Due re
Un capitolo dell’ultimo libro di Nicola Dal Falco su I Miti ladini delle Dolomiti, dedicato all’Enrosadira, il rosseggiare delle cime dolomitiche, con una acquaforte, “Tramonto”, di Luciano Ragozzino
Ciò che ora nasce era in eterno e sarà dopo. Non la vampa, ma il suo riverbero.
Non la bellezza sfolgorante del giardino di rododendri, roseto del buon re, ma l’enrosadira, traccia che appare e scompare del tempo felice.
La storia dei due re ripete ossessiva l’arrivo al bivio, quando il tempo biforca e un’età cede alla successiva.
Quel bivio, concretissimo e sfuggente, rappresenta anche la sottile divaricazione che esiste tra l’essere e l’immagine.
Prima della parola, è l’immagine a servire la potenza del ricordo.
*
Viveva, quindi, un re nel suo Paese, specchio l’un l’altro di giustizia. Un regno che poteva dirsi, oltre ogni ragionevole dubbio, felice, perché privo di timori.
Fino ai confini appariva come un giardino: un giardino di rododendri su cui brilli l’oro rosso della pace.
Pienezza di colori e pienezza d’intenti non permettevano a nessuno di riflettere troppo all’esistenza di questo posto perfetto.
Quelli che ci vivevano non sentivano il bisogno di fare confronti così che i giorni scorrevano indivisi. E forse, ad essere precisi, era sempre lo stesso giorno a non tramontare.
Solo chi fosse giunto da fuori avrebbe subito tutta la malia del giardino.
Cosa che puntualmente avvenne, senza che vi si potesse porre rimedio.
Qualcuno, passando tra i monti, lo vide e corse a raccontarlo.
Da quel preciso istante, il giardino di rododendri iniziava a vivere una vita parallela, scivolava nelle
spire del tempo scandito, nell’ora che fa da misura allo spazio.
Un altro re volle conoscerlo e si mise in marcia per conquistarlo.
Il regno era impreparato all’invasione, all’idea stessa di possesso e si arrese quasi senza combattere.
Sconfitto, il re giusto se ne andò in esilio. Cercò un possibile altrove, ma dopo aver vagato per qualche anno tornò su i suoi passi.
Quando giunse a portata di sguardo, vide il bagliore del roseto e capì che quel segno di beatitudine era tra le cause della rovina.
Con un ultimo atto regale, trasformò l’opera nel suo riflesso, lasciando che l’incanto del giardino di rododendri, impietrito e sparito per sempre, restasse vivo appena si fa sera.
Allora, brevissimamente, corre per le cime dei Monti pallidi un incendio senza fumo e anche chi non contemplò mai il roseto può immaginare di che colore fosse la terra della pace.
Il bivio tra l’età dell’oro e l’età del ferro, la storia dei due re, non è solo una parabola che dà vertigine al tempo. Non riguarda esclusivamente il fato, l’alternarsi e il dispiegarsi dei cicli. Ha pure a che fare con la condizione umana, il destino di ognuno.
Come il ricordo del roseto colora periodicamente i monti, alimentando la nostalgia del paradiso perduto, così il periodico incontro con il re di Salem e di Gomorra ripropone la scelta capitale, il bivio tra la via di giustizia e la via che consegna se stessi e gli altri al potere di questa terra e di questo tempo.
Miti ladini delle Dolomiti. Enrosadira
Un libro di Nicola Dal Falco, con le glosse e il saggio Le rose del ricordo di Ulrike Kindl
Roma – 2014; pagine 165, euro 15
Istitut Ladin Micurà de Rü micura.it
Palombi Editori, palombieditori.it
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