Saperi

Hans Küng e il dovere e il rischio del dialogo fino in fondo

Un omaggio al grande teologo svizzero, scomparso lo scorso 6 aprile. Egli scrisse: “Presupposto per un buon dialogo tra le culture è la conoscenza reciproca di ciò che divide e ciò che unisce in modo che possa esserci capacità di dialogo e non sussistano pregiudizi o stereotipi. Questa conoscenza della propria e dell’altra cultura deve possibilmente essere sperimentata e provata molto presto, in tenera età, meglio se messa in atto già nella famiglia. Persone di differenti provenienze geografiche e di diverse professioni hanno oggi bisogno di competenze interculturali”

Mario Campli

Hans Küng e il dovere e il rischio del dialogo fino in fondo

Hans Küng, affrontando gli studi sulle tre religioni monoteistiche (il «Progetto sulla situazione spirituale del tempo»), con “approccio interdisciplinare e una visione multidimensionale”, afferma:

“Un’impresa simile può essere affrontata soltanto perché con l’analisi dei paradigmi si dispone di un’impostazione teorica e degli strumenti che sono stati già studiati metodicamente nei miei libri «Teologia in cammino, una fondazione ermeneutica» (1987) e «Progetto per un’etica mondiale (1990)», e hanno già avuto una verifica, per quanto riguarda il bilancio storico, in «Ebraismo – Das Judentum» 1991 [Ebraismo, Bur Rizzoli, 7° edizione, 2017].

“Il metodo usato in questo libro è stato da me descritto e giustificato nel precedente scritto programmatico «Progetto per un’etica mondiale», del 1990. L’applicabilità, messa in dubbio da pochi ignari recensori, della «Teoria dei paradigmi» alla storia delle religioni è stata legittimata dal punto di vista ermeneutico già in «Teologia in cammino, una fondazione ermeneutica» del 1987, e viene ora dimostrata ad oculos”.

Emerge, qui, un’aspra discussione apertasi, sia in campo accademico (anche Tubinga!) sia nei vari settori delle religioni e delle teologie e… delle ‘chiese’. Mai superata, e mai affrontata fino in fondo. Era più facile attaccarlo su questioni secondarie (quali: assolutismo papale; sacerdozio alle donne: cose già da secoli affrontate e risolte nel cristianesimo – la riforma protestante – e dalla filosofia della modernità in poi… ‘il dito e la luna’…).

In: «Cristianesimo essenza e storia – Das Christentum 1994 [Cristianesimo, essenza e storia, BUR Rizzoli, febbraio 2005.], Hans Kung scrive:

“Pensare in base a paradigmi significa piuttosto: comprendere la storia nelle sue strutture dominanti e con le sue figure più incisive. Pensare in base a paradigmi significa analizzare le diverse costellazioni complessive del cristianesimo, anzitutto la loro origine, poi la loro maturazione e (anche se descritta solo brevemente) sclerotizzazione. Pensare in base a paradigmi significa descrivere la sopravvivenza nel presente di paradigmi irrigiditi nella tradizione” (p. 10).

“Bisogna distinguere tra le informazioni, quali sono indispensabili, quali utili e quali inutili, tra il puro sapere informativo e il necessario sapere informativo. A che servono tutte le informazioni senza un orientamento di fondo? Nel libro «Progetto per un’etica mondiale» ho già esposto i motivi per cui, per darsi questo orientamento di fondo, mi sembra uno strumento molto appropriato la teoria dei paradigmi. (…) L’analisi dei paradigmi rende cioè possibile una enucleazione delle grandi strutture e trasformazioni storiche, mediante una concentrazione contemporanea sulle costanti fondamentali e sulle variabili decisive. (p. 72)

In: «Islam- Der Islam» 2004 [Islam, passato, presente e futuro– BUR Rizzoli, Milano, 4° edizione 2015], torna a scrivere:

“Questo metodo ha dato pienamente buona prova di sé negli anni Novanta, sia in Ebraismo, sia in Cristianesimo. (…) Pensare per paradigmi significa comprendere la storia nelle sue strutture dominanti e figure caratterizzanti. Pensare per paradigmi significa analizzare le diverse costellazioni complessive dell’Islam, la loro origine, poi la loro maturazione e spesso il loro fossilizzarsi. Pensare per paradigmi significa, infine, descrivere la sopravvivenza nel presente dei paradigmi irrigiditi nella tradizione, e mostrare l’ascesa del nuovo paradigma e in questo modo, forse, indicare delle prospettive per il futuro” (pp. 10-11).

“Anche il cattolicesimo romano ha reso a lungo omaggio a una concezione organico-idealista della storia. Se si continuasse ad aggiungere per ogni secolo, sempre un «anello» per ogni anno dell’albero della chiesa, non ci sarebbero né rotture, né discontinuità, né capovolgimenti. Un tale concezione della storia, oggi seriamente poco considerata nel cristianesimo, deve cedere di fronte alla realtà storica” (p. 178).

“Ecco cosa intendiamo, seguendo Thomas S. Kuhn, con paradigma: «una intera combinazione di circostanze costituita da convinzioni, valori, tecniche ecc., condivisi dai membri di una comunità». In precedenti pubblicazioni ho motivato punto per punto la convinzione che sia possibile, e inoltre importante ed urgente, trasporre la teoria dei paradigmi (nel senso del macro-paradigma) dall’ambito delle scienze naturali a quello della religione e della teologia”.

Il 24 aprile 2013, nel Discorso di commiato (Passaggio di consegne all’Università di Tübingen) interamente dedicato al lavoro collettivo sul “Progetto di Etica Mondiale/Weltethos”, l’ottantacinquenne professor Hans Küng dichiara, a proposito della «Dimensione interculturale e tra religioni e culture»:

“Presupposto per un buon dialogo tra le culture è la conoscenza reciproca di ciò che divide e ciò che unisce in modo che possa esserci capacità di dialogo e non sussistano pregiudizi o stereotipi. Questa conoscenza della propria e dell’altra cultura deve possibilmente essere sperimentata e provata molto presto, in tenera età, meglio se messa in atto già nella famiglia, negli asili nido per poi essere approfondita tutti i giorni nella scuola. Persone di differenti provenienze geografiche e di diverse professioni hanno oggi bisogno di competenze interculturali perché si incontrano oggi persone di religioni e di culture diverse, si incontrano modi di vivere ai quali spesso si è estranei per cui, senza un approccio amichevole, non è possibile alcuna convivenza libera e pacifica. Hans Küng, pertanto, ha impostato la ricerca della vita (lo studio concomitante delle tre religioni monoteistiche, teso ad una “prassi teologicamente fondata di un concreto ecumenismo”) su questa duplice acquisizione:

a) La compenetrazione delle due realtà «religione» e «cultura»;

b) La trasposizione della teoria dei paradigmi (nel senso del macro-paradigma) dall’ambito delle scienze naturali a quello della religione e della teologia.

PS

Thomas S. Kuhn è uno dei più noti epistemologi post-popperiani, che sono venuti sviluppando le loro teorie della scienza sempre a più stretto contatto con la storia della scienza. Al centro degli interessi di Kuhn, in particolare nella sua opera «La struttura della rivoluzioni scientifiche» (Chicago 1962- trad. ita. Torino, 1999), c’è la storia della scienza, come mezzo particolarmente efficace per comprendere le stesse strutture della scienza. Il problema principale per il filosofo, come per altri epistemologi suoi contemporanei, è quello della sostituzione del concetto di “rivoluzione” scientifica con quello del “passaggio” da un paradigma all’altro.

Nella foto di apertura, Hans Küng da giovane, (Sursee, 19 marzo 1928 – Tubinga, 6 aprile 2021)

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