Saperi

Il subdolo e maligno Covid-19

Da cosa deriva tutto questo male? Aumenterà? Diminuirà? Scomparirà, ritornando da dove è sortito? O è venuto per stare e rimanere con noi per sempre? Per dirla con Goethe, la natura riempie con la sua sconfinata produttività tutti gli spazi. La sapiente riflessione sul Corona-virus di uno tra i filosofi contemporanei più autorevoli e originali

Sossio Giametta

Il subdolo e maligno Covid-19

Il Covid-19 o Corona virus è il morbo più maligno che ci sia mai stato nella storia e nella preistoria. Subdolo e rapido nel diffondersi, a differenza di altre epidemie e pandemie, anche magari più falcidiatrici (finora), ammorba e minaccia tutta la terra.

Aumenterà? Diminuirà? Scomparirà, ritornando all’inferno da dove è sortito, o è venuto per stare e rimanere con noi per sempre, come ha detto in tv Ilaria Capua? Per questa maledizione o punizione di Dio o del diavolo, con chi possiamo prendercela? Con Dio stesso? Con la natura matrigna? Dio è un’ipotesi e le ipotesi possono essere, come si sa, di realtà, di possibilità e di impossibilità; invece la natura, che “a comun danno impera”, è una realtà evidente e ci manda senza avarizia i suoi vasi di pandora.

Così pensano molti non senza motivo, e imprecano contro di essa, come per esempio Schopenhauer e Leopardi. Giustamente? Ingiustamente? Giustamente e ingiustamente insieme.

Ingiustamente perché nella natura come in Dio il male non ha realtà sostanziale; per noi c’è eccome! ed è inevitabile e non riscattabile; ma non deriva dalla cattiveria di un malintenzionato demiurgo, bensì dalla nostra condizione di esseri terminali prodotti dall’emanazione creativa della strapotenza dell’Essere o di Dio. Siamo, insomma, le ultime rotelle dell’ingranaggio. Essendo tali creature dell’Essere o di Dio, ne deriviamo l’origine e la sostanza, che è dunque divina, con l’attributo primario dell’esistenza, caratteristica principale di Dio; ma essendo terminali, cioè infinitesimali, ne deriviamo anche la condizione di cellule del grande organismo universale, costrette, nel loro stesso interesse, a sottostare alla legge dell’organismo e non alla loro propria (se la cellula prolifera indiscriminatamente, è il cancro).

Subendo la legge del divenire dell’organismo e della specie, le cellule mutano, ossia decadono, muoiono e sono sostituite da cellule nuove, ogni sette anni, a differenza degli individui, membri della specie, che si rinnovano di generazione in generazione, come le foglie di primavera sostituisco quelle cadute in autunno. La singola foglia e il singolo individuo, alla natura non servono se non per il servizio che rendono; al dopo provvede il ricambio naturale, cioè ogni foglia o essere umano, pur essendo unici e irripetibili, sono fungibili. Ma anche mentre vivono, non vivono senza difficoltà; l’individuo in particolare, di cui vogliamo qui soprattutto occuparci, vive sempre in contrasto con le condizioni di esistenzain cui è immerso, nella vicissitudine del mondo, e che sono, a differenza della divina origine, quasi sempre diaboliche. Ma a causa della loro fame di vita illimitata, gli individui entrano in lizza fra loro per strapparsi la materia, lo spazio e il tempo. Goethe spiega il perché nella massima 1251:

La natura riempie con la sua sconfinata produttività tutti gli spazi. Consideriamo soltanto la nostra terra: tutto quello che chiamiamo cattivo, infelice, proviene dal fatto che essa non può dare spazio a tutte le creature, e ancor meno può conferire loro durata.

Dunque il male viene qui (e spesso) dal bene, perché la sconfinata creatività della natura in sé è bene, come è bene in sé (anche se non nella sua conseguenza:homo homini lupus) anche la fame di vita, cioè la capacità illimitata di sviluppo e di potenziamento delle creature. Ma molto altro male viene agli uomini dalla natura, già diabolica per Aristotele e poi per Schopenhauer, Leopardi e molti altri autori. Per esempio, per il fatto che la vita si nutre solo di se stessa, i viventi sono costretti a divorarsi a vicenda, quelli che stanno sopra, nella piramide degli esseri, divorano quelli che stanno sotto, salvo eccezioni in contrario.

Noi divoriamo bovini, suini ed ovini. Dunque, il male è la grandezza di Dio, ossia della struttura universale della natura, e la piccolezza degli uomini, che ci rende infinitamente subordinati. Ma il male non è solo quello che viene dalla natura esterna: uragani, inondazioni, tsunami, terremoti, eruzioni, carestie, epidemie, incendi (basta l’ultimo in Australia); è anche quello che viene dalla natura interna, dagli uomini.

Da sempre gli uomini hanno cercato di procurarsi armi per i più svariati usi: la caccia, la pesca, le faide intestine e le guerre. Tra queste armi spicca da ultimo la bomba atomica, di immane potenza distruttiva. Ma sono armi anche i virus, che gli uomini inventano non magari per vendere i vaccini che l’industria farmaceutica produce, come qualcuno dice, ma per scopi ostili. La televisione ha mostrato un laboratorio in cui, nel 2015, si sperimentarono nuovi virus, forse anche il Corona-virus, ed è possibile, anche se improbabile – quest’ultimo sarebbe dovuto alla mutazione naturale di un virus particolare – che questo virus sia una creazione umana, poi sfuggita di mano agli uomini.

È anche possibile pensare a qualcosa che sia avvenuto nei mercati cinesi. Essi rigurgitano dei più strani cibi prodotti con i più strani animali, alcuni repellenti per noi occidentali. Gli orientali sono vissuti per secoli e millenni in condizioni disperate, con inondazioni, carestie, epidemie e altri mali senza rimedio. Per questo, sul piano spirituale, hanno creato e abbracciato religioni nichilistiche, di rinuncia, di svuotamento, di negazione del sé, mentre sul piano alimentare si sono industriati di rendere commestibile il possibile e l’impossibile: si nutrono di cani, insetti, serpenti, squali e tante altre cose, per noi “impossibili”.

Il virus Corona, se non è partito dai laboratori, è partito certamente da questi mercati. Molto male, dunque, gli uomini se lo fanno da sé. Ma impariamo almeno, dall’impari lotta che stiamo affrontando con il Covid-19 su tutta la terra, la fragilità dell’uomo e il solo rimedio possibile della solidarietà e della fratellanza, perché nessuno basta da solo a se stesso.

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