Saperi

L’olio è social

Il gruppo Noi che vogliamo l'unione del comparto oleario è attivo ormai da tempo. Non scalpita per avere aderenti, perché nasce con l’intenzione di accogliere a sé persone relamente convinte di dialogare tra loro e confrontarsi

Luigi Caricato

L’olio è social

Visto che il nostro compito è rilanciare ciò che si osserva intorno a noi, e visto che ogni tentativo di riconciliare i vari attori della filiera è sempre una iniziativa che è bene accogliere e sostenere, questa volta “Giro Web” si occupa di un gruppo attivo su facebook, ideato e voluto da Massimo Occhinegro: Noi che vogliamo l’unione del comparto oleario.

Intanto mi sembra necessaria una doverosa premessa per quanti apprezzano il prodotto olio extra vergine di oliva, ma ignorano le dinamiche del comparto. E’ chiaro che se esiste un gruppo che già nel nome invoca l’unione vuol proprio dire che unione non c’è. Di più: c’è proprio una battaglia a volte cruenta, perfino strisciante.

Ecco un recente post, a firma di Massimo Occhinegro, in cui si delineano i due punti chiave per per auspicare l’unione del comparto olio di oliva.

Il primo punto chiave: dare maggiore valore all’olio da olive, nel senso di cercare di trasmettere e far recepire, in primis al consumatore, ma anche agli operatori (distribuzione, ristoratori) il grande lavoro che sta dietro alla produzione e quindi far apprezzare le caratteristiche peculiari dei prodotti, primo fra tutti l’olio extra vergine di oliva.

Un olio extra vergine di oliva è sempre unico nel suo genere. Non esistono oli identici, se non quelli lavorati e prodotti sul tipo “catena industriale”. L’olio extra vergine di oliva è l’amore, la passione e il territorio, e soprattutto è la famiglia.

Il secondo punto chiave: per far percepire il maggiore valore degli oli di oliva, esistenti solo sulla carta, ma non in pratica, occorre un’azione necessariamente congiunta, di tutti gli operatori della filiera. Occorre collaborazione, perchè nessuno può raggiungere alcun obiettivo se non si agisce in modo coeso. Per farlo, è necessario che ognuno faccia un passo indietro o un passo in avanti, a secondo dei casi. La linea guida deve essere il rilancio della gamma degli oli di oliva anche sottraendo quote di mercato ad alti oli vegetali, oggi tanto in voga, specie per la frittura, ma deleteri per la salute.

Sarà necessario condividere oltre che gli obiettivi, anche le strategie, nonché, in un certo qual modo, anche le politiche commerciali.

I “grandi” devono osare, avere più trasparenza nel proporre i propri oli, e soprattutto non devono svendere gli stessi pur di entrare o rimanere all’interno di una catena. Quando si educano i figli, è necessario saper dire loro NO, così anche nel caso della GDO occorre saper rinunciare per educarli a trattare l’olio da olive non come prodotto civetta, ma come prodotto principe. Dobbiamo imparare a investire tutti insieme in modo mirato, non necessariamente con contributi pubblici, giacchè alle volte non disponibili, ma anche con contributi privati, ognuno in proporzione dei propri volumi di vendita. Sono ammesse nel gruppo, tutte le persone di buona volontà che, se in “guerra”, siano disponibili a deporre le armi, anche perchè con le lotte fraticide a guadagnarci sono solo chi ci “combatte” sui mercati e, quindi, i nostri concorrenti.

Fin qui, le dichiarazioni di principio, condivisibili. Per il resto, gli stimoli che aprono al dibattito sono tanti. Un gruppo dalle buone intenzioni, che va sostenuto, per uscire dalle logiche delle appartenenze, una vera e propria visione laica del comparto oleari, ecco cosa ci vuole. Occorre dar atto a Massimo Occhinegro di aver compiuto un passo decisivo, senza rinunciare al ruolo dei social network. Mi chiedo solo se i vari attori della filiera siano tutti pronti per affrontare uno strumento così moderno di comunicare.

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