Saperi

Il tragico evento della piccola Diana riguarda ognuno di noi

Non solo perché un fatto di questa portata sconvolge chiunque, indistintamente. Ma quanto accaduto ha messo in luce un aspetto radicato nella società odierna, dal quale sarà sempre più difficile allontanarsi: il fortissimo senso di solitudine che accomuna donne e uomini. Nessuno si sente autorizzato a intervenire, anche quando ad allarmare è l’incessante e esasperato pianto di una bambina

Sante Ambrosi

Il tragico evento della piccola Diana riguarda ognuno di noi

Gentile signora Alessia Pifferi,

confesso che ho fatto molta fatica a decidermi di scriverle queste poche parole, su un episodio che l’ha direttamente coinvolta con la morte della sua piccola bimba Diana.

Ho fatto fatica per la mia età di anziano ottantenne che guarda con una certa indifferenza le cose che capitano in quella società che non sento più mia, su tanti punti di vista.

Nonostante tale mio sguardo, sono rimasto impressionato nel raccogliere la triste fine della sua Diana e dei commenti finiti a più riprese sui mezzi di comunicazione, uno più cattivo dell’altro, tutti a denigrare con sicurezza il suo comportamento, per aver lasciato a morire la propria creatura nella solitudine più tragica.

Le dico subito che io non mi sento di aggregarmi alla marea di improperi che ho letto sui vari giornali e che ho raccolto in vario modo anche da miei amici, tutti a sparare sentenze, senza chiedersi il perché succedano queste cose nella nostra società.

È solo questione di cattiveria delle singole persone, oppure dentro il nostro modo di vivere si è insinuato un morbo che ancora non riusciamo a individuare?

Ho sentito i giudizi più cattivi soprattutto nei suoi confronti, come se lei sola fosse la cattiva da condannare.

Mi libero da tutto questo ciarpame di condanne perché sento di dirle qualcosa di mio e di autentico per i motivi che brevemente espongo.

Se una bimba muore di sete e di fame piangendo e nessuno abbia saputo come intervenire, mi viene da pensare che siamo precipitati in una voragine di non senso e di solitudine che un tempo non era così.

Sono nato e ho vissuto i primi anni in un cortile dove non si considerava proprietà esclusiva il figlio di una singola coppia, ma era spontaneamente considerato proprietà di tutta la comunità.

Ogni figlio apparteneva a tutti, che erano lì a sentire e a provvedere se necessario, immediatamente e senza particolari richieste.

Tutto con naturalezza.

Oggi, invece, il pianto di una bambina non è arrivato a nessuno e se qualcuno avesse per caso sentito non si sentiva autorizzato a intervenire.

Così muti siamo diventati, gli uni per gli altri al punto che una bimba non sa per chi deve piangere.

La morte della sua bambina , in questo modo diventa un simbolo di un aspetto tragico della nostra società, dove non c’è neppure uno che sente e ascolta il pianto di una bambina.

Tutto questo, gentile signora, non toglie per niente le sue responsabilità e le sue colpe e non aggiungo altre accuse alle tante che anch’io ho raccolto, magari documentate con sicurezza di analisi psicologiche, per me, lo confesso, troppo libresche e incapaci di analizzare una realtà molto più complessa dei nostri schemi mentali.

Dopo aver ascoltato tutto e tutti, mi sono convinto che lei in questo momento si sente nella peggiore solitudine. Lei è sola nella colpa che ha commesso e sola nel suo peccato, senza trovare che qualcuno la aiuti a uscire dalla sua tragedia di colpa e condanna.

Posso solo immaginare la tristezza della sua solitudine che sta vivendo e non trovando validi suggerimenti dalle tante analisi che ho in qualche modo ascoltato o letto, le dico che prima delle nostre analisi, anche scientifiche e attuali, ci fu un uomo, Gesù, che si confrontò con tante donne che erano cadute in basso e colpite dai giudizi aspri di noi umani.

L’evangelista Luca offre un particolare risalto alla storia di Maria di Magdala, che i suoi cittadini avevano prima sfruttata e poi ridotta a uno straccio di persona, al punto da considerarla posseduta da sette demoni.

Questa donna a un certo momento si trova di fronte a quel Gesù di cui aveva solo sentito qualche notizia, che non la condanna, ma le dice una parola che la libera da tutti i giudizi e i pregiudizi dei suoi cittadini. Cosa abbia detto Gesù esattamente non è scritto, ma possiamo solo ipotizzare che le abbia detto semplicemente che nel suo cuore c’era ancora una potenzialità che poteva valorizzare e sfruttare

E fu subito libera, come sappiamo.

Anche il racconto che troviamo nel vangelo di Giovanni è altrettanto bello.

Ora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala in mezzo, gli dicono: “maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio; ora, nella legge, Mosè ha ordinato di lapidare donne di questo genere; e tu che dici?”

Gesù alla fine del racconto dice solo: “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannato? Quella rispose: “Nessuno, Signore”.

Disse allora Gesù: “Neppure io ti condanno: va e d’ora innanzi non peccare più”.

Penso che bastino queste parole per lei e per tutti noi.

In apertura, foto di Olio Officina©

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