Saperi

Il silenzio dell’acqua

L’uomo pensa, parla, mangia, si diverte, sempre nel rumore, non conosce più il silenzio. Ma allora cos’è il silenzio? Siamo ancora capaci di ascoltarlo, di sentirne il fascino, di dialogare con lui senza il rumore della parola? Resta infine da chiedersi se nel rumore del pensiero siamo in grado di percepire chi siamo veramente...

Massimo Cocchi

Il silenzio dell’acqua

Sembra, a me, che la vita scorra nel rumore, il giorno con la sua fantasia di colori, di immagini in movimento, di espressioni di volti che accavallano chi gioia chi tristezza chi dolore, tutto avviene nella cornice del rumore, di tanti diversi rumori che, a volte, non siamo neppure in grado di distinguere.

La sera, i rumori cambiano, il buio li avvolge nel tentativo di ovattarli, di portarli verso quel silenzio assoluto che, forse, tutti desiderano un poco, ma è difficile perché anche la sera, la notte, porta i suoi rumori.

E non si spengono mai perché nella notte anche quando tutto dovrebbe tacere, si accendono le luci che con il loro abbaglio si rincorrono nelle case e nelle strade tagliano il buio, anche le luci fanno rumore.

L’uomo pensa, parla, mangia, si diverte, sempre nel rumore, non conosce più il silenzio.

Ma allora cos’è il silenzio?

Siamo ancora capaci di ascoltarlo, di sentirne il fascino, di dialogare con lui senza il rumore della parola, di sentire cosa ci racconta di noi, della vita, delle persone che amiamo, di ciò che ci piace, di ciò che non ci piace, di chi vorremmo non incontrare mai più?

Ma forse sto parlando del pensiero, di quel pensiero che si forma nell’intimità del cervello, ecco, non sono più sicuro che anche questo “pensiero” non risenta del rumore, mi sembra, invece, che questo “pensiero rumoroso”, ormai, faccia parte della nostra vita e mi chiedo se nel rumore del pensiero siamo in grado di percepire chi siamo veramente, se in quel pensiero siamo consapevoli di una vita che non dà dimensione del tempo futuro e ripercorre il passato con una velocità che non ci consente di riflettere su cosa avremmo potuto o dovuto fare, se abbiamo fatto bene o male, il rumore non ci ha mai abbandonato.

Allora, oggi, sono tornato nelle valli del delta del grande fiume, ho guidato fra specchi sterminati d’acqua che si alternano a strisce di sabbia che rendono persino difficile capire se sei in mezzo all’infinito o se, come per incanto, incontrerai mai la fine di quest’acqua.

È una strana sensazione quella che si prova nel percepire che quest’acqua non ha soluzione di continuità, e fai fatica a capire di come si accavalla e si mescola quando tocca il mare, diventano, per un momento, che non ha fine, una cosa unica, non possono fare a meno l’una dell’altra.

Fai fatica a carpire i suoi secolari segreti, vorresti che ti raccontasse le storie delle genti che l’hanno solcata e vissuta fra miserie e dolori, che ne hanno fatto casa, vita e lavoro, che ne hanno mescolato il sudore.

Non ci sono onde in quest’acqua, ma c’è chi ha dato la vita alla gente di valle, quella vita preziosa e muta che ha sfamato chi le scivolava sopra remo dopo remo o con l’alternarsi della lunga pertica che prendeva spinta dall’affondarsi nell’acqua, senza rumore.

Lì ho capito che era anche possibile vivere nel “silenzio dell’acqua”.

In apertura, foto di Olio Officina

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