Saperi

Il grande Emilio Sereni

Una figura di straordinaria importanza di cui non ci si deve mai dimenticare. Nel 1972 propose la nascita dell'Istituto per la storia del movimento contadino e dell'agricoltura, dell'antifascismo e della resistenza nelle campagne. Fu un uomo di profonda cultura e di grande spessore morale. All'Istituto Cervi donò una raccolta libraria che racchiude un progetto culturale originale, una razionalità impressa dall'intellettuale che ha costruito il patrimonio in una vita di studi

Alfonso Pascale

Il grande Emilio Sereni

Emilio Sereni aveva una memoria straordinaria ed era capace di divorare più libri in un solo giorno. Possedeva un metodo particolare per raccogliere informazioni librarie: ritagliava qualunque notizia bibliografica e la incollava su schede che ordinava sistematicamente per materie e periodi cronologici. Usava i libri come strumenti di lavoro, segnando con la matita rossa e blu i paragrafi che considerava più interessanti. Per ogni libro che possedeva compilava una scheda con diverse parole chiave, tematiche e cronologiche. Il tutto andava a finire in un immenso schedario, fatto di fogliettini di carta sottile, che si possono stimare in centinaia di migliaia. Ritagliava le riviste articolo per articolo, trasformandole in estratti che ricollocava in raccoglitori secondo una classificazione sistematica per argomenti. Dalla linguistica alla storia antica, dall’archeologia all’antropologia, dall’economia alla filosofia, dalla cibernetica alle altre scienze, tantissimi erano gli interessi di Sereni. Conosceva a fondo l’ebraico biblico e l’aramaico, la cui padronanza gli derivava dalla sua primitiva passione per il sionismo.

Parlava e leggeva correntemente numerose lingue, tra cui l’inglese, il tedesco, il francese, lo spagnolo, il russo, il giapponese.

Nel 1972 Sereni propose la nascita dell’Istituto per la storia del movimento contadino e dell’agricoltura, dell’antifascismo e della resistenza nelle campagne. Esso fu promosso dall’Alleanza nazionale dei contadini, dall’Anpi, dalla Provincia di Reggio Emilia e dal Comune di Gattatico e fu intitolato ad “Alcide Cervi”. Sereni donò all’Istituto Cervi la sua ricchissima biblioteca, composta di libri, schede bibliografiche, raccoglitori di articoli e tantissime buste in cui sono conservate le carte dello studioso e politico comunista.

Si tratta di una raccolta libraria di particolare interesse perché rappresenta un progetto culturale originale, una razionalità impressa dall’intellettuale che ha costruito il patrimonio in una vita di studi. Non c’è un profilo ideologico a tenere insieme il fondo ma innumerevoli fili tematici che tendono a definire un grumo di problemi. Luigi Einaudi aveva descritto con precisione questa dimensione della raccolta privata. Scriveva nel numero di chiusura de “La Riforma sociale”: “La raccolta privata, quando c’è, è come lo specchio del raccoglitore. Contiene il materiale dei suoi studi, gli amici spirituali nella cui compagnia egli visse, fa conoscere di quali autori e di quali problemi egli si sia interessato. Essa ha un’anima; e tra i numeri che lo compongono corrono vincoli, che ne fanno qualcosa di unito e di vivente”.

La figlia di Sereni, Clara, nello stupendo affresco della sua famiglia, qual è Il gioco dei regni, racconta così il distacco di Emilio dai suoi libri: “Quando gli strappi alla sua rete, sommandosi, gli resero irriconoscibile il mondo, si separò da tutti i suoi libri, se li allontanò: e fu come farsi cieco. Decine di casse caricate sui camion, su ciascuna la targhetta esplicativa incollata con scrupolo puntiglioso. Via anche i fascicoli ricavati dalle riviste, via le bibliografie monumentali, via la corrispondenza ufficiale e quella personale, le agende, i manoscritti dei suoi libri. Attorno a lui metri e metri e metri di librerie svuotate, deserte; sui muri, i segni di quello che non c’era più. […] Privo del muro di carta che per tanti anni lo aveva rinchiuso e difeso fu ad un tratto vecchio, assai più degli anni che aveva”. Sereni morì cinque anni dopo. Ne aveva settanta.

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