che economico, tra chi produce un bene e chi lo acquista devono necessariamente contrattare coi proprietari la qualità dell’algoritmo impiegato. Non si tratta di un mero scambio economico, ma di uno scambio di prossimità: conta l’”intimità” della relazione tra il Produttore e il Cliente, il trasmettersi vicendevolmente saperi esperienziali, la contaminazione interculturale che si realizza e, soprattutto, il reciproco aiuto che si stabilisce. Bisognerà concordare come la potenza di calcolo fa propri questi contenuti. È questa l’innovazione sociale da produrre.
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