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Il conte De Gasparin e la teoria economica dell’azoto

I grandi agronomi della storia. Traduttore coerente dei principi di Comte sul terreno delle scienze agrarie, concepisce il disegno di un grande trattato in cui trovino la propria collocazione tutte le conoscenze agrarie, ordinate secondo un disegno che faccia di ogni disciplina - la scienza del suolo, la meccanica, l'economia, la teoria delle coltivazioni - edificio costruito sviluppando un unico assioma naturalistico assunto quale cardine logico

Antonio Saltini

Il conte De Gasparin e la teoria economica dell’azoto

La fame fondamento di valore

L’Ottocento è il secolo del positivismo, una dottrina che il lessico comune designa col termine “materialismo”, un vocabolo espressivo siccome la filosofia di Auguste Comte, il fondatore della filosofia “positiva”, riduce la vita umana, la storia, l’arte e la religione all’espressione delle leggi della materia: l’operare dell’uomo nel tempo non costituirebbe che il prodotto dell’interazione di forze fisiche, chimiche, elettriche, fisiologiche. La filosofia positivistica suggella il pensiero di un secolo perché anche gli avversari di Comte, pensiamo a Karl Marx, che verso Comte proclama sufficienza e disprezzo, professano una concezione dell’uomo e delle sue manifestazioni spirituali perfettamente coincidente a quella del filosofo francese.

Siccome hanno sempre trascurato il contributo degli agronomi al procedere delle conoscenze umane, gli storici della scienza non hanno mai rilevato il contributo alla concezione positivistica della società di un agronomo francese, il conte Adrien de Gasparin, autore del più impegnativo tentativo della scienza del suo tempo di elaborare una concezione dei rapporti economici sul fondamento di “positivi” calcoli chimici, il tentativo più ardito, nella storia delle scienze sociali, di fondare sulla chimica la dottrina economica.

La scienza economica è nata all’alba dell’ultimo quarto del Settecento per opera di un filosofo scozzese, Adam Smith, che ha riassunto e ordinato le riflessioni dei pensatori precedenti sulla produzione, lo scambio ed il consumo dei beni cui gli uomini attribuiscono un valore venale. Al primo posto tra i beni cui la società umana attribuisce un valore Smith ha posto quelli capaci di soddisfare il più fondamentale tra i bisogni umani, la fame. Alla fame ha strettamente correlato il lavoro, l’attività umana necessaria per produrre qualunque bene economico: anche i frutti selvatici che crescono spontaneamente nelle foreste richiedono, per acquistare valore, l’opera di chi li colga e li trasporti sul mercato dove verranno scambiati per denaro.

La constatazione di Smith che alle fondamenta di tutti gli scambi economici vi sia la conversione degli alimenti in lavoro apre il quesito se il valore economico sia essenzialmente una peculiarità dei primi o del secondo, un quesito di difficile soluzione, siccome esiste una pluralità di beni privi di valore nutrizionale, che sono scambiati, tuttavia, a prezzi ingenti, e siccome lo stesso lavoro viene pagato, in circostanze diverse, con entità diverse di alimenti. Il valore deve reputarsi, allora, peculiarità dei metalli preziosi, il mezzo solitamente impiegato per commutare il valore di beni diversi? L’esperienza storica mostra che anche i metalli preziosi mutano il proprio valore in rapporto a tutti gli altri beni. Neppure il rapporto secondo il quale i due metalli più rari, l’argento e l’oro, sono scambiati tra loro è stabile: la storia economica ne ha registrato più di una fluttuazione.

Le istanze positivistiche che hanno coinvolto, nei primi decenni dell’Ottocento, tutto il pensiero scientifico sospingono la dottrina economica a interrogarsi sull’essenza del valore alimentando la ricerca di un metro “obiettivo”, tale cioè da sottrarre la misura del valore a tutte le oscillazioni del mercato. Marx, sappiamo, risponde a quell’istanza fissando il fondamento del valore nel lavoro: stabilendo il suo assioma, trascura, palesemente, che un lavoro inefficiente non vale nulla o quasi sulla, come proverà, inequivocabilmente, la produzione delle fabbriche dei regimi politici che porteranno il suo nome. Con coerenza certamente superiore ai dettami della scienza “positiva” Adrien de Gasparin asserisce che il metro del valore è la quantità di azoto contenuto negli alimenti.

Se gli alimenti sono, come ha asserito Smith, i più essenziali tra i beni scambiati, e se, come hanno dimostrato le prime analisi chimiche, gli alimenti possiedono un  potere nutrizionale e un valore mercantile diverso in relazione al proprio contenuto in azoto, è nell’azoto che deve identificarsi l’essenza del valore economico, negli scambi di azoto tra il suolo e le piante la chiave dei processi naturali sul cui controllo si fonda l’agricoltura. Gli scambi di azoto sono il fondamento, quindi, su cui costruire una nuova dottrina agronomica.

Un ufficiale di Napoleone

Adrien Etienne de Gasparin è discendente di una famiglia corsa trapiantata, durante il Seicento, a Orange, nel Midi francese. Per una singolare coincidenza storica suo padre ha prestato l’impulso determinante al sorgere dell’astro di un giovane ufficiale  corso ardente di ambizione ma privo di amicizie influenti: durante l’assedio di Tolone, nel consiglio di stato maggiore tenuto prima di sferrare l’attacco alla città occupata dalla marina inglese il tenente Bonaparte ha proposto un piano in contrasto con la concezione tradizionale dell’offesa di una piazzaforte assediata, il generale De Gasparin ha riconosciuto la genialità di quel piano, lo ha sostenuto contro l’opposizione degli scettici, alla fine lo stato maggiore lo ha approvato. Tolone viene espugnata, è la prima vittoria di Napoleone, che del successo serberà la riconoscenza al commilitone più anziano, che annovererà tra i consiglieri più ascoltati, assicurando, nel proprio testamento, ai suoi figli un sostanzioso lascito.

Figlio di un militare, anche Adrien inizia la carriera delle armi come ufficiale di cavalleria. Partecipa a più di una delle grandi battaglie napoleoniche, fino a quando, a Eylau, viene gravemente ferito. Abbandonate le armi dopo lo scontro che segna il primo offuscarsi dell’astro di Bonaparte, orienta la vita secondo due diverse coordinate: la politica e la scienza. Sul primo terreno i suoi successi si susseguono incalzanti: prefetto della Loira e dell’Isère, poi del Rodano, nominato alla Camera dei pari, sottosegretario, quindi, nel 1836, ministro degli interni e dell’agricoltura, ha toccato le vette della parabola politica quando, paradossalmente, l’ascesa al potere di Napoleone III esclude dalla cerchia di governo il pupillo di Napoleone I, illuso, nel 1850, dalla nomina di direttore dell’istituto agronomico fondato sui terreni reali di Versailles, che viene soppresso, però, due anni dopo, col licenziamento del direttore.

Seppure veda dissolversi il sogno di dirigere una grande istituzione scientifica, l’ozio politico costringe l’antico ufficiale di cavalleria ad un’assiduità maggiore per la seconda sfera della sua passione, l’agronomia, quell’assiduità da cui prende vita la maggior parte dei sei volumi del Cour d’agricolture, forse il più vasto e più organico trattato agronomico dei decenni successivi alla pubblicazione dell’opera cardinale di Thaer.

Il progetto, la sua esecuzione

Traduttore coerente dei principi di Comte sul terreno delle scienze agrarie, De Gasparin concepisce il disegno di un grande trattato in cui trovino la propria collocazione tutte le conoscenze agrarie, ordinate secondo un disegno che faccia di ogni disciplina, la scienza del suolo, la meccanica, l’economia, la teoria delle coltivazioni, edificio costruito sviluppando un unico assioma naturalistico assunto quale cardine logico. Quel cardine consiste nella legge degli scambi dell’azoto, elemento chiave pedologico, biologico, economico. E’ un progetto di assoluta originalità e di evidente ambizione. La sua originalità si misura constatando che quando vede la luce il primo volume del Cours, nel 1843, è appena da tre anni che Liebig ha pubblicato l’Organische Chemie, il manifesto della nuova agronomia fondata sulla chimica, e che è nello stesso anno che viene stampata l’Economie rurale di Jean Baptiste Boussingault, il chimico che negli anni successivi offrirà alcuni dei contributi capitali alla definizione del ruolo agronomico dell’azoto. Quando il conte francese immagina di fondare un trattato agronomico sugli scambi di azoto il suo proposito è in anticipo su tutta l’agronomia europea.

Il progetto è, insieme, oltremodo ambizioso: esso presuppone, infatti, di piegare alla logica di una serie di principi chimici le leggi di discipline separate dalla chimica da distanze cospicue, prime tra tutte la meccanica e l’economia. Le difficoltà del proposito avrebbero potuto essere meglio affrontate, peraltro, da un uomo che potesse dedicare interamente il proprio tempo alla sperimentazione e alla lettura: gli anni in cui De Gasparin lo affronta sono, invece, anni di intenso impegno politico e amministrativo. Lo studioso francese dedica alla stesura dei primi volumi le ore sottratte ad una fervente vita pubblica, quando, peraltro, l’eclissi politica gli restituirà la libertà di profondersi per la propria creatura, una grave malattia gli sottrarrà precocemente le forze e la lucidità: per pubblicare il sesto volume sarà un discepolo a sopperire all’impossibilità del maestro raccogliendo una serie di scritti precedenti, ma la miscellanea che ne nascerà sarà cosa assai diversa da quell’originale teoria agronomica che indizi significativi ci inducono a credere De Gasaprin volesse illustrare nell’ultimo volume della sua opera maggiore.

Principi di scienza del suolo

Seppure il lettore debba riconoscere che l’edificio del Cours, quale viene prendendo forma  nei sei onerosi volumi che lo compongono, non soddisfi pienamente le attese concepite leggendo, nel primo, le premesse che lo hanno ispirato, non v’è dubbio che nel grande trattato francese anche il critico più severo deve riconoscere più di un capitolo di rilievo cospicuo. Tra tutti De Gasparin offre un contributo determinante al progresso delle conoscenze agrarie nei capitoli che dedica alle proprietà fisiche del suolo. Lo studio del suolo ha conosciuto precorrimenti geniali nei trattati dei grandi agronomi dell’antichità: più di un’intuizione luminosa sulla natura del terreno si può riconoscere nelle pagine di Columella, di Ibn al Awam, di Agostino Gallo. Non v’è dubbio, tuttavia, che un’autentica scienza del suolo inizia solo quando della terra si cominciano a misurare le proprietà fisiche, col proposito di stabilire le correlazioni di ciascuna con quella caratteristica proteiforme che le compendia tutte, la fertilità. Il primo agronomo a misurare “positivamente” le proprietà del terreno è Adrien de Gasaprin.

La precisione storica impone di annotare che le indagini dell’agronomo francese hanno un precedente nelle ricerche di uno scienziato elvetico, Gustav Schuebler, che nel 1816 ha pubblicato sulla Bibliotheca britannica i risultati di una serie di esperimenti diretti a stabilire i criteri per la misura delle principali proprietà fisiche del suolo. Ma come sul terreno della fisiologia vegetale la fondamentale scoperta della fotosintesi da parte dell’elvetico De Saussure, lo schivo aristocratico sconosciuto ai circoli scientifici europei, è stata ignorata fino a quando ne ha dimostrato il rilievo un protagonista del proscenio agronomico internazionale, Justus Liebig, per la fisica del suolo i rilievi capitali di Schuebler restano mero legato della storia della scienza fino a quando lo studioso francese li estrapola da una rivista per cultori di conoscenze astratte e li introduce in un testo destinato alla formazione di una generazione intera di agronomi europei.

Premessi rilievi essenziali sulle dimensioni delle particelle del suolo, l’elemento mineralogico che insieme al contenuto organico, che l’agronomo francese non considera, determina tutte le peculiarità di una terra, De Gasparin affronta l’esame di undici proprietà dei terreni: il peso specifico e il peso di volume, la tenacità, la coesione, la capacità di ritenzione idrica, l’igroscopicità, la rapidità di essiccazione, l’attitudine alla contrazione per disseccamento, la permeabilità all’ossigeno, la conducibilità calorica, la capacità a riscaldarsi in seguito all’irraggiamento luminoso: insieme una serie di caratteristiche la cui sommatoria ci fornisce l’identità di un terreno, quell’identità che risponde già ai quesiti essenziali che, per catalogare un suolo, si proporrà la pedologia moderna.

Sistemi agronomici nella storia delle società

Sarebbe, per l’agronomo, impresa non priva di interesse verificare i metodi di analisi che lo scienziato francese propone per valutare ciascuna delle peculiarità fisiche che insegna a misurare, essa sarebbe, peraltro, alquanto laboriosa. Per fissare, comunque, il ruolo del conte De Gasparin nella storia del cammino che ha portato gli studi agronomici alle conquiste più recenti è essenziale ribadire che per l’autore francese le proprietà fisiche non costituiscono che caratteri complementari della peculiarità essenziale per determinare il valore di un terreno: il suo contenuto in azoto, che De Gasparin insegna a quantificare mediante un procedimento analitico oltremodo complesso, eppure già perfettamente funzionale.

E’ il contenuto di azoto, infatti, in coerenza ai principi cui ha ispirato l’edificio del Cours, la proprietà che determina la produttività di ogni terreno, che De Gasaprin assume a elemento chiave delle potenzialità di un suolo facendone  il fondamento dello stesso valore fondiario di un appezzamento. Desumere il valore di un campo dal suo tenore di azoto è il corollario che lo scienziato francese ricava dagli assiomi della sua teoria con tanta sicurezza da elevarlo a caposaldo di una nuova concezione dell’estimo agrario, che pretende di sottrarre all’aleatorietà dei criteri di stima tradizionali trasponendolo nella sfera delle certezze consentite dall’analisi chimica. La deduzione può lasciare perplesso il critico moderno, che deve ricordare, per obiettività,  che al momento della compilazione del Cours i concimi azotati di sintesi non hanno ancora fatto il proprio ingresso sulla scena agraria, e che per ripristinare la dotazione chimica di un terreno depauperato da anni di coltura di rapina è necessaria l’erogazione di centinaia di carri di letame, un’erogazione lenta e costosa il cui prezzo deve essere sottratto, al momento della compravendita, dal valore del terreno.

Al di là, peraltro, dell’applicazione nella sfera dell’estimo, dove può essere ritenuto di  validità discutibile,  l’assioma del valore preminente dell’azoto nelle relazioni tra il suolo, gli alimenti e l’economia umana mostra, nello sviluppo del disegno di De Gasparin, la propria fecondità nell’analisi dei “sistemi agrari”, che lo scienziato francese realizza in uno dei capitoli più originali del Cours. Sistema agrario  è, per De Gasparin, l’ordito dei rapporti stabiliti, in ogni epoca storica, da una società umana con le risorse del territorio sul quale vive. Il sistema  più primitivo di sfruttamento delle risorse naturali è la caccia, la pratica per la quale i primi gruppi umani vivevano della predazione degli animali cresciuti spontaneamente nello spazio geografico su cui  avessero imposto la propria signoria. Sistema di sfruttamento più evoluto è la pastorizia, la pratica secondo la quale l’uomo non uccide più, a caso, gli animali cresciuti liberamente, ma, scelta una o più specie da tutelare, ne sacrifica sistematicamente individui prefissati in numero, età e sesso. Il primo sistema di natura autenticamente agricola è, per De Gasparin, il sistema celtico, consistente nella coltivazione di ogni appezzamento fino a quando, esaurite le scorte di azoto, la sua produttività si contrarrà senza più ripagare la fatica della coltura: esso sarà abbandonato, allora, alla prateria o al bosco, e la coltivazione verrà spostata dove la prateria e la macchia avranno ripristinato le condizioni originarie di fertilità.

Ogni sistema agrario consente la conversione di quantità determinate di azoto dell’humus nel contenuto di azoto di un cereale o di un foraggio. L’azoto del foraggio si trasformerà nell’azoto dei prodotti animali, il latte e la carne. Secondo la quantità di azoto di cui consente la conversione, ogni sistema consente la produzione di un’entità definita di proteine alimentari, permette, quindi, la sopravvivenza, su quel territorio, di un numero definito di esseri umani. Ogni sistema agrario caratterizza, perciò, una tappa dell’evoluzione dei rapporti tra l’uomo e la terra, un’età specifica della civiltà.

Tra le illusioni che ha alimentato, il positivismo, quello di Comte come quello di Marx, ha preteso di stabilire la successione, necessaria e inviolabile, delle tappe della società umana: agronomo positivista, Adrien de Gasparin adempie con fedeltà agli imperativi della filosofia del suo tempo stabilendo la successione, nella storia, dei sistemi agrari. Formulando quella successione pretende di fissare un ordine necessario: come quella postulata dai maestri del pensiero ottocentesco la successione necessaria che disegna è una chimera sfuggente. Perseguendo quella chimera insegna, tuttavia, a indagare sui rapporti essenziali tra le società umane e le risorse della terra, una sfera di problemi con cui l’agronomo, il geografo, il politico dell’alba del Duemila non possono, mentre gli uomini che pretendono alimenti, fibre tessili ed energia dalla terra hanno varcato il numero di sei miliardi, fare a meno di confrontarsi.

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