Saperi

L’Occidente? Non sta morendo. Sta nascendo la prima civiltà planetaria

Siamo nel pieno di un passaggio d’epoca. Lo storico Aldo Schiavone, nel suo ultimo romanzo L’Occidente e la nascita di una civiltà planetaria, accompagna alla comprensione del mondo attuale, restituendo anche una visione di quello che sarà il domani. Il volume andrebbe letto e meditato, soffermandosi sulla sua conclusione e sugli spunti di pensiero che lascia al suo termine

Alfonso Pascale

L’Occidente? Non sta morendo. Sta nascendo la prima civiltà planetaria

Lo storico Aldo Schiavone torna in libreria con un libro edito dal Mulino e intitolato L’Occidente e la nascita di una civiltà planetaria.

È il primo volume di una serie denominata Faustiana. Il destino dell’Occidente e diretta dall’autore.

Sono in programma titoli come Figure di Apocalisse (Biagio de Giovanni), Oltre gli Stati (Anthony Pagden), La salvezza di Faust (Giacomo Marramao).

La bellezza del testo di Schiavone è nel nitore con cui il discorso sull’Occidente si snoda per farci comprendere il mondo in cui viviamo e intravedere barlumi di avvenire.Innanzitutto va chiarito il termine.

L’autore attribuisce alla parola “Occidente” due significati.

Il primo è “global North”.

Più precisamente “quel sistema geopolitico di potenze centrato in un primo tempo sull’Europa e, dopo la seconda guerra mondiale, sul primato degli Stati Uniti: comprensivo dell’ovest del Vecchio Mondo fino alla Gran Bretagna, del Canada, dell’Australia, della Nuova Zelanda e degli alleati in Asia (Giappone, Corea del Sud, Taiwan) e nel continente americano”.

Il secondo significato è una sorta di categoria universale dell’incivilimento umano, una forma di civiltà.

Per intenderci l’Occidente è “un insieme di cultura, acquisizioni tecnologiche, economia, rapporti sociali, modelli e valori politici e giuridici, stili di vita, sviluppatosi originariamente in Europa, poi trapiantato in America e diffuso nel mondo fino a presentarsi ormai come tendenzialmente delocalizzato”.

Nel libro, a seconda del contesto, il termine è utilizzato nell’una e nell’altra accezione.Si è molto insistito nel Novecento sul tema del declino dell’Occidente e sull’attesa di una sua imminente catastrofica caduta.

Poi è sembrato che con il crollo dell’Unione Sovietica e l’ultima rivoluzione tecnologica questa visione non avesse più forza.

Ma, nel trapasso da un Millennio all’altro, prima con l’11 settembre 2001, con la guerra in Afghanistan e la fine della “pace americana” nel mondo; poi con il dissesto finanziario ed economico esploso nel 2008; quindi con l’epidemia del Covid-19 e infine con la guerra nel cuore dell’Europa, il tema è tornato in voga.

Si vanno così diffondendo “una sorta di sindrome occidentale […]; uno stato d’animo che ha dato origine a una vera e propria cultura della paura e della crisi […]; tensioni che, in alcuni ambienti e circostanze soprattutto europei, hanno assunto caratteri propriamente anticapitalistici e antiamericani […]; orientamenti riconducibili a una specie di fondamentalismo antitecnologico, che fanno coincidere la tecnica con l’Occidente […]; un illanguidirsi delle appartenenze e delle identificazioni nazionali; la maggiore permeabilità sociale e personale tra i generi […]; la minor presa dei legami familiari; la trasformazione dell’etica del lavoro […]; le nuove forme di solitudine […]; l’appannarsi e il relativizzarsi del sentimento religioso, e in specie della comune identità cristiana – paragonata al fervore dell’Islam […]”. In altri termini, emerge “una lettura (apologetica e nostalgica) del passato, trasformata in previsione e in giudizio (fortemente negativi) sul futuro”.Schiavone non crede all’ipotesi del declino e afferma in modo convincente che in realtà siamo dinanzi all’”avvento di una prima civiltà planetaria”.

Il suo allargamento e la sua consolidazione possono avere battute d’arresto, ma è impossibile pensare ad una regressione totale, che ci faccia tornare indietro.

Si potrebbe dire che siamo ancora agli albori.

Siamo nel pieno di un passaggio d’epoca.

Si tratta di una civiltà che è un esito fecondo della tecnica dell’Occidente e della sua diffusione.

Una tecnica complessa e caotica che mobilita conoscenze e risorse.

E quanto più ne mobilita, tanto più essa tende a produrre intorno a sé assetti di dominio, a presentarsi cioè come “un saper fare corazzato di potere”.

Ma tale problema non attiene alla tecnica in quanto tale.

È, in realtà, un problema che riguarda la politica, la democrazia, l’etica, il diritto, la capacità di controllare e orientare la potenza – complessiva, anche tecnologica – raggiunta dall’umano, attraverso l’impiego di altri poteri che dovrebbero guidarla.

Inoltre, a parere dell’autore, questa prima civiltà planetaria in cui viviamo vede fuse in un unico sistema la tecnica e l’economia, con le loro continue innovazioni.

Il capitale industriale e quello finanziario – come la tecnica – sono anch’essi un esito fecondo dell’Occidente.

E la macchina sovranazionale e planetaria dell’ultima versione dell’intreccio fra tecnica e capitale è l’entità che ha vinto la Guerra fredda, ancor più dell’America come Stato e come impero.

Gli apparati di questa immane macchina economica, le sue istituzioni, i suoi centri di decisione disegnano una rete globale che è ancora Occidente e che già non lo è più completamente: perché è ormai Occidente-mondo.

La modernità che stiamo vivendo è una specie di “proto-modernità cominciata nelle città italiane del Rinascimento e conclusa sulle rive del Pacifico con l’avvio della rivoluzione tecnologica del tardo Novecento e con il culmine politico dell’’impero’ americano che hanno gettato un ponte tra i due lembi dell’oceano.

La conclusione a cui giunge il libro dovrebbe diventare un tema di dibattito pubblico.

Per questo l’ultimo lavoro di Schiavone andrebbe letto e meditato.

All’Occidente-mondo, per funzionare in modo efficace e farci entrare finalmente nella modernità, mancano due elementi: la politica e la democrazia.

Queste continuano, infatti, ad operare nella esclusiva dimensione degli Stati e delle culture nazionali.

Ma la globalizzazione dell’Occidente potrà finalmente affermarsi ed esprimere compiutamente le sue potenzialità solo se la politica e la democrazia assumeranno una dimensione sovranazionale.

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