Saperi

Elogio della tristezza

Vi è un aspetto positivo da non sottovalutare, quando questo sentimento subentra in noi: ci permette di osservare il mondo con lenti più reali, senza filtri e, soprattutto, senza l’effetto stupefacente della felicità

Clara Benfante

Elogio della tristezza

Massimo Cocchi dice sempre – e io non smetterò di ripetermelo – che l’ispirazione deriva da ciò che ti dà un’emozione, bella o brutta che sia. Finora la noia, i brevi momenti di allegria, la primavera sono state le muse ispiratrici dei miei pensieri, ma un’emozione può essere anche negativa, anche la tristezza (anzi, soprattutto la tristezza) può essere il movente di uno spontaneous overflow of powerful feelings.

In questi giorni in cui tutto è in bilico, la tristezza ha bussato molte volte alla porta del mio stato d’animo: è entrata, si è accomodata sul divano e non si è degnata di lasciare un po’ di spazio alle altre emozioni. Prevale sempre su tutto e tutti. Però, vi è un aspetto positivo nella sua presenza: Lei mi aiuta, in qualche modo, ad osservare il mondo con delle lenti più reali, senza l’effetto stupefacente della felicità, senza i filtri, insomma.

Molte volte mi ritrovo a dialogare con Lei e l’argomento che esce sempre fuori è: il significato della vita e la sua crudeltà.

La vita, o, ancora meglio, la natura – per riprendere Leopardi – è crudele: ci illude, ci regala delle aspettative, si prende gioco degli uomini e li manipola come marionette e, qualche volta, si diverte a tagliare ingiustamente i fili che permettono il movimento di questi pupazzi e tutto si affloscia e diventa sostanza inanimata.

È vero, l’ispirazione proviene da ciò che ci dà un’emozione ed è per questo, allora, che una mattinata soleggiata diventa il punto di partenza di tanti progetti e obiettivi, mentre una giornata uggiosa che sicuramente è nera diventa l’habitat naturale della noia, della tristezza e del nervosismo.

Siamo così suscettibili, esseri impotenti che si credono invincibili ma profondamente fragili e destinati a vivere nell’incertezza, nel dubbio che da un momento all’altro, in maniera del tutto inaspettata, la “Grande Signora a cavallo” possa bussare alla nostra porta e, senza darci nemmeno il tempo di dire “torno presto”, ci porta con sé nell’ignoto, nell’abisso orrido e immenso ove (…) precipitando il tutto (s’) oblia.

Eccola ritratta: il TRIONFO DELLA MORTE che arriva con il suo cavallo e porta via mamme, papà, bambini in tenera età, nonni… la vita.

Crea un forte scompiglio a chi rimane al triste banchetto della sofferenza e serve shock come antipasto, la negazione come primo, la rabbia come secondo e l’accettazione come dolce.

Non sempre si riesce ad arrivare al dolce, per quanto si è mangiato. C’è chi partecipa molto spesso a banchetti del genere, chi raramente e chi vi si ritrova senza nemmeno volerlo, improvvisamente.

Come formiche operose ci affrettiamo ogni giorno alla ricerca di qualcosa: denaro, successo, uno status sociale elevato, la fama …

Ma per cosa, poi? Alla fine di questa lunga corsa non vi sarà un cartello con la scritta “RITENTA”.

Perché affrettarsi tanto? Inaspettatamente, da un momento all’altro, ci si può ritrovare al “famoso” banchetto, senza neanche il tempo di declinare l’invito.

Forse Leopardi, il grande “depresso”, ha colto in pieno il significato della vita e l’immagine di essa: Vecchierel bianco, infermo, mezzo vestito e scalzo, con gravissimo fascio in su le spalle, per montagna e per valle, per sassi acuti, ed alta rena, e fratte, al vento, alla tempesta, e quando avvampa l’ora, e quando poi gela, corre via, corre, anela, varca torrenti e stagni, cade, risorge, e più e più s’affretta, senza posao ristoro, lacero, sanguinoso; infin ch’arriva colà dove la via e dove il tanto affaticar fu vòlto: abisso orrido, immenso, ov’ei precipitando, il tutto obblia”.

È giusto affrettarsi. È giusto porsi degli obiettivi, o fingere di averne. È giusto desiderare sempre di più. È corretto essere ambiziosi, avere brama di conoscenza, cercare di lasciare una traccia della nostra esistenza in questo gigantesco labirinto.

È giusto affrettarsi, ma lentamente e con la consapevolezza che solo i Valori sono i Pilastri che reggono la nostra temporanea permanenza in questa nave che barcolla: non importa se non si riesca subito in tutto ciò che si era programmato. Bisogna provare tutto: la reggia e il triste esiglio.

Bisogna affrettarsi solo per i Valori: quando sentiamo l’esigenza di chiamare qualcuno, quando abbiamo bisogno della mamma e dei suoi abbracci, qualunque sia l’età, quando abbiamo bisogno di un “ti voglio bene”, senza che tutto il resto sia d’ostacolo, affrettiamoci che poi è tardi.

In apertura, nella foto di Luigi Caricato, un’opera di Mattia Novello, esposta alla mostra “Respiro sott’aria”, a cura di Bianca Bonaldi; Asolo, Villa Freya Stark, 2020 ©

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