Il pane necessario. La valenza profetica di un romanzo
Ambientato nel 2057, ne L’ultimo negoziato la terra è popolata da quattordici miliardi di persone, dove una grande insufficienza di materie prime porta gli abitanti alla fame e alla disperazione. Fino a non molto tempo fa, questo, poteva sembrare uno scenario totalmente surreale, utopistico, ma mai come nell’ultimo anno si è presa la consapevolezza che non si può dare per scontato nulla, perché nessuna situazione è davvero così distante dal nostro presente
L’invasione russa dell’Ucraina ha fatto esplodere un fenomeno che da oltre un decennio aveva iniziato a prendere forma.
L’ultima impennata delle materie prime agricole, iniziata a settembre 2021 a seguito della pandemia, è proseguita nei mesi successivi sino alle punte del primo trimestre 2022.
Ha coinvolto, in misura varia, la quasi totalità delle materie prime agricole, ma soprattutto i grandi cereali, frumento tenero e duro, mais, riso, e le oleaginose, colpendo essenzialmente oli, farine e panelli di soia e girasole.
Si sono intrecciate una molteplicità di emergenze: cibo, clima, demografia, democrazia oltre lo stato.
I paesi che dipendono maggiormente dalle importazioni di alimenti da Ucraina e Russia sono quelli del Medio Oriente e del Nord Africa – oltre i due terzi delle importazioni vengono assorbiti da Egitto, Libia e Libano.
E i pericoli di carestie in questi paesi lasciano presagire nuove ondate migratorie dall’Africa verso l’Europa. Agli effetti della guerra si somma la questione climatica, che non è un’ipotesi, ma un fatto accertato.
E così anche la sua origine antropica. Poi c’è la questione demografica: nel 2019, sulla Terra c’erano circa 7,7 miliardi di persone. Nel 1950 eravamo 2 miliardi e mezzo.
L’avvilupparsi di siffatti giganteschi problemi che caratterizzano il XXI secolo era già stato ampiamente previsto a metà anni Novanta da un acuto osservatore di cose agricole, Antonio Saltini, che ne parla in un suo romanzo fantapolitico.
In realtà, quando l’opera fu pubblicata la prima volta, il pubblico non ne colse il senso. Riteneva le previsioni in esso contenute del tutto improbabili: veniva, infatti, smentita la tesi dominante secondo la quale il problema alimentare sarebbe solo un problema redistributivo e il pianeta avrebbe risorse naturali sufficienti.
L’ultimo negoziato è un romanzo fantapolitico ambientato nel 2057 con 14 miliardi di persone sulla terra e campi insufficienti per produrre il pane necessario a sfamare tutti i componenti della famiglia umana.
L’autore, impugnata la penna del narratore, immagina uno scenario del tutto rivoluzionato: gli Stati Uniti, chiusa ogni industria, sono divenuti una colonia agricola della Cina; il Giappone si è assicurato l’egemonia sulla Russia per disporre del frumento della Steppa; la Germania, ultima nazione industriale d’Europa, è senza grano; la Francia della provincia contadina e cattolica vuole separarsi da Parigi, una megalopoli nera e musulmana, per vendere il proprio frumento su un mercato disposto a pagarlo in tonnellate d’oro.
S’impone, per destrezza e disinvoltura, un commerciante italiano, il successore dei grandi mercanti di frumento di tutti i tempi, inafferrabile manipolatore di transazioni borsistiche, impenitente dominatore di alcove, che negozia, su tutti i fronti del commercio e della diplomazia, le ultime partite di grano che le potenze che si preparano alla guerra si premurano di accaparrare.
I guadagni che attende dall’ultimo negoziato sono ogni giorno più incredibili, ma non sa trattenersi e limitarli, come gli suggerisce il più fedele degli amici, un autorevole agente dello spionaggio americano, e la sua avventura si conclude appunto nella guerra nucleare.
Antonio Saltini, 2057 L’ultimo negoziato, Edizioni Spazio Rurale, 2005, pp. 256, euro 15,00
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