Saperi

E se tornasse HAL?

Tutto parte da HAL 9000, il supercomputer di bordo della celebre nave spaziale Discovery. Ricordate il flm di Stanley Kubrick e il libro di Arthur C. Clarke? C'è da osservare che parole come autorevolezza scientifica, salute, libertà, diritti garantiscono sempre eccellenti maschere retoriche per coprire nefandezze di ogni tipo

Massimo Cocchi

E se tornasse HAL?

Massimo Cocchi

Caro Fabio, nel 1968 vedevo 2001 Odissea nello Spazio e mi sembrava impossibile pensare che quel complesso intrico di connessioni sinaptiche artificiali (il computer) potesse stare sopra all’essere umano facendogli credere che era partito per una missione e invece nella testa di HAL c’era un altro obiettivo. Per tenere nascosto questo segreto HAL arriva persino a uccidere.

Uscii perplesso dalla prima italiana del film, a Milano, pensando che l’unico vero intrico di reti neurali poteva essere solo quello dell’uomo e che mai, quest’uomo avrebbe ucciso per tenere segreta la missione, forse mi sbagliavo.

Al terzo anno di medicina, laddove sei colmo di idee che navigano nella proiezione di un ruolo di salvatore di vite, pensare che potesse verificarsi il progetto di HAL sembrava quasi ridicolo. Poi, mi dissi, che HAL, per quanto fantascientifico, era sempre progettato dall’uomo, da quell’uomo che nella mia ingenua visione post adolescenziale, non avrebbe mai potuto pensare a programmi intesi a dominare il mondo. Infatti, usciti da una guerra di follia psicopatologica, appariva chiaro come l’uomo era ancora in grado di ripristinare il concetto di “bene”.

Sotto al muro di Berlino, comunque, qualche dubbio rimaneva ancora. Nel 69 mi trovai catapultato nella fantastica New York dove sentii tutto il peso del mio provincialismo, io piccolo punto sotto grattacieli che sembravano monumenti verso l’infinito, che sembravano dire all’uomo, vai sempre più in alto perché lassù c’è il paradiso. A New York, il paradiso lo trovai in terra quando entrai nel mitico Play Boy Club mangiando il famoso pollo fritto “deep fried chicken”, accompagnato dall’insostituibile aroma e sapore del Martini Vodka. Ecco, lì, a New York, pensai che era sotto ai miei occhi che si sfogliava l’ingegno umano nella bibbia della libertà, non avevo più rivolto il pensiero al diabolico HAL, devo dire un po’ abbagliato dallo scintillio delle luci di Broadway, dal fascino di Tiffany, dove da piccolo borghese andai a fare colazione.

La fantascienza? Di fronte allo spettacolo newyorchese, alla caricatura fattami nella colorata confusione del Greenwich Village, pensavo veramente che quel mondo mi avrebbe accompagnato, nel tempo, nella fiducia, con il pensiero del bene e non del male. Poi il tempo passava, non c’erano guerre mondiali, lo scintillio continuava ad abbagliare ma mi accorsi che cominciavano i primi segnali di calo del fenomeno culturale per scelte fatte sul mondo della scuola e, in particolare dell’Università. Sì, scrivo Università con la maiuscola perché era quel posto dove io credevo ancora nella libertà intellettuale e dove ho sacrificato ogni classico concetto di carriera, me ne sono andato a conquistarmi la posizione accademica nella terra che ancora decideva di chiamarti per merito e al quale, ovviamente, doveva corrispondere la necessità dell’istituzione. Così, una grande corsa verso la consapevolezza, forse, meglio, il desiderio che questa libertà intellettuale avrebbe rappresentato il primato più importante per l’uomo. Chi avrà la bontà di leggere queste righe si chiederà: perché ci racconti queste banalità? Perché, caro Fabio, adesso non ho più questa certezza ma continua a rimanere vivo il desiderio. In questo difficilissimo momento non c’è la guerra, ma un piccolo “animaletto” che non si è insinuato nelle mie cellule per mantenersi vitale, né penso che esso sia stato un progetto di HAL, ma che si sposta nelle riflessioni della mente che colgono le stranezze dei comportamenti di pochi pensando di fare il bene di tutti.

L’allontanamento sociale, l’isolamento, il definire il numero di famigliari che possono trascorrere, insieme, il Santo Natale, l’impedimento di guardare negli occhi i tuoi studenti per poterne cogliere consenso o disapprovazione, beh, qualche problema questo “animaletto” l’ha sicuramente posto. Ed anche se è certamente vero che le misure precauzionali sono utili, dobbiamo pensare che le oligarchie di governo sono solamente preoccupate del bene collettivo?

Alcune oligarchie di governo con le guerre hanno fatto decine di milioni di morti senza preoccuparsi più di tanto, allora era la difesa della libertà, giustamente, poi il muro di Berlino, almeno per qualcuna di queste oligarchie, non ci ha confermato che la scelta di porre fine alla guerra fosse per il bene superiore della libertà. Non era piuttosto un modo per tenere sotto controllo il gregge?

Caro Fabio, e se alle attuali oligarchie di governo gli si fosse insinuato nel cervello un “animaletto”, capace di costruire un “nuovo muro” nel nome del bene collettivo? Ti lascio la parola perché da te ho imparato l’importanza del ragionamento filosofico, per la verità, non riesco più a farne a meno, se e quando esso mi assolve dai peccati di pensiero.

Fabio Gabrielli

Caro Massimo, siamo uomini di scienza, che significa procedere per tentativi ed errori, congetture e confutazioni, ipotesi, prove, esperimenti, confidando di poter matematizzare la porzione di realtà presa in esame, fare presa su di essa, piegarla alla nostra misura. La sovraesposizione mediatica di alcuni medici, un’errata concezione della scienza scambiata per una pratica sacerdotale, un dogma, ha finito per alimentare, contemporaneamente e con segno opposto, pervasive sacche di scientismo acritico e negazionismo estremo. La scienza non si occupa della verità, la lascia a ai teologi; si occupa di realtà, e non si pronuncia mai a guisa di oracolo, bensì solo e unicamente quando i dati sono sufficienti a produrre conoscenza oggettiva e pubblica. Le fake news nascono quando il fecondo, e pur aspro confronto, tra medici e scienziati non è abitato dalla ricerca della spiegazione più razionale e mirata, ma è inquinato da pregiudiziali ideologiche, da narcisistici afflati di posizionamento sociale, di prestigio pubblico. Allora, poiché la scienza risulta divisa, significa che non ha il prestigio che le si riconosce, dunque è falsa, induce all’errore, o peggio è la longa manus di poteri forti, è complice di una cospirazione planetaria espressa dalle oligarchie globaliste: questo è lo sterile ragionamento del negazionista. Com’è sterile lo scientista acritico, che pensa che il metodo scientifico sia la via verso la verità assoluta, indiscutibile, eterna. Per fortuna, come dimostra la storia della scienza, le grandi acquisizioni alla fine emergono, contribuendo a rendere la nostra vita, sul piano della salute, più salvaguardata e duratura delle epoche precedenti. Questo è lo spirito della scienza, il che non significa che non ci siano stati o non ci siano tentativi di piegare in modo arbitrario i suoi dati a interessi ideologici, a ricondurre, nel suo presunto nome, le popolazioni a forme di biopotere, di biocontrollo.

Insomma a politicizzare la scienza per garantirsi forme di direzione sulle economie, sugli assetti sociali, sulle singole biografie. Parole come autorevolezza scientifica, salute, libertà, diritti garantiscono sempre eccellenti maschere retoriche per coprire nefandezze di ogni tipo. Personalmente, sono convinto che la scienza sappia sempre andare oltre le miserie del mondo, la sua grettezza, la sua violenza; che sappia, alla fine, se non garantirci il migliore dei mondi possibili, un mondo comunque migliore di come l’ha trovato.

Viviamo, nel tempo virologico, un momento di profonda incertezza (una sorta di angoscia del limbo), in cui il presente sembra contratto, abbarbicato a sé stesso, e il futuro una landa desolata, senza prospettiva e promessa. Tuttavia, permanere in un perenne stato di tristezza, significa solo risultare più docili a eventuali forme di potere: essere tristi, diceva Deleuze, significa essere fottuti.

Siamo, dunque, chiamati ad essere all’altezza della nostra natura di animali razionali, ad essere critici, coraggiosi, avidi di sapere. Nel concreto, riferito all’attuale momento, a leggere i dati che ci vengono forniti ogni giorno in modo corretto, sulla base delle interpretazioni degli scienziati seri o acquisendo un po’ di cultura matematica e statistica. Quella, se vogliamo, nessuno ce la può negare!

L’alternativa è il vittimismo piagnucoloso o la resa incondizionata all’etero direzione. Nessuno ha mai detto che essere veramente uomini sia un compito elementare, ma nessuno ha mai detto che per questo dobbiamo rinunciarci.

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