Giustificazioni ingiustificabili
Parlare di vita, non in contrapposizione alla morte, ma di come essa viene interpretata nelle parole che giustificano chi decide di togliersela. Perché dobbiamo negare che esistano condizioni molecolari che, come la lobotomia, possano indurre stati di coscienza fuori controllo?
Non possedendo il senso dello spazio e del tempo non so da quando l’amico Luigi Caricato sopporta le mie incursioni pseudo letterarie.
Credo, tuttavia, da un bel po’, e lo fa con pazienza e tolleranza pubblicandomi le cose più strane, in una mescolanza di scienza, filosofia, amori, avventure, in definitiva mi pubblica “la vita”.
Ed è di vita che voglio accennare in questo breve e istantaneo scritto.
Voglio parlare di vita, non in contrapposizione alla morte, ma di come essa viene interpretata nelle parole che giustificano chi decide di togliersela.
Ho ascoltato, la sera del 19 aprile 2021 una “Suora” di straordinaria intelligenza, giustificare il gesto tragico di una persona, a lei ben conosciuta, con lo stato d’animo che si crea quando il peso delle conseguenze di certi accadimenti sembrano non essere sopportabili, in questo caso la persona è un’importante funzionario ministeriale indagato, non importa di cosa.
Questa “Suora”, prospetta come ineluttabile l’equazione vergogna-tentativo di suicidio quando gli eventi oggetto di ritorsione sulla persona impegnano la sfera dei sentimenti verso sé stessi e verso gli affetti esterni.
Giustifica, questa “Suora”, e riafferma in qualche modo il concetto della padronanza di sé, seppure alterata dagli eventi, di fronte alla decisione di togliere a sé stessi, quel prezioso bene che è la vita.
Ecco allora che la capacità di parola, più è abile e maggiore è il convincimento che essa esercita sul pensiero d’altri, assume un tono di giustificativa misericordia.
Ecco, a mio avviso, dove è che si commette un incredibile errore inducendo nel pensiero altrui il concetto che un accadimento del genere può colpire indistintamente ognuno di noi, laddove il “libero arbitrio”sembra essere nostra decisione e nostra colpa, semplicemente giustificato da un evento straordinario che si abbatte sulla nostra testa.
Ecco dunque che la tempesta molecolare che si abbatte sul cervello in certe occasioni, esce dalle pieghe della genetica e/o dell’errore molecolare, ma fa assumere una decisione fredda e lucida, come un raggio di sole che penetra una fessura e colpisce implacabile, come sarebbe semplice infilare un dito in quella fessura e oscurare il fendente raggio risolvendo il problema.
Non ci chiediamo mai perché alcuni, quel dito, non riescono a infilarlo nella fessura della vita.
… “Se nel caso del suicidio l’uomo agisce in funzione di memoria trascorsa, allora, possiamo ritenere che c’è libero arbitrio, se il suicidio è un evento nella dimensione del futuro, allora non c’è libero arbitrio ma, al limite, predestinazione.
Questa breve considerazione apre una premessa all’approfondimento critico del concetto di libero arbitrio, considerando sia l’origine del concetto sia le numerose interpretazioni che ne sono state date, comprendendo anche il momento in cui si è aperta la conoscenza scientifica dell’organismo umano e, quindi, in particolare, del cervello.
L’esempio più calzante ed espressivo del concetto di libero arbitrio fa sicuramente riferimento al “suicidio”. Esso, infatti, è la negazione della vita in condizioni di apparente libertà di pensiero e capacità ideativa.
Il pensiero suicida mette in discussione la volontà divina che lascia all’uomo la libertà di esprimere il suo destino, qualunque esso sia.
In termini laici il tema del suicidio viene affrontato in modo ambiguo in quanto il tentativo di suicidio in carcere ad esempio, viene punito, non in quanto nega la vita, ma perché rappresenta un elemento di turbativa istituzionale.
Questa modalità di intervento afferma il concetto di punizione e di pena del controllore sul controllato indipendentemente dal considerare, per chi opera il tentativo di suicidio, la volontà del soggetto e pone l’atto più drammatico che l’uomo possa commettere, cioè la negazione della sua vita, alla stregua di un crimine comune.
Un atteggiamento molto lontano dalla capacità di esprimere misericordia, a differenza della Chiesa che ha rivisto i propri atteggiamenti difronte al suicidio, ripristinando le esequie e la sepoltura in terra consacrata, rivisitando, in questo modo, il concetto di libero arbitrio e reinterpretandolo come una capacità decisionale dell’uomo anche rispetto a ciò che è male.
Non più, quindi, una Chiesa che punisce, ma che sa fare autocritica e che è capace di perdonare il delitto che più drammaticamente coinvolge la società, cioè la colpa verso sé stessi ossia il prodotto della divinità.
Dalla Bibbia a tutto l’800, fino a Popper, l’uomo filosofo, teologo o scienziato si è posto il problema dell’interpretazione del concetto di “libero arbitrio”.
Due parole che seguono l’uomo dalla creazione, che l’hanno fatto dannato o santo, che lo hanno diviso fra bene e male, che hanno consentito alla collettività di somministrare una pena.
La Bibbia racconta che nel libero arbitrio sta la nobilitazione dell’uomo concessa da Dio, cioè, la facoltà di decidere.
La tolleranza all’espressione del male, insita nel concetto di libero arbitrio, la non obbedienza al comando divino, sono potenti riaffermazioni del concetto di libero arbitrio perché Dio riconosce all’uomo anche l’abuso del libero arbitrio, cioè la sua capacità di agire con il male verso sé stessi riconoscendogli, comunque, il perdono.
I grandi pensatori della Chiesa cristiana hanno a lungo dibattuto sul concetto di libero arbitrio.
Hanno dibattuto sulla capacità di potere scegliere fra il bene e il male
Hanno discusso sulla capacità di essere in grado di scegliere tra il bene e il male e la naturale inclinazione al bene e che la volontà si esprime sopra l’intelletto.
Hanno discusso sul distacco del libero arbitrio dalla razionalità, riconoscendo che può essere espresso sia in un senso e in quello opposto.
Essi hanno discusso il problema che il libero arbitrio si basa sulla moralità umana e che solo Dio determina il destino umano.
Il Luteranesimo fornisce un approccio diverso delle Sacre Scritture rispetto alla Chiesa cattolica, la riforma porta alla negazione del concetto di libero arbitrio e introduce quello della predestinazione.
Si arriva al pensiero moderno, dove, lo sviluppo della biologia porta alla conoscenza che il cervello umano è sede di reazioni chimiche e fisiche, che esiste una trasmissione neurochimica e neuro elettrica, che i neuroni comunicano fra loro.
In pratica, si pongono le premesse per una rilettura del concetto di libero arbitrio che, attraverso Kant e Schopenhauer, contorcendosi, questa rilettura, in una discussione aperta fra il determinismo e l’indeterminismo delle azioni morali e della volontà. In pratica sulla libertà della volontà umana.
Fiumi di parole, concetti contrapposti, definizioni complesse, sono spese, nel tempo, sul concetto di libero arbitrio.
Il libero arbitrio e la coscienza si intersecano come la volontà e la mente, due parole utilizzate per esprimere il concettualismo impalpabile che sembra scaturire dalla complessità molecolare.
Libero arbitrio come sintesi fenomenologica di queste due indefinite espressioni umane.
Come se esse non fossero fondate in dedicate espressioni molecolari in grado di generarle e modificarle.
Nel bene e nel male, come destinazione finale del concetto di libero arbitrio, la condizione di supremazia umana nel rapporto con gli altri e con gli animali, come la supremazia divina su tutta la materia e la fenomenologia vivente, sembra riconoscersi.
Il libero arbitrio non rimane una capacità e possibilità indipendente di scelta del singolo, ma, a seconda dei casi diviene anche elemento di colpa, quindi di attribuzione della pena, riconoscendo, in tal modo, come la sintesi libero arbitrio-coscienza sia completamente svincolata da ogni molecolarità.
Ma come spieghiamo quel terribile processo di annullamento del libero arbitrio e della coscienza che la psichiatria poneva in essere con la lobotomia e, oggi, in alcuni casi con la terapia farmacologica?
Non è forse vero che è stato dimostrato che una terapia psichiatrica, farmacologicamente errata, alza di molte volte il rischio suicidario?
Non ci troviamo forse difronte a gravissime lesioni molecolari, che ai suddetti fenomeni presiedevano se, appunto, quella terribile pratica privava l’individuo del libero arbitrio?
Non è forse in quel meraviglioso complesso biochimico e molecolare che la creazione ha dato all’uomo, il cervello, e all’interno della sua funzionalità molecolare che dovremmo cercare la giusta definizione di libero arbitrio e di coscienza?
Perché dobbiamo negare che esistano condizioni molecolari che, come la lobotomia, possano indurre stati di coscienza fuori controllo?
Non si nega Dio riconoscendo che qualche cosa voluto da Lui, nell’imperfezione che consegue al peccato originale, possa esprimere condizioni incontrollate verso sé e gli altri e, non sempre, che vi sia colpa”.
Da: Scientific GOD Journal | February 2017 | Volume 8 | Issue 2 | pp. 164-166 Cocchi, M. & Capezzani, L., Time & Free Will: Concepts & Considerations.
Vorrei potere dire a quella “Suora” di straordinaria intelligenza che pensi un attimo, fuori da ogni ideologia, l’intelligenza non può permettersi ideologie, che esiste un fenomeno che viene definito “epigenetico” che scatena quella tempesta molecolare del cervello che, per alcuni, è inevitabile.
Cose diverse sono il credere e la vocazione, peraltro indiscutibili e da rispettare senza dubbiosità, tuttavia esse non possono mettere in discussione che ci siano “errori molecolari e genetici” che non necessariamente portano alla negazione di Dio, ma possono fare riflettere nella propria autonomia intellettiva.
In apertura, un’opera di Cesare Inzerillo [Palermo, 1971] esposta nel 2019 al Museo della follia, a Lucca, nell’ambito della mostra a cura di Vittorio Sgarbi. Titolo dell’opera: “Paziente n. 1”. Foto di Olio Officina
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