Saperi

Essere cristiani in un tempo senza Messa

Un tema, forse, completamente estraneo a una rivista specializzata come Olio Officina, strettamente connessa com'è con il mondo dell’olio, che ruota nell’ambito alimentare, ma, sapete, noi siamo diversi. È un tema che va pure affrontato, al di là di tutto, e soprattutto al di là di una nostra appartenenza o meno a un credo religioso. La questione apre invece a qualcosa che va ben oltre la questione specifica, perché, nei momenti di crisi, siamo tutti chiamati al cambiamento, e a compiere un salto di qualità

Sante Ambrosi

Essere cristiani in un tempo senza Messa

Tra i tanti effetti devastanti del Coronavirus, oltre a quelli risaputi di carattere sanitario ed economico, che non hanno bisogno di conferme, perché ne stiamo parlando forse anche troppo, o comunque in modi troppo unilaterali, sui quali non voglio entrare in questo ordine di discussione, mentre mi preme invece parlare dello sconcerto che la comunità cristiana – cattolica innanzitutto, ma non solo – ha vissuto e sta vivendo in questo lungo periodo nel quale, per i motivi che tutti conosciamo, non può seguire la Messa domenicale. Motivi derivanti non da ragioni politiche e sociali, ma scaturiti dalla violenza di un virus per certi versi ancora poco conosciuto.

Comunque sia, la comunità cristiana si è trovata per la prima volta senza la Messa domenicale, e per un tempo ancora non concluso. Da questa situazione, le proteste, e soprattutto il senso di sbigottimento per la mancanza di quel gesto tanto simbolico, quale è la Messa domenicale, sono note a tutti.Senza voler entrare nelle discussioni che si sono manifestate e acuite nella coscienza di molti cristiani, e senza voler prendere parte alle discussioni sull’opportunità nei giudizi di una privazione così dolorosa e improvvisa, ho creduto opportuno anch’io, alla fine, riflettere sulla questione e trovare, se possibile, delle risposte.

Nel tentativo di trovare una qualche ragione e poter intravedere una opportunità anche per il mondo cristiano, ho fatto una veloce rilettura della nostra storia, nel passato remoto e nel passato prossimo. Rileggendo la storia dell’Antico Testamento, ho trovato che ci sono stati alcuni momenti nei quali la comunità del popolo di Dio è stata violentemente privata delle cose più sacre, come il Tempio di Gerusalemme, e privata di conseguenza della possibilità di offrire i sacrifici quotidiani così come era prescritto dalla legge di Mosè. Fu, allora, un tempo di privazione dolorosissima, che, tuttavia, è diventato un tempo di riscoperta della Parola dei profeti e della stessa storia della salvezza iniziata con Abramo. Come dire, che molto spesso la privazione non coincide con la perdita né di Dio, né tanto meno del piano di salvezza voluto da Dio.

In linea con gli accadimenti della storia sacra del passato, penso che non sia inutile riflettere anche su quanto ci sta accadendo oggi, con la soppressione per un periodo così lungo di quel sacro oggetto quale è, per i cristiani, la Messa domenicale.

Come sappiamo, e come sanno soprattutto i cristiani, la Messa è la cosa più sacra e percepita come un valore irrinunciabile per i cristiani. Ora, credo che non sia troppo azzardato pensare che anche la Messa, così come fu a suo tempo il Tempio di Gerusalemme, abbia oggi bisogno di essere rigenerata nel profondo.

Riflettevo in questi giorni anche con l’aiuto di un bellissimo libro di Roberto Calasso, Il libro dei libri, nel quale ho trovato diversi interessanti spunti, e di uno in particolare voglio qui riferire, perché cade molto bene sul tema. In un capitolo che ricordo e riferisco a memoria, dice più o meno questo: rivolgendosi al popolo Ebraico che ha considerato Tito, il futuro imperatore romano che ha radiato completamente la città santa di Gerusalemme, radiando completamente il tempio sacro per cui da quel momento il popolo Ebraico non poté più offrire i sacrifici imposti dalla legge di Mosè; ebbene, Calasso afferma che il popolo ebraico dovrebbe ringraziare Tito, il grande condottiero romano che ha distrutto completamente, nel Settanta dopo Cristo, Gerusalemme e il suo Tempio. Secondo l’interpretazione di Calasso, il popolo di Mosè fu quasi costretto a compiere un salto di qualità ideale, di enorme importanza: abbandonare i riti del sacrificio che si compiva nel tempio ogni giorno e puntare esclusivamente sulla conoscenza della Parola e della Legge.

Per nostra fortuna Dio non si identifica con alcuna nostra pratica, anche in quella più sacra. Egli è oltre le nostre certezze e, in qualche modo, oltre anche i nostri dogmi, perché anche i dogmi con l’usura e la ripetizione finiscono per non dire niente di interessante.Ma Dio, per nostra fortuna, non solo non si identifica in senso pieno con le formule, ma spesso ci conduce fuori, fuori dai nostri recinti e ci precede verso il nuovo.

Egli ci precede e ci anticipa, sia nel cammino talora tortuoso della storia del mondo e della comunità cristiana, sia nella storia personale di ogni uomo, al punto che spesso non ci è facile capire né verso dove, né con chi stiamo andando.

Questo comportamento di Dio lo troviamo ribadito nella storia dei protagonisti del Nuovo Testamento– in Paolo, certamente, ma anche nello stesso Pietro. Vale la pena ricordare l’episodio riportato negli Atti degli Apostoli, dove si narra di un certo Cornelio, comandante di una centuria nei pressi di Cesarea, un pagano che pregava Dio (quale Dio?) ogni giorno, così dicono gli Atti. Un pagano che prega un Dio sconosciuto e che diventa l’occasione, a Pietro, per una conversione non programmata ed accettata con fatica.

Dio è sempre misterioso nel suo agire, e proprio per questo possiamo comprendere perché Egli stesso si voglia sottrarre ai nostri sguardi, per poterlo solo dopo ritrovare; e forse per questo anche il tempo senza Messa che stiamo vivendo nasconde un progetto per ora a noi sconosciuto, che può diventare un’occasione da sfruttare bene, perché non sia un tempo semplicemente vuoto.Ma la lontananza o l’assenza della pratica può diventare luogo di riscoperta a un patto, che essa generi e nutra il desiderio di ciò che abbiamo perduto. Dio si sottrae anche perché in modo diffuso egli per la nostra cultura è diventato semplicemente inutile se non ingombrante. Certamente, non oggetto di desiderio. Ma se una cosa o Dio stesso non sono più oggetto dei nostri desideri, sono già di per sé fuori dei nostri orizzonti di vita.

Solo il desiderio può rigenerare e farci riscoprire ciò che era perduto, come l’esule in Babilonia cantava con il Salmo 42.

Come la cerva anela
ai corsi d’acqua, L’anima mia ha sete di Dio,
del Dio vivente

quando verrò e vedrò
il volto di Dio?
L’anima mia ha sete di Dio,
del Dio vivente

quando verrò e vedrò
il volto di Dio?
Le lacrime sono il mio pane
giorno e notte,
mentre mi dicono sempre:
«Dov’è il tuo Dio?».

In apertura, foto di Olio Officina

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