Saperi

Gli articoli fondamentali della Costituzione della Repubblica del respiro

Sette inediti e originali articoli per regolamentare uno spazio inclusivo e senza confini. L’idea fa pensare al concetto di “utopia” espresso da Tommaso Moro, laddove si anela a una società rinascimentale pacifica nella quale è la cultura a dominare e a regolare la vita degli uomini. Una comunione di persone che non conosce la parola lamento. Una comunità dal respiro profondo e rinfrescante che si riversa nella purezza di un’aria priva di pensieri inquinanti e che trova nel comportamento quotidiano uno stimolo a un fare diverso

Massimo Cocchi

Gli articoli fondamentali della Costituzione della Repubblica del respiro

Fabio Gabrielli

Caro Massimo, in questo tempo incanaglito, in cui il respiro, organico e simbolico, si fa nervoso, contratto, sincopato, quando non drammaticamente interrotto, immagino la Costituzione di una Repubblica del respiro, di cui ti elenco i sette articoli fondamentali:

  1. La Repubblica del respiro è fondata sulla timidezza, il pudore, l’accoglienza
  2. Ogni cittadino è garantito da qualsiasi forma di violazione della sua unicità e del suo mistero
  3. La responsabilità infinita verso ogni volto e il coraggio del rischio rendono tutti i cittadini uguali davanti alla legge
  4. La costituzione garantisce chiunque benedica la vita
  5. Non è ammessa nessuna forma di lavoro che non promuova entusiasmo, creatività e partecipazione al profitto
  6. Ogni trascrizione di procedure burocratiche è affidata ai poeti
  7. A chiunque contesti l’utopia, sarà fatto divieto di lamento dell’esistente

Che ne pensi, amico mio?

Massimo Cocchi

Caro Fabio, mi fornisci una ghiotta occasione per ricordare il concetto di “utopia” di Tommaso Moro, laddove egli sogna una società rinascimentale pacifica dove è la cultura a dominare e a regolare la vita degli uomini.

Come ben sai, questo è anche un po’ il nostro sogno.

Prima di commentare punto per punto i sette cardini della “nostra” Repubblica, consentimi una breve disquisizione sull’ipocrisia.

All’ipocrisia, l’essere umano, ecco un’altra consistente differenza con l’essere animale, ricorre quando vuole nascondere sé stesso, il suo comportamento, le sue azioni al giudizio di ciò che è veramente.

So bene che dell’ipocrisia sono state fornite molte definizioni, l’arte della parola si è sbizzarrita; tuttavia, l’ipocrisia rimane una delle caratteristiche più negative del rapporto fra uomini, particolarmente negativa quando essa diventa strumento politico e si insinua nel rapporto “governo-popolo”.

Spesso l’ipocrisia coincide con la sostanza della “bugia”, quindi mistifica la verità.

Ci tenevo a esprimerti questo mio pensiero perché mi piacerebbe conoscere la definizione di ipocrisia in termini filosofici e perché, credo, che l’ipocrisia sia anche una strada per mascherare la profonda scivolata culturale di questo periodo storico, laddove la politica esprime e si esprime attraverso livelli culturali veramente bassi, ancorati, in alcuni casi, alla mancanza della stessa cultura, e, in altri casi, alla profittevole mistificazione della verità.

Mi risponderai a suo tempo.

Il primo articolo: “La Repubblica del respiro è fondata sulla timidezza, il pudore, l’accoglienza”

Se così fosse, timidezza, pudore e accoglienza non apparirebbero come indici di inferiorità e sottomissione, bensì come virtù del rispetto verso gli altri, di capacità di comprendere il prossimo e di adeguare le risposte nell’interesse comune.

Il secondo articolo: “Ogni cittadino è garantito da qualsiasi forma di violazione della sua unicità e del suo mistero”

Ecco che qui siamo in piena utopia, sarebbe superfluo commentare come il concetto di “privacy” abbia raggiunto l’acme della mancanza di rispetto anche dell’intelligenza più elementare, quando sei costretto a declinare i tuoi dati, quindi te stesso, per ottenere qualche cosa che poi sarà divulgato urbi et orbi.

La violazione del mistero del nostro essere ritengo che sia uno dei crimini più efferati che si possano commettere nei confronti della persona, una vera costrizione schiavistica che denuda l’unica cosa autentica che caratterizza l’essere umano, cioè la sua anima e il diritto alla sua inviolabilità.

Il terzo articolo: “La responsabilità infinita verso ogni volto e il coraggio del rischio rendono tutti i cittadini uguali davanti alla legge”

Qui il commento è molto facile, anche se complesso, in quanto coinvolge prospettive di rapporto fra gli uomini, in particolare fra l’uomo di potere e il popolano. Il punto di criticità è che l’uomo di potere vede il suo volto diversamente da quello del popolano, creando, a mio avviso, un’insanabile frattura fra legge umana e divina.

Il quarto articolo: “La costituzione garantisce chiunque benedica la vita”

Mi sa, caro Fabio, che tu rincorra a grandi e vani passi l’utopia di un vivere “benedetto”.

Vorresti inserire nelle regole costituzionali di un Paese (inteso come comunità di esseri umani) un capitolo di straordinaria valenza universale, la benedizione come valore assolutorio verso gli altri nella capacità del perdono, un realizzarsi sociale e comunitario di sentimenti che, come ho avuto modo di scrivere in qualche momento e in qualche volume che non ricordo, giustificherebbe l’esistenza umana verso il traguardo del raggiungimento del bene assoluto e del tramonto perpetuo del male.

Il quinto articolo: “Non è ammessa nessuna forma di lavoro che non promuova entusiasmo, creatività, partecipazione al profitto”

Una delle ipocrisie più clamorose della storia, credo che sia stata quella che ha ispirato le conseguenze di Das Kapital, Il Capitale, di Karl Marx, nella lettura di alcuni uomini.

Forse, Marx era convinto di quello che stava propugnando, in elementare e “facilistica” sintesi “la condivisione dei beni frutto del lavoro”, tuttavia qualcuno ne approfittò per materializzare una forma di regime marcato da milioni di morti e di sopraffatti nel nome della libertà, nella gestione di irriducibili repressioni per la vittoria dell’uguaglianza, peccato che si fosse confusa l’uguaglianza di molti con il potere di pochi.

Entusiasmo, creatività, partecipazione al profitto richiedono un livello di maturità che è ancora molto lontano dal concetto di perfezione, se, infatti, questi concetti fossero nella costituzione, sarebbero per molto tempo ancora disattesi, come, peraltro, molti principi costituzionali. Senz’altro molto profondi nella loro espressione di difesa dell’uomo, ma regolarmente disattesi e richiamati solo in via teorica.

Fa molta fatica il comune cittadino a comprendere perché la Costituzione sia violata in molti casi e che ciò non comporti sanzioni per chi commette la violazione, quando a farlo è il cosiddetto Stato, e, invece, sia sottoposto a pena il comune cittadino che la viola.

Il sesto articolo: “Ogni trascrizione di procedure burocratiche è affidata ai poeti”

Che meraviglia, la burocrazia che imperversa sull’uomo e ne schiavizza il fare, quindi anche il pensiero, che si libera nella traduzione poetica e diventa soggetto e oggetto di pensiero libero, che conferisce grazia e garbo al fare dell’uomo generando maggiore senso di rispetto e responsabilità individuale e collettiva.

Il settimo articolo: “A chiunque contesti l’utopia, sarà fatto divieto di lamento dell’esistente”

Ecco che siamo arrivati al punto più alto della Costituzione della Repubblica del respiro.

Una comunione di uomini che non conosce la parola lamento, quindi non ne conosce neppure il suo piagnucoloso significato, una comunità dal respiro profondo e rinfrescante che si riversa nella purezza di un’aria priva di pensieri inquinanti e che trova nel comportamento quotidiano uno stimolo a un fare diverso, migliore, privo degli offuscamenti del rimpianto, libero e inscritto in quell’utopia repubblicana che renderebbe l’animale uomo e l’animale non uomo, ciascuno per il proprio agire, consapevoli dell’importanza del dividersi e del condividersi dei beni.

Caro Fabio, non è né peccato né reato pensare liberamente, prima che mostruose creazioni umane trovino la strada di intrappolare i nostri pensieri senza che ce ne accorgiamo.

Fabio Gabrielli

Dell’ipocrisia, avremmo modo di parlarne in una prossima occasione, intanto, per chiosare la tua ultima affermazione, credo che l’utopia sia ragionevole ed estremante reale, una liberazione di possibilità che si traducono in un fare poetico, artistico, capace di scorgere nelle fenditure del reale ciò che agli altri risulta invisibile. È l’utopia che innesca la tensione creativa e vitale verso la giustizia e il bene come unici orizzonti umanizzanti. E poi, come ho imparato da Jacques Derrida, l’impossibile è la vera chance del possibile.

In apertura una foto di Olio Officina, con un particolare del dipinto di Juan de Valdés Leal (1622-1690), “Immaculate Conception of the Virgin”, with Two Donors, probably 1661, opera esposta al The National Gallery, London

Per commentare gli articoli è necessario essere registrati
Se sei un utente registrato puoi accedere al tuo account cliccando qui
oppure puoi creare un nuovo account cliccando qui

Commenta la notizia