Saperi

Gli olivi, l’olio, la casa dei misteri e la truffa sventata

Racconto. Un rudere disabitato ha attirato per anni la curiosità di molti, divenendo perfino meta di pellegrinaggi. Si vociferava da tempo di un tesoro mai visto, del quale l’ultimo Visconte di BragOlio, smemorato com’era, si era dimenticato. Poi, all’ombra degli olivi, accadde di tutto, con colpo di scena finale imprevisto e sbalorditivo. Con tanto olio, prezioso, del valore dell’oro, con cui brindare

Attilio Gatto

Gli olivi, l’olio, la casa dei misteri e la truffa sventata

La casa dei misteri stava in mezzo a un’enorme campagna, una radura immensa, senza né alberi né altre costruzioni. Si potrebbe dire che quella dimora era nuda. E anche male in arnese. Però s’intravvedevano i segni di un antico splendore. Era una casa di mattoni di prima qualità e, alle finestre, aveva uno stemma nobiliare stilizzato. Segno ch’era sorta tra ricchezza e cultura. Quel rudere disabitato attirava incredibilmente la curiosità di tutti. Si diceva che nascondesse un tesoro mai visto e che l’ultimo Visconte di BragOlio, nell’eclissarsi in una notte senza luna, inseguito dai creditori, smemorato com’era, si era dimenticato delle sue ricchezze. Del Visconte si persero le tracce, c’è chi disse che si era esiliato, chi lo diede per morto, chi scommise che con gli ultimi denari si era fatto una plastica facciale. Insomma, scomparso. Ma la casa, senza il suo padrone, suscitava ancora più interesse. Era meta di pellegrinaggi, non solo dal vicino paese di NatOlio, ma anche dai centri più distanti e fuori della provincia e della Regione e perfino gente da altri Stati.

Da una città lontana un giorno arrivò un certo Silvio Oliastro. Giunse appena mezz’ora prima di una bella ragazza della stessa città: lei si chiamava Holly, come la protagonista di “Colazione da Tiffany”, impersonata al cinema da Audrey Hepburn.

Silvio era un ragazzo semplice, buono, dotato d’un’intelligenza viva. A chi gli diceva: “Sei un genio”, Oliastro rispondeva con una sonora, contagiosa, risata che aveva la capacità di frantumare qualsiasi anche involontaria adulazione, ogni frase pescata negli scarti del linguaggio, che avesse soltanto la più pallida parvenza di placida banalità o orrenda disdicevole retorica.

Holly no, non era come le altre. Una smorfia innocente e furbetta le colorava il viso e in alcuni momenti, per chi avesse avuto la pazienza di osservarla, nessuno, proprio nessuno che si fosse lasciato minimamente andare, con le curve del cuore disponibili, affacciate al mondo, avrebbe potuto resisterle. Non era bella Holly, ma era molto di più, era una stella non tra le più luminose ma dotata di luce propria, perfettamente riconoscibile, una popolana che sapeva trasformarsi in principessa in un accenno di movenza, in un battito di ciglia.

Proprio quel giorno, eccezionalmente, la Pro Loco di NatOlio aveva organizzato una festa, non lontano dalla radura che sembrava una prateria. Il paese era antico di centinaia d’anni – case e strade medievali – e c’era la tradizione dell’olio. All’ombra degli ulivi la folla dei pellegrini – famiglie, single, coppie omogenitoriali – in allegria si sedettero ai tavolacci di legno provenienti dalle case del paese. Mangiarono e bevvero, o meglio assaggiarono l’olio buono, extravergine. Niente vino, non alcol a NatOlio. Un’economia, una tradizione che attirava turisti da ogni angolo del pianeta in tutte le stagioni. E non c’era chi non fosse soddisfatto. Ancor di più quando arrivò lo spettacolo, la musica. Con la sua frangetta dispettosa, il suo viso stravagante e la sua “mise” davvero originale, improbabile, Holly faceva pensare a Liza Minnelli e infatti di lì a pochi minuti un microfono comparve nella piccola pedana e lei subito se ne impadronì. In quel momento anche il più impercettibile rumore si trasformò nel regno del silenzio e Holly cominciò a cantare con una voce non certamente dotata di grande estensione, ma intonata, irregolare, intensa, accerchiata da pause e silenzi e dalla sinuosa versatilità del suo corpo. Era uno spettacolo per le orecchie e per gli occhi e Holly ne era terribilmente cosciente. “Lei mi ricorda una vecchia amica”, disse Silvio, approssimandosi con cautela. La giovane donna fece un respiro profondo, permettendo all’artista, che scaturiva dalla sua effervescente inclinazione, di riacquistare la propria identità quotidiana, lo guardò incuriosita e ribatté: “Un’amica. Sì, c’è sempre un’amica”.

Seguì una lunga, teatrale, pausa. Un silenzio assordante, stordente, che i due interruppero sfiorandosi la mano e accarezzandosi con uno sguardo rivolto di sbieco, apparentemente buttato lì, lasciato andare, come quando un attore grande e istrionico, capace di catturare, ammaliare, il pubblico, decida di liberarsi disinvoltamente di una battuta, piegandola ad una recitazione affrettata, eppure in grado di dare nuovo senso a quella frase, di rivitalizzarla, inquadrandola da un’angolatura assolutamente inaspettata. Di lì a carezzarsi le mani, ad avvicinarsi le labbra passò un pugno di secondi e, quando si baciarono, l’orchestra batté un colpo e tutti brindarono con un bicchiere d’olio buono.

Che raro momento di felicità. Interrotto da un messaggero che veniva dal paese. Il più ricco di NatOlio aveva fatto sapere che non poteva più aspettare, che quel rudere di casa e quella radura erano suoi. Li aveva comprati dagli antichi proprietari, con la clausola che avrebbero potuto viverci finché anche uno soltanto di loro fosse rimasto nella vecchia dimora. Ma ora che non c’era più nessuno aveva deciso di costruirci un insediamento di villette bifamiliari per ricchi avventori amanti del vino rosso. Il volto degli abitanti si fece cupo. Crollava la loro ricchezza, l’economia, la tradizione dell’olio. Fuggiva la vita semplice e l’allegria. Spariva l’unicità di NatOlio.

“Eppure. Eppure, un modo ci dev’essere”, disse Holly a Silvio. Bisognava fare i conti con la casa e con i suoi segreti. Si allontanarono verso la dimora, senza farsi vedere. Entrarono facilmente e si trovarono di fronte lo sfacelo, la rovina. Poi una voce, all’improvviso. Sotto i loro piedi. Un tappeto, lo spostarono e videro una botola. Difficile sollevarla, ma dopo qualche tentativo ci riuscirono.

Si calarono per una scaletta e videro un uomo. Era l’ultimo Visconte di BragOlio, aveva fatto finta di andarsene, ma in realtà s’era nascosto nel sotterraneo. Con le sue bottiglie. Migliaia di bottiglie che risalivano all’Ottocento, al Cinquecento, al medioevo. Olio, olio prezioso, del valore dell’oro. Il Visconte lo assaggiava e ne era incredibilmente ubriaco. Con quelle bottiglie che avevano forme originali, fantastiche, quasi irreali.

Parlò così il Visconte:” Vi ha detto che è tutto suo. Vero? E invece è un imbroglio. Carte false. Né io, né i miei antenati abbiamo venduto niente. Né lui avrebbe comprato se avesse saputo che la nostra ricchezza era l’olio. Non è un uomo che può apprezzarlo, né può sapere quanto vale.”

Così Holly e Silvio con il Visconte sventarono la truffa dell’uomo ricco. La vecchia casa fu rimessa a nuovo. Il Visconte fece da Cicerone. Il riccastro finì in prigione. La storia dell’olio del tempo che fu e anche quella dei tempi nostri attirò migliaia e migliaia di persone in paese. Holly e Oliastro si sposarono lì, nella radura che sembrava una prateria, e non si fecero mancare niente: brindarono con l’olio vecchio e con l’olio nuovo. Accanto alla casa dei misteri.

In apertura, foto di Olio Officina

TAG:

Per commentare gli articoli è necessario essere registrati
Se sei un utente registrato puoi accedere al tuo account cliccando qui
oppure puoi creare un nuovo account cliccando qui

Commenta la notizia