Saperi

I dieci libri secondo Visintin

Ogni lettura che facciamo è importante per la nostra formazione, come pure per connotare e delineare la nostra personalità. Eppure, paradossalmente, in Italia si continua ancora a leggere poco, nonostante la scolarizzazione ormai capillare. Quali titoli ci propone il giornalista e scrittore Valerio M. Visintin? Il critico gastronomico del “Corriere della Sera” elenca autori di spessore che andrebbero tutti rivalutati

Olio Officina

I dieci libri secondo Visintin

Giornalista e critico gastronomico, Valerio Massimo Visintin recensisce ristoranti e locali per il “Corriere della Sera”. Autore per le edizioni Terre di Mezzo dei volumi Osti sull’orlo di una crisi di nervi, L’ombra del cuoco e Il mestiere del padre, ama restare in incognito anche quando si presenta in pubblico in veste di relatore a convegni e dibattiti.

Ci tiene molto a non essere riconosciuto, così da essere pienamente libero di esprimere il proprio giudizio senza condizionamenti. Non è un caso che tutte le volte che appare in scena lo si vede sempre mascherato. E’ stato ospite di Olio Officina Festival riscuotendo un grande consenso per i suoi acuti (e puntuti) interventi.

“Non impareremo mai a scrivere, se non ci hanno insegnato a leggere. È un precetto persino banale nella sua manifesta verità. Eppure, sottostimato in un’epoca di incontinenza verbale senza freni.” Non usa mezzi termini Visintin.

“Noi esistiamo – dice – soltanto se lasciamo una traccia scritta da qualche parte: sui social, sui blog, sulle testate on line o persino sulla vecchia e patetica carta. Occorre un attestato pubblico per appropriarsi di se stessi, tastarsi il polso e sentire che batte. La grammatica, lo stile e i modi del nostro linguaggio, invece, non hanno alcuna importanza. Perché comunicare è un obiettivo secondario, un trascurabile effetto collaterale”.

“Polemiche a parte – aggiunge – ecco i dieci libri ai quali debbo molto di me stesso”.

I DIECI (E PIU’) LIBRI DI VALERIO M. VISINTIN

Luciano Bianciardi, La vita agra (1962)

Bianciardi, con la sua ironia asciutta e metodica, non somiglia agli autori che amo. Tuttavia, in questo libro di ambientazione milanese, racconta come nessun altro le quotidiane miserie di una professione contigua alla mia. E, al tempo stesso, le lacerazioni di una società produttiva a scartamento ridotto di umanità. Un formidabile anticipo della vita agra che viviamo oggi.

Achille Campanile, Ma cosa è questo amore? (1927)

Non so dire se sia il libro più riuscito di Campanile. Ma è certamente il primo che ho letto. Ed è esilarante. Lo sfoglio ancora, almeno una volta all’anno, con identico divertimento quando l’umore è grigio. Campanile genera umorismo estremizzando la logica dei luoghi comuni linguistici e delle convenzioni. È il nostro Wodehouse.

Fortebraccio (Mario Melloni), Facce da schiaffi (2009), raccolta curata da Mario Battaglia e Beppe Benvenuto

Al di sopra di ogni pregiudizio politico, Fortebraccio (al secolo Mario Melloni) è il più straordinario umorista che il giornalismo italiano abbia mai avuto. Battutista elegante e fulmineo, colto e lieve. Ma non privo di una acuminata crudeltà. Ha sbertucciato i tic della politica italiana per tre lustri dalla prima pagina dell’Unità (dal 1967 all’82).

Primo Levi, Se questo è un uomo (1947); La tregua (1963)

Due libri di profonda intensità. Vanno letti in sequenza. Il primo è il racconto straziante della deportazione ad Auschwitz. Il secondo è il diario, a tratti persino ironico e gioioso, di una fuga senza resurrezione.

Giuseppe Marotta, Marotta Ciak (1958)

Giuseppe Marotta è, a mio parere, il più geniale e coinvolgente scrittore italiano. È stato difficile selezionarne una sola opera. Alla fine, ha prevalso il mio status professionale di critico gastronomico. E ho optato per una raccolta di recensioni cinematografiche (pubblicate su Panorama negli anni Cinquanta). Un testo che dovrebbe essere imposto per decreto legge a chi volesse fare critica, in qualsiasi settore.

Ercole Patti, Quartieri alti (1940)

Le migliori pagine di Ercole Patti sono in questi quadretti spietati e fulminei, che ritraggono la borghesia capitolina e le sue immediate propaggini.

Edmond Rostand, Cyrano de Bergerac (1897)

Non è soltanto una favola di antico romanticismo. È la storia di un eroe malinconico e ruggente. Guascone, indomabile, orgoglioso della propria rettitudine proclamata nei “no, grazie!” di un suo celebre monologo. Ho la segreta presunzione di somigliare un po’ a Cyrano, al netto del suo naso. Ma è chiaro che non oserò mai confessarlo.

Georges Simenon, Il Commissario Maigret (1930 – 1972)

Impossibile eleggere una avventura su tutte. Settantacinque i romanzi sulle indagini di Maigret, il più umano e terreno tra gli investigatori letterari.
Simenon ha una prosa veloce; stringe il linguaggio, ma riesce a penetrare nelle profondità psicologiche dei fatti e dei personaggi.

John Steinbeck, L’inverno del nostro scontento – The Winter of Our Discontent (1961), tradotto in italiano, guarda un po’, da Luciano Bianciardi…

Un apologo sulla vita e sulle sconfitte alle quali ci espone. La penna di Steinbeck è magnificamente moderna. Ci sono pagine che ho riletto cento volte. Ed è un maestro nella sceneggiatura dei dialoghi.

Dizionario della lingua italiana

Sceglietene uno qualsiasi. Magari non troppo recente, perché negli ultimi anni si sono messi in gara per vantare inutilmente nuovi vocaboli. E consultatelo una volta al dì, prima e dopo pasti. Le parole, in fondo, sono una medicina.

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