Saperi

Estate 2016 da leggere

Una selezione di titoli di narrativa per chi decide di fare, di un periodo di relax, anche l’occasione per nutrire e arricchire la propria mente. Iniziamo con alcuni volumi freschi di stampa. Non resta altro che andare in libreria

Olio Officina

Estate 2016 da leggere

Come ogni anno, segnaliamo alcuni titoli, ma voi stessi, se avete piacere, potete fare altrettanto, integrando questa lista.
Leggere è importante e fondamentale, non si può rinunciare alla lettura di un buon libro.
E se proprio volete fare un bel gesto: regalate libri.

Buona estate.

Almudena Grandes, Il bacio sul pane, traduzione di Roberta Bovaia, Guanda

“Quando cadeva per terra un pezzo di pane, gli adulti dicevano ai bambini di raccoglierlo e baciarlo prima di rimetterlo nel cestino… Noi che da bambini abbiamo imparato a baciare il pane, abbiamo in mente la nostra infanzia e ricordiamo l’eredità di una fame che ormai non conosciamo più…”
Tante storie, tante voci per raccontare la crisi ma anche e soprattutto la capacità di risorgere, con la forza dell’amicizia, della solidarietà, dell’ottimismo.
Al centro della narazione la città di Madrid, un quartiere come tanti, con strade ampie e viuzze strette, bei palazzi accanto a edifici più modesti, abitato da persone diverse, coppie con e senza figli, famiglie allargate, single, giovani e anziani, spagnoli e stranieri, negozianti e operai, commesse e professionisti: come se la cavano, come fanno fronte a questi tempi difficili?
Come si fa a resistere e a restare se stessi anche nell’occhio del ciclone? Amalia, la parrucchiera, scruta con orrore il negozio delle cinesi che sta aprendo proprio di fronte al suo, una dottoressa deve lottare contro la chiusura dell’ospedale in cui lavora, un uomo divorziato piange in solitudine dietro a una parete, una nonna comincia a fare l’albero di Natale già in settembre per fare coraggio ai suoi, e intanto il bar di Pascual diventa la sede delle riunioni del comitato inquilini e delle loro battaglie, ma anche il teatro di tanti destini che si intrecciano e di amori che vorrebbero nascere o che stanno per finire… Tante storie, tante voci per raccontare la crisi sì, ma anche e soprattutto la capacità di risorgere, con la forza dell’amicizia, della solidarietà, dell’ottimismo. Per ritrovare il significato dei baci sul pane: un gesto semplice e pieno di dignità che lega passato e presente e non ha perso il suo valore.

Mauro Corona, La via del sole, Mondadori

“Nessuno è tanto annoiato quanto un ricco” dice Mauro Corona parafrasando il grande poeta Iosif Brodskij, e lo sa bene il protagonista di questo romanzo, un ragazzo talmente abituato a ottenere tutto dalla vita che ormai da tutto è nauseato. Di ottima famiglia, ricchissimo e anche piuttosto affascinante, a nemmeno trent’anni è già uno stimato ingegnere cui non manca davvero nulla: ville, automobili, ma anche amici, donne e salute. Un eccesso di cose per lui sempre più opprimente… È per questo che di punto in bianco decide di dare una svolta radicale alla sua esistenza abbandonando il lavoro e rinunciando a ogni comodità per andare a vivere in una baita di montagna. E proprio mentre comunica ai genitori l’intenzione di ritirarsi sdegnosamente dal mondo, ne capisce ancora più profondamente le ragioni. Evocando le memorie dell’infanzia, scopre infatti i ricordi buoni: visioni di cime lontane, limpide sorgenti, ruscelli canterini, pascoli verdi e cascate lucenti di sole. Sì, il sole! È lui il ricordo più bello, il vero motivo che lo spinge a lasciare tutto e trasferirsi lassù. Ma una volta tra i monti, dove finalmente può dedicarsi incessantemente alla contemplazione della palla infuocata, si accorge che le ore di luce a sua disposizione non gli bastano più…

Gabriel Chevallier, L’annata memorabile del Beaujolais, traduzione di Sestilio Montanelli, e/o

Una spassosissima storia di provincia, fra dramma e commedia. La vendemmia era stata abbondante, il vino si prevedeva eccellente. C’era di che rallegrarsi nella provincia francese del Beaujolais in quell’ottobre assolato del 1923. Chi avrebbe mai potuto dire che i fatti che seguirono sarebbero stati riportati dalla stampa dell’epoca come “Gli scandali di Clochemerle?”. La verità è che se non ci fossero stati a Clochemerle un sindaco baffuto e progressista, un curato rubizzo e indulgente, un maestro di scuola dall’alito pestilenziale e un’allampanata zitella inacidita di nome Giustina Putet, senza dubbio non ci sarebbero stati in quella graziosa località né sacrilegio né sganassoni, o quantomeno non in misura superiore all’abitudine. Cosa stanno escogitando il sindaco Piéchut e il maestro Tafardel di così sconvolgente per il piccolo paese? Riuscirà la signorina Putet a difendere il buon nome e il pudore delle Figlie di Maria? E il curato Ponosse saprà convertire alla ragione quella massa di rissosi vignaioli che compongono il suo gregge?

Auður Ava Ólafsdóttir, Il rosso vivo del rabarbaro, traduzione di S. Rosatti, Einaudi

C’è un piccolo villaggio sul mare dove la vita trascorre bislacca e tranquilla. Mentre gli uomini sono fuori a pescare, le donne si dedicano alla cucina, cantano nel coro della chiesa, recitano nella compagnia teatrale amatoriale, vanno a lezione di cucito e si scambiano barattoli di marmellata di rabarbaro. Lí il rabarbaro è dappertutto: la flessibilità del suo gambo disegna il profilo degli isolani e il rosso vivo ne colora le vite e le passioni. Nella parte alta del villaggio, in una casa rosa salmone, abitano Nína e Ágústína. Nína è una donna pratica e saggia che ha allevato Ágústína senza essere sua madre. La vera madre è un’ornitologa sempre in giro per il mondo occupata dalle sue ricerche sugli uccelli. Madre e figlia si scrivono lettere. Ágústína non ha mai conosciuto suo padre, esperto di balene, ma periodicamente gli invia messaggi in bottiglia o telepatici. Nel seminterrato della casa c’è poi l’officina di Vermundur, uno dei rari uomini del villaggio a non uscire per mare. Vermundur è uno che aggiusta tutto, che introduce nel villaggio i primi tostapane e i primi televisori provenienti dall’estero e che produce paralumi. Ma nel villaggio c’è soprattutto Ágústína, un’adolescente speciale: a causa di una malattia alle gambe cammina con le stampelle. Anche la visione del mondo della ragazza è particolare: in un certo senso Ágústína non riesce a vedere e percepire le cose del mondo con normale distacco. La fanciulla è una sorta di «creatura della natura». Concepita tra i campi di rabarbaro, è lí che trascorre molto del suo tempo. O tra il rabarbaro, o sulla spiaggia, quando la bassa marea lo permette. Ágústína vive una vita intellettualmente indipendente, portando avanti le sue convinzioni. È anche una specie di genio matematico, un genio sregolato che non segue i normali metodi di studio e di analisi, per cui capita che di tanto in tanto metta in difficoltà il suo insegnante con quesiti che sono veri e propri arcani. E soprattutto Ágústína ha un sogno da realizzare, o meglio un obiettivo da raggiungere. Scalare, con le sue «gambe matte», La Montagna dietro casa, ottocentoquarantaquattro metri di terra protesa verso il cielo. Per farlo avrà certamente bisogno di buone scarpe ma Nína le regalerà un paio di scarponcini da trekking per il suo compleanno… E, chissà, una volta giunta in cima, insieme al vento della vetta, potrà accarezzarla anche l’idea di crescere.

Carlos Solito, Sciamenescià, Elliot

El Paiso, paese immaginario di un Salento randagio e irriverente, è un’indefinita zona di frontiera fatta di scorze pietrose, sole che non perdona, cori di cicale, venti a caro prezzo, case tinte con latte di calce e masserie che emergono come isole dal mare di ulivi. Con un registro beat, istintivo, con nuance di humour e leggerezza, l’autore ci racconta uomini e donne che ne abitano le strade assolate. “Sciamenescià”, l’incitamento dialettale per antonomasia che invita a mettersi in movimento, è l’incipit di un viaggio nella geografia di una Puglia inedita, lontana dai luoghi affollati dal turismo che, da anni, ha messo radici negli scorci da cartolina della regione. Il ritratto di scenari, persone e situazioni di una realtà che sa eternamente di controra, di limbo, di tempo lento, dove tutto ha il gusto dolce del dormiveglia.

La foto di apertura, di Luigi Caricato, riprende un angolo della Casa del Lector, al Matadero Madrid

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