Saperi

I giardini di Pia Pera

Le malattie, si sa, a volte si traducono in una condanna, soprattutto quando si è certi della fine e le speranze sono ormai vane. Lo sapevamo tutti, anche perché la stessa autrice lo ha pubblicamente, e serenamente, confidato in un libro, Al giardino ancora non l'ho detto, toccante ed esemplare nei toni e nei contenuti, là dove parla alle sue piante come fossero figlie. Coltivando la terra - recita il sottotitolo di un suo libro - si coltiva anche la felicità

Olio Officina

I giardini di Pia Pera

“Per molti versi – scrive l’editore Luigi Spagnol, nel presentare l’ultimo e più recente libro di Pia Pera, Al giardino ancora non l’ho detto, uscito proprio quest’anno per i tipi di Ponte alle Grazie – avrei preferito non dover pubblicare questo libro, che non esisterebbe se una delle mie scrittrici preferite – non posso nemmeno incominciare a spiegare l’importanza che ha avuto nella mia vita, professionale ma soprattutto personale, il suo Orto di un perdigiorno – non si trovasse in condizioni di salute che non lasciano campo alla speranza. Eppure. L’orto di un perdigiorno si chiudeva con una frase che mi è sempre sembrata un modello di vita, un obiettivo da raggiungere: «Ho la dispensa piena». Oggi questa dispensa, forse proprio grazie alla sua malattia, Pia ha trovato modo di aprircela, anzi di spalancarcela. E la scopriamo davvero piena di bellezza, di serenità, di quelle che James Herriot ha chiamato cose sagge e meravigliose, di un’altra speranza. È davvero un dono meraviglioso quello che in primo luogo Pia Pera ha fatto a se stessa e che poi, per nostra fortuna, dopo lunga riflessione ha deciso di condividere con i suoi lettori. Non posso aggiungere molto, se non raccomandare con tutto il mio cuore la lettura di un libro che, come pochi altri, ci aiuta a comprendere la straordinaria avventura di stare al mondo”.

INVITO ALLA LETTURA

Il giardino che vorrei (Ponte alle Grazie, 2016)

“‘Il giardino che vorrei’ mi sarebbe piaciuto leggerlo all’inizio, quando ho avuto a mia disposizione un podere: ero piena d’amore e d’entusiasmo, ma le mie idee erano quanto mai vaghe. Adesso sarei pronta a ricominciare da capo, non fosse che – nel frattempo – mi sono affezionata al mio, seppure imperfetto, giardino”. Così Pia Pera racconta cosa l’ha spinta a scrivere queste pagine: accompagnare chi intraprende l’avventura con la terra considerando nove scenari possibili: acqua, sole, ombra, mare, pianura, collina, montagna, città e orto. A ciascuna evocazione di queste nove “scene primarie” segue un “dietro le quinte” dove si suggerisce come realizzare i nostri desideri botanici: che piante scegliere, come ospitarle al meglio. Sono i consigli e i punti di vista di una scrittrice che trafficando all’aria aperta ha trovato serenità e saggezza, desiderio e appagamento, spiritualità e concretezza. E l’ispirazione più potente per la sua straordinaria e sensuale produzione letteraria.

L’orto di un perdigiorno. Confessioni di un apprendista ortolano (Tea, 2015)

Un orto o un giardino fuori casa sono capaci di donare un grande senso di pace e di pienezza. È quella beatitudine che fa assaporare il vento, le nuvole nel cielo, il pendio di una collina, uno scroscio di pioggia. In questo libro Pia Pera trasmette il senso di questa felicità descrivendo il suo apprendistato nei campi, la sua nuova vita in un podere della campagna toscana dove ha cercato di riannodare il legame spezzato con la terra. E suggerisce anche che invertire il senso di marcia di un’economia che sta distruggendo il nostro pianeta è possibile.

Le vie dell’orto. Coltivare verdura e frutta sul balcone, sul davanzale o in piena terra e difendere il proprio diritto alla semplicità, (Terre di Mezzo, 2012)

Massimo e i pomodori sfemminellati, il Maestro Angelo, i chicchi e le bacche di Emanuela, Franco il “bricoleur”, la Signora Rosina che regala cavolfiori e zucchine al primo che incontra per strada… Pia Pera entra negli orti di tredici ortolani per raccontarci l’amore che li lega alla terra e svelarci alcuni semplici accorgimenti per coltivarla, sia in campagna sia in città, anche solo sul terrazzo o sul balcone di casa. “Ci tenevo a trasmettere il sapore e il gusto di certe vite trascorse in un sereno corpo a corpo con la terra” spiega l’autrice. Perché oggi occuparsi dell’orto è una passione controcorrente, quasi un percorso interiore: “Nel mio apprendistato ho conosciuto persone meravigliose in cui ho trovato qualcosa di prezioso, qualcosa di cui vorrei restasse traccia, e soprattutto la forza d’animo necessaria a difendere il nostro diritto più osteggiato: quello alla semplicità”.

Giardino & orto terapia. Coltivando la terra si coltiva anche la felicità (Salani, 2010)

Due passi in giardino, cesoie alla cintola. Qui un rametto da potare, là una zucca da legare. Sugo di more mature, velluto di pesche e albicocche. Uno spazio di verde si apre nell’anima, un bisogno prepotente che ci spinge a cercare altri spazi, luoghi fisici in cui ripetere quei gesti così efficaci: dissodare, piantare, annaffiare, potare. Un mondo intero di cui prendersi gioiosamente cura: che sia un incolto in cui lanciare manciate di semi o un giardino anche di soli vasi, un terreno abbandonato cui permettere di diventare bosco o una siepe dove ospitare uccelli, un orto fiorito da cui farsi nutrire. Filosofi e pensatori contemporanei hanno concepito e promosso la cura del giardino per restituire al mondo la sua anima vegetale, senza cui nessun animale potrebbe sopravvivere. Pia Pera, scrittrice e giardiniera appassionata, racconta come riconnettersi alla rete della vita, ristabilire il corpo a corpo con la natura, attraverso semplici gesti d’affetto verso la terra e le sue creature.

Contro il giardino. Dalla parte delle piante (Ponte alle Grazie, 2007: scritto con Antonio Perazzi)

Cosa vuoi dire essere dalla parte delle piante ma contro il giardino? Sulla scia di un senso di saturazione di fronte a spazi verdi sopraffatti dal design e dal mercato, dove le piante vengono trattate come oggetti, violate nei loro tempi e modi di crescita, piegate alle mode col loro ordine effimero, una scrittrice e un paesaggista iniziano uno scambio epistolare. Di lettera in lettera emerge una poetica che, attraverso la cura del paesaggio e del patrimonio botanico, osa un’intensa dichiarazione d’amore per il giardino inteso come il luogo privilegiaro dove si rinnova il nostro dialogo interiore con la natura, ricordandoci quanto noi stessi ne facciamo parte.

La bellezza dell’asino (narrativa; Marsilio, 1997)

Cimentarsi nel genere erotico, con il giusto distacco e la scintillante resa dell’ironia, è la difficile scommessa vinta da Pia Pera, studiosa di russo, che esordisce in letteratura con questi racconti. La casistica dispiegata riserva qualche sorpresa: accanto al classico ragazzo perbene e al regista geniale e nevrotico si trovano nientemeno che la virginale Tatiana e il cinico Eugenio Onegin, prelevati dalle pagine di Puskin e reincarnati in una modella e in un gatto. Le donne recitano i ruoli più arditi, in questi racconti.

Diario di Lo (narrativa; Marsilio, 1995)

Capita che personaggi lasciati semimuti dai loro creatori insistano per parlare in proprio. “Partita da un amore per Lolita non inferiore a quello di Humbert Humbert e dal desiderio di risarcire nel suo nome tutti coloro cui è stata rubata l’infanzia”, Pia Pera sente in Lolita tutta la disperazione dei minori di fronte all’egoismo, alla cecità, all’incomprensione degli adulti. Ma preferisce le storie a lieto fine, dove le eroine non muoiono, ma raccontano una sopravvivenza fatta di intelligenza, talento, capacità di seduzione “multipla e rinforzata”.

La foto di apertura è tratta da Internet

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