Il miglior olio è dove uno nasce
“Se qualcuno decide di utilizzare oli scadenti, inevitabilmente anche il piatto che ne ricava non può che risentirne. Ha senso una ristorazione basta su una qualità dell'offerta discutibile? E’ tutta una questione di professionalità”, ammette Graziano Becattini del Bagno Marisella
In località Poveromo, ormai da diversi decenni, vi è il Bagno Marisella che si affaccia su una fascia del litorale tirenico molto celebrata, quella della Versilia. Siamo ai Ronchi, in provincia di Massa. Nella cucina di Graziano Becattini, aperta solo d’estate, si mangia molto bene, e non manca certo l’attenzione per gli oli da olive.
Quale idea di olio lei si è fatta nel corso dell’infanzia?
Una idea molto chiara e nidida, incancellabile. Vedevo raccogliere le olive sin da bambino, a partire da novembre. Ci andava anche mia madre a raccogliere le olive. Si andava poi in frantoio e il bello era nel momento esatto in cui sgorgava l’olio appena estratto, carico di profumi. Ci si portava il pane dietro, era ormai una prassi consolidata. Non si attendeva di portare l’olio in casa: si tuffava il pane nell’olio, bastava solo un tocco di sale ed era una squisitezza unica.
L’olio di quegli anni è stato sempre quello ricavato dalle olive o vi era spazio anche per l’olio da seme?
L’olio da seme non esisteva nel nostro orizzonte. Lo conoscevamo, certo, ma in famiglia siamo cresciuti solo con l’olio da olive. D’altra parte a Reggello, alle porte di Firenze, non poteva essere diversamente. Tutti, anche chi non coltivava gli olivi, consumavano solo l’olio del frantoio.
Una curiosità: i sapori e i profumi dell’olio della sua infanzia coincidono con quelli che invece percepisce e apprezza oggi?
Prima l’olio veniva fatto con le macine, quindi la differenza era tutta li. C’era da considerare il costo superiore dell’operazione, perché c’era più tempo da attendere, si doveva prendere l’appuntamento. Con tutta sincerità, mi piaceva di più l’olio che consumavo da bambino, si sentiva il “pizzichino”, ma anche il profumo dell’oliva in maniera più netta. Si riscontrano anche oggi il “pizzichino” e il sentore dell’oliva, certo, ma il ricordo dell’infanzia è fatto di sapori e profumi differenti. Se fosse più buono o meno? Come si fa a ricordare se fosse più buono quello della mia infanzia o quello di oggi? In realtà non noto grande discontinuità.
Cosa apprezza di più di un olio extra vergine di oliva?
Ne apprezzo la bontà dei profumi, la qualità sensoriale che mi riconduce all’oliva, al frutto fresco. Ne aprezzo la consistenza, il profilo organolettico così peculiare. L’amarognolo, il piccante sono elementi buoni. Confesso tuttavia che mi piace un olio anche già vecchio di un anno, pur con le sue caratteristiche di freschezza ormai meno evidenti, poiché non più giovane, ma a me piace ugualmente, lo gradisco anche se dell’olivagione precedente. Sì, in fondo occorre ammetterlo: alcuni lo preferiscono proprio vecchio, l’olio; sì: vecchio, in modo che non sia troppo amaro. Un contadino che conosco di persona, si lascia da parte l’olio, in modo da utilizzare sempre quello della campagna precedente. Quale sia il più buono? A Reggello sono tutti gelosi l’uno dell’altro, e tutti, debbo confessare, ritengono di avere l’olio migliore.
Quanto sarebbe disposto a spendere per una bottiglia di extra vergine?
Sono disposto a spendere anche 10 euro. Sicuramente occorre prestare attenzione agli oli in commercio da 2 a 3 euro: ci sarebbe da iniziare a Riflettere sulla loro effettiva qualità.
A tal proposito, per lei la bottiglia che frequentemente acquista di quant’è? Da 250, 500, 750 ml o da litro?
La bottiglia da litro, ma abitualmente ricorro alla damigiana in vetro da cinque litri che poi travaso.
Ora, in tutta sincerità, senza alcun senso di colpa o imbarazzo: qual è il suo condimento preferito tra tutti i grassi alimentari?
Sì, solo ed esclusivamente extra vergine. L’olio da seme pochissimo, semmai solo per fare qualche fritto, ma preferisco in ogni caso friggere sempre in olio di oliva.
Un giudizio sulla ristorazione?
Dovrebbe essere positivo, anche perché chi fa ristorazione la fa con prodotti buoni e di conseguenza ha un suo ritorno. Se qualcuno decide di utilizzare oli scadenti inevitabilmente anche il piatto che ne ricava non può che risentirne. Ha senso una ristorazione basta su una qualità dell’offerta discutibile? E’ tutta una questione di professionalità.
Lei, nel suo stabilimento balneare “Marisella” ha una buona e sana cucina semplice e genuina. Che atteggiamento assumono coloro che frequentano la cucina del suo bagno in Versilia nei confronti dell’olio da lei utilizzato?
Nessuno mi ha mai detto “Non voglio l’olio di oliva”; di solito, semmai, chiedono oli non troppo amari, questo si.
La provoco. Il miglior olio d’Italia?
La sa già la risposta: per me è quello di Reggello. E’ sempre così, il miglior olio è dove uno è nato. Con ciò, bisogna ammetterlo, non è propriamente vero che gli altri oli non siano buoni. L’esperienza della gelata del 1985 in Toscana è stata una grande sofferenza. Ci ha messo in ginocchio. C’era un dolore muto che attraversava gli animi. L’olio circolava ugualmente, proveniva dalle Puglie, ed era buono uguale. Ci scommetto: se avessi fatto assaggiare l’olio senza dire la provenienza, non tutti se ne sarebbero accorti. Solo gli intenditori potevano capire la differenza. Forse. Trovo in ogni caso l’olio toscano autentico più fine, meno viscoso, di maggiore fluidità.
Per commentare gli articoli è necessario essere registrati
Se sei un utente registrato puoi accedere al tuo account cliccando qui
oppure puoi creare un nuovo account cliccando qui
Commenta la notizia
Devi essere connesso per inviare un commento.