Saperi

Il fabbisogno di innovazione nel settore olivicolo

Documento. Una dettagliata analisi Inea con i riscontri di un workshop che si è tenuto nel dicembre scorso a Roma. Un primo passo per la redazione di un documento nazionale strategico

Olio Officina

Il fabbisogno di innovazione nel settore olivicolo

Secondo Giovanni Dara Guccione, della sede regionale Inea per la Sicilia, il giorno del workshop sull’olivicoltura che si è tenuto presso la sede romana dell’Istituto nazionale dell’economia agraria, si sono poste delle solide basi per il futuro. L’iniziativa affidata dal Ministero delle Politiche agricole all’Inea lo scorso 17 dicembre, è soltanto un primo passo per la redazione di un documento strategico nazionale sull’innovazione e la ricerca in agricoltura, il cui testo sarà redatto tenendo conto delle risultanze dei workshop (settori frutticolo, olivicolo, viticolo, cerealicolo, orticolo, zootecnico, forestale, florovivaistico, agricoltura biologica, innovazione sociale); delle proposte che gli stakeholders predisporranno a seguito delle audizioni del 21 e 22 maggio scorso, realizzate presso il Ministero delle Politiche agricole; di materiali documentali già esistenti sul tema (le Strategic research agenda delle Piattaforme tecnologiche con riferimenti all’agricoltura, il documento sulla domanda di innovazione della Rete interregionale dei referenti della ricerca, i Piani di settore disponibili) che affrontano un ambito tematico molto più ampio di quello dell’innovazione.

Partecipanti al workshop

Luigi Caricato –scrittore e giornalista “oleologo”, direttore Olio Officina

Marco Comella – Aifo

Tiziana Sarnari – ISMEA, ASA Mercati e Supporto alle decisioni, Unità Operativa Mercati

Riccardo Passero – Inea

Tiziano Caruso – professore Ordinario dell’Università di Palermo, Responsabile progetto INNOLIVO misura 124 PSR Sicilia 2007/2013

Leonardo Catagnano – Soat di Sciacca, dirigente Unità Operativa Specializzata Olivicoltura della Regione Siciliana

Nunzio Scaramozzino – Unaprol, responsabile progetto sulla tracciabilità di filiera

Agnese Taticchi – Università di Perugia, Dipartimento di Scienze Alimentari, sezione di Industrie Agrarie

Stefano Petrucci – Presidente Consorzio Dop Sabina e produttore olivicolo-oleario

Enzo Perri –– direttore del Centro di ricerca per l’olivicoltura e l’industria olearia di Rende

Dati strutturali e di produzione

Nel 2010 la superficie investita a olivo in Italia è stata stimata pari a 1.169.833 ettari (+3,9% rispetto all’anno precedente), grazie a un aumento degli investimenti al Sud e nelle Isole, a cui ha corrisposto una sostanziale stabilità nelle altre regioni. A fronte di ciò si è avuto un aumento più contenuto della produzione di olio, che ha raggiunto 526.778 tonnellate (+1,8%).

Il valore della produzione olearia nazionale, nel 2010, si è attestata su 1,4 miliardi di euro, pari al 3% della produzione agricola nazionale, in aumento rispetto al 2009 (+7%). I miglioramenti sono da ascrivere a un aumento delle quantità vendute a cui si è accompagnata una complessiva leggera ripresa dei prezzi.

Scendendo nel dettaglio, il prezzo medio annuo dell’olio extravergine di oliva ha fatto segnare un aumento del 4% rispetto al 2009, attestandosi a 2,60 euro/kg, mentre i prezzi sono rimasti stabili per gli oli vergini e in ulteriore riduzione per i lampanti. Per gli oli a denominazione l’andamento dei prezzi non è stato positivo.

Per l’IGP Toscano, il più importante in termini di operatori coinvolti, quantità prodotte e certificate, oltre che di fatturato, il 2010 si è chiuso con una quotazione media di 5 euro/kg, simile a quella del 2009, ma inferiore del 27% alla quotazione media del 2008. Non meglio è andato il mercato degli oli biologici, le cui quotazioni si sono mediamente attestate su 4 euro/kg, mostrando, nell’ultimo anno, una tendenza alla chiusura della forbice rispetto alle quotazioni degli extravergini convenzionali.

Nel 2010 si è registrato un aumento dei consumi delle famiglie italiane di olio d’oliva confezionato, a cui è corrisposta una riduzione della spesa (indagine Ismea-AcNielsen).

Sembrano essere state superate le difficoltà relative agli scambi commerciali che avevano invece caratterizzato il 2009. Sono, infatti, aumentate tanto le esportazioni che le importazioni determinando un disavanzo (-34 milioni di euro) che, pur in lieve peggioramento, ha fatto segnare il secondo migliore risultato degli ultimi 20 anni, dopo quello del 2009.

Sul fronte dell’applicazione della PAC, si segnala la partecipazione del settore al sostegno previsto dall’art. 68 del regolamento (Ce) n. 73/2009, che prevede la corresponsione di un aiuto per il miglioramento della qualità dell’olio d’oliva. Nel 2010, a fronte di un aiuto teorico di 1 euro/kg, quello effettivamente riconosciuto è stato pari a 0,31 euro/kg, per una spesa complessiva di 9 milioni di euro.

Il mercato italiano dell’olio extra vergine di oliva è stimato in circa 2 miliardi di euro e tale categoria merceologica tende a crescere all’interno della GDO; in generale i prodotti oleici con marchio del distributore (private label) hanno raggiunto all’interno dei punti vendita della GDO un volume di vendita pari a circa il 15% dei consumi e al 28% dei volumi distribuiti.

Il trend dei prezzi dell’olio extra vergine di oliva è in discesa e varia tra 2,5 e 4,7 euro/kg, a causa della forte concorrenza dei paesi competitors.

Le principali problematiche del comparto

L’olivicoltura italiana è ancora costituita per la gran parte da oliveti di tipo tradizionale caratterizzati da alti costi di produzione, scarsa produttività, marcata alternanza di produzione, difficile adattabilità alla meccanizzazione. Questi oliveti, in moltissimi casi, vengono mantenuti e andranno salvaguardati in futuro non solo per motivi di conservazione del patrimonio varietale e dei caratteri di tipicità locali, ma anche per motivi culturali e paesaggistici e di governo del territorio, soprattutto collinare.

I problemi degli oliveti tradizionali possono essere attenuati e in parte risolti utilizzando le conoscenze oggi disponibili che consentono di razionalizzare la gestione della chioma (forme di allevamento, potatura), del suolo, della fertilità e delle risorse idriche e il controllo dei parassiti.

La necessità di “comunicare” e promuovere gli oli italiani di eccellenza è un obiettivo che si persegue da tempo e che continua ad essere molto importante, tuttavia gli addetti ai lavori sottolineano quanto sia importante far comprendere al consumatore e ai diversi possibili utilizzatori anche il valore dell’olio diverso da quello extra vergine, in quanto fonte redditizia per le aree italiane ricche di ulivi secolari, e le potenzialità di sbocchi di mercato per i sottoprodotti, anche per uso energetico.

Con il crescere dell’interesse generale ai temi della sicurezza alimentare (dagli anni novanta), la legislazione comunitaria di settore ha tentato di individuare strumenti e metodiche per garantire il consumatore in ordine alla qualità e alle caratteristiche chimiche dell’olio di oliva immesso sul mercato, ma si è anche fortemente indirizzata nel senso di garantire la provenienza e la qualità della materia prima. Rivolta a questo obiettivo è anche la disciplina della denominazione di origine che consente di identificare con certezza la provenienza delle olive e il luogo della loro trasformazione, legando al nome geografico l’insieme dei fattori naturali e umani e delle tecniche di lavorazione che incidono definitivamente sulle caratteristiche dell’olio.

Il nostro Paese ha più volte fatto leva sull’etichettatura e sull’identità delle produzioni di olio in rapporto con il territorio di origine e su una modalità di etichettatura che consenta al consumatore di capire se sta acquistando un olio dall’olivicoltore, da un frantoiano oppure da un mero commerciante di oli. Tuttavia, il “Sistema di Qualità Nazionale Olio extra vergine di oliva”, attualmente in via di definizione da parte del MIPAAF e al vaglio della Conferenza Stato-Regioni, potrebbe rischiare di “favorire” i grandi operatori del settore dell’olio (confezionatori e distributori) in quanto prevede caratteristiche tali da mettere in difficoltà le piccole imprese produttrici che sono la gran parte della realtà italiana.

Sul piano italiano, inoltre, restano in essere, a fronte dell’emanazione della recente legge avente ad oggetto le “Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini” (legge 14 gennaio 2013, n.9) a tutela del prodotto da pratiche commerciali ingannevoli, diverse necessità:

– quella di modificare l’attuale classificazione degli oli, in modo che il consumatore possa distinguere gli oli ottenuti direttamente dalla spremitura di olive da quelli che derivano da processi di sansificazione, con l’aggiunta di solventi chimici, e da raffinazione, resi commestibili con l’aggiunta di olio di oliva vergine;

– quella di rendere obbligatorio – per gli oli di oliva vergini ed extravergini – l’inserimento in etichetta delle qualità organolettiche (quantità di grassi insaturi, claims salutistici);

– quella di realizzare un sistema di tracciabilità delle olive a carico di tutti i trasformatori (frantoiani) e di tutti i venditori di olio (confezionatori).

I partecipanti al workshop hanno ritenuto utile sottolineare ulteriori specifiche problematiche riportate di seguito.

a. Gli imprenditori olivicoli necessitano di formazione sulle tecniche produttive e maggiore informazione sulle normative che non riescono ad applicare correttamente (es. etichettatura, spandimento dei sottoprodotti).

b. L’olivicoltura di tipo tradizionale ha un atteggiamento eccessivamente conservativo che non consente di impostare la coltivazione secondo nuovi criteri; solo il 7 per mille delle aziende sono disposte ad innovare.

c. Sarebbe auspicabile l’inserimento in etichetta delle qualità organolettiche degli oli di oliva vergini ed extravergini, senza che ciò comporti adempimenti burocratici per le aziende le quali, pertanto, sarebbero direttamente responsabili di quanto dichiarato in etichetta. In questo modo si consentirebbe la diffusione di una vera cultura olearia mediante un dialogo diretto tra produttori e consumatori

d. Sarebbe opportuno definire e qualificare normativamente a livello nazionale l’impiego, diretto ed indiretto, delle acque di vegetazione e le sanse per la produzione di energie alternative. In genere si riscontra scarsa attenzione ai fattori che compromettono la qualità del prodotto durante le fasi di commercializzazione come ad esempio l’esposizione alla luce, le modalità di trasporto, le carenze nel packaging.

Le innovazioni e la ricerca ritenute prioritarie

L’intenso dibattito sulle innovazioni ritenute prioritarie e più urgenti per l’olivicoltura italiana si è concentrato sui temi seguenti.

Attività produttiva primaria

In Italia sono presenti ampie superfici ove nel recente passato sono stati piantati oliveti intensivi, spesso irrigui, che hanno buone potenzialità di reddito e di competitività con le produzione degli altri paesi olivicoli. Un programma di ricerca e sperimentazione per il settore olivicolo deve essere rivolto sia a razionalizzare la gestione degli oliveti tradizionali, sia a rendere pienamente competitivi gli oliveti intensivi proponendo dei modelli di gestione collaudati e trasferibili al mondo produttivo.

Ciò si traduce nello sviluppo di modelli d’impianto intensivi ad alta densità con cultivar autoctone per aumentare il grado di meccanizzazione nella raccolta e nella potatura e per migliorare l’efficienza produttiva dei nuovi impianti olivicoli oppure nella selezione di nuovi genotipi con elevate caratteristiche produttive, di resistenza ai patogeni e di adattamento alla meccanizzazione.

Altre esigenze di questo settore riguardano quanto segue:

– Certificazione genetica e sanitaria delle piante;

– Valorizzazione della funzione ambientale degli oliveti con funzione paesaggistica (azione di sequestro di CO2);

– Sistemi di tracciabilità innovativi anche con l’ausilio della genetica.

In particolare, queste istanze dovrebbero svilupparsi su tre linee principali, che riguardano:

– la gestione della chioma, sia durante la fase di piena produzione che durante la fase di insenilimento dell’albero, che include la gestione della potatura con interventi minimi e con attrezzi agevolatori ai fini del contenimento dei costi di produzione e della massimizzazione della produzione e della qualità del prodotto;

– la gestione del suolo, intesa come controllo sia delle infestanti sia dell’umidità e della fertilità (elementi nutritivi e sostanza organica). Attenzione particolare deve essere rivolta alla necessità di ridurre gli input chimici e l’erosione e di ottimizzare l’uso delle risorse idriche;

– la definizione di schemi di raccolta in grado di ridurre il costo dell’operazione attraverso l’impiego di macchine agevolatrici selezionate in funzione delle caratteristiche strutturali degli oliveti, della produttività del lavoro di raccolta, dei costi e degli effetti sull’albero e sui frutti

Trasformazione

Le innovazioni di processo nelle tecnologie di estrazione meccanica degli oli vergini di oliva devono condurre al miglioramento delle caratteristiche di qualità e tipicità estrinseca degli oli ottenuti sul territorio, a partire da cultivar tradizionali Italiane. Al tempo stesso, esse permetterebbero un incremento del valore aggiunto delle produzioni, legato alla valorizzazione dei prodotti secondari dell’estrazione meccanica.

Strettamente legate alla fase di trasformazione, risultano importanti le seguenti esigenze:

– Costituzione di impianti di trasformazione a ciclo chiuso con zero emissioni ed autonomia energetica;

– Strumenti di analisi a basso costo dell’olio in azienda;

Commercializzazione

– Ottimizzazione del packaging dell’olio per una migliore conservazione e facilità di utilizzo.

Filiera

– Promuovere coesione fra i diversi soggetti e unità di intenti;

– Lavorare su un nuovo linguaggio e mezzi espressivi di comunicazione innovativi.Mercato

– Valorizzare i prodotti che rispondono al claim salutistico (supportati da marchi di qualità) e migliorare l’informazione sulle proprietà salutistiche dei polifenoli e dei componenti dell’olio.

– Promuovere strategie di marketing utilizzando la leva del prezzo (differenziazione merceologica), la leva del prodotto (es. diversificazione e packaging) e la leva della promozione (posizionamento sul mercato nazionale dei produttori italiani e loro accesso sui mercati esteri);

Residui

– Utilizzo dei sottoprodotti anche a fini energetici e verifica di nuovi sbocchi di mercato.

Politiche

– Delimitazione e quantificazione delle aree olivicole distinguendo fra quelle con valore paesaggistico e multifunzionale e quelle suscettibili di essere valorizzate e “innovate” dal punto di vista agronomico;

– Educazione del consumatore;

– Sburocratizzare il PSR e i registri aziendali a carico dei produttori (incluso il registro telematico del SIAN);

– Sospendere l’SQN e trasformarlo in un disciplinare da utilizzare per i claims.

Proposte per migliorare gli interventi di diffusione dell’innovazione

Il gruppo di lavoro ha evidenziato che tendenzialmente il comparto olivicolo, con riferimento in particolare agli attori della produzione primaria e della trasformazione, è poco innovativo. In realtà chi innova è il mercato che l’intera filiera subisce in quanto troppo frammentata.

E’ stata sottolineata e ribadita in più occasioni l’esigenza di formazione e di informazione dei soggetti coinvolti nell’attività produttiva e di trasformazione, ma anche dei tecnici che hanno contatti con le imprese.

Viene ritenuta prioritaria l’esigenza di coordinamento fra le strutture di ricerca e i soggetti che rappresentano le esigenze delle imprese produttive e di trasformazione e si sottolinea l’importanza di ridare centralità all’attività di consulenza e divulgazione con l’obiettivo di diffondere le innovazioni.

Relativamente agli strumenti di sostegno della filiera e di promozione dell’innovazione in olivicoltura sarebbe opportuna una maggiore uniformità da parte delle regioni nell’utilizzo delle risorse messe a disposizione sia dai bandi nazionali che europei soprattutto in termini di linee strategiche da seguire. In particolare la misura 124 appare particolarmente efficace per tale scopo ed una maggiore sinergia in fase di presentazione dei progetti sia a livello regionale che extraregionale potrebbe rendere più efficace l’utilizzo di tali risorse. Anche nell’applicazione dei regolamenti comunitari come il Reg. CE 867/08 e S.M.I, per l’assistenza tecnica in olivicoltura, le regioni hanno linee di demarcazione diverse che rendono alcune azioni ammissibili in determinate regioni ed inammissibili in altre.

Redazione del testo a cura dell’Inea

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