Saperi

L’ultima lezione

Erano tempi fantastici, quelli dell’esordio da professore universitario. Le aule ricolme di ragazzi, le lezioni che si snodavano con quel famoso quarto d’ora accademico che creava attesa di sapere. E ora, così come non posso dimenticare le aule affollate, forse non dimenticherò mai l’ultima lezione che si è tenuta in una grande aula deserta con grande disponibilità di strumenti informatici, telecamere e piena di “vuoto”

Massimo Cocchi

L’ultima lezione

Ci sono momenti che non rappresentano un ricordo nostalgico ma che sono talmente presenti e chiari nel cervello da sembrare senza età.

Alcuni di questi momenti riguardano il percorso, ormai anche troppo lungo, delle lezioni che ho tenuto dall’inizio della mia carriera.

Di questo devo ringraziare e ricordare il mio Maestro, il Prof. Edoardo Turchetto, il quale, forse ben felice di togliersi qualche forzosa occupazione, mi fece fare lezione, per tre anni consecutivi, dal lunedì al venerdì, agli studenti di Dietetica, di Scienze Biologiche, di Farmacia e, qualche volta ebbi anche l’onore di sostituirlo alle lezioni di Medicina.

Erano tempi fantastici, aule ricolme di ragazzi, le lezioni si snodavano da ottobre a maggio, con quel famoso quarto d’ora accademico che creava attesa di sapere.

Si, era veramente un piacere.

Poi venne la mia prima lezione da titolare dell’insegnamento e, come gavetta, fui avviato alla Scuola di Studi Turistici della Facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Bologna, nella sede di Rimini.

Per me che avevo 28 anni era un’occasione fantastica, e lì consumai la consuetudine ad andare in barca, sbocciò qualche amore clandestino e, facendo lezione, buttavo lo sguardo sul Mare Nostrum, nel suo ritmico accasarsi delle onde sulla riva.

Dopo molti anni di vita accademica e marina venne un giorno in cui mi trovai proiettato nella lontana Università di Glasgow dove tenni la prima lezione, due ore, in inglese con il mio carissimo amico Ray Noble, compagno di tante fantastiche ricerche scientifiche, che non avendo il coraggio di assistere alla mia “performance” mi aspettò in macchina, parcheggiato nella corte di quella magnifica università gotica che è quella di Glasgow.

Dopo quelle due interminabili ore, scesi, salii in macchina, rosso in volto, mi sentivo la febbre alta e, Ray, neppure si azzardò a chiedermi com’era andata, sarebbe stato troppo banale.

Seppi, successivamente, che era andata bene quando, seduto di fronte a una ragazza del corso, mentre consumavo le mie due classiche uova con pancetta, si ripeteva il rito tutte le mattine, questa ragazza si rivolse a me chiedendomi come mai stavo consumando tante uova e pancetta “il demone dei grassi saturi” quando avevo detto a lezione che certi alimenti erano sì indispensabili, ma in quantità moderate.

In quel momento realizzai che era andata bene, infatti risposi alla ragazza che aveva sicuramente ragione ma che ero molto felice perché avevano capito quello che dicevo, le dissi pure di non fare come facevo io che le uova le studiavo e le mangiavo.

Per dieci lunghi anni, infatti, abbiamo, con il mio amico Ray, studiato il metabolismo degli acidi grassi nello sviluppo del cervello embrionale di pollo lasciando ai posteri una summa conoscitiva del nostro lavoro su una delle più prestigiose riviste sui lipidi del mondo.

Questa fu la prima lezione nel mio nuovo e definitivo curriculum accademico.

Gli eventi della vita incalzavano, non sempre in modo positivo, e decisi di tornare all’ovile, cioè a Bologna, dove mi sentii disperatamente solo, destini incrociati avevano spazzato via i miei affetti più cari nel volgere di un brevissimo tempo e, nella mia famosa poltrona di velluto rosso, ne consumai gran parte pensando che ormai era finito tutto.

Ecco il famoso fenomeno epigenetico che genera depressione ma che per me, improvvisamente, aprì una nuova avventura, come se fossi nato un’altra volta.

Il mio caro e mai dimenticato amico Archimede Mordenti, Preside della Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Bologna, nel suo lungimirante modo di vedere le cose, mi chiese di portare all’interno della facoltà l’insegnamento della Nutrizione Umana.

Nello stesso momento, sotto la forte pulsione di respingere questa onda depressiva, mi inventai, letteralmente, la ricerca sugli acidi grassi delle piastrine in soggetti psicopatologici e con ischemia cardiaca, ricerca che darà un “sacco” di soddisfazioni scientifiche, riconoscimenti prestigiosi, ma che, soprattutto, e senza farmaci, mi tolse dall’inquietante situazione in cui ero sprofondato.

Non ricordo la prima lezione che feci a Veterinaria, ma ricordo bene l’ultima, quella di ieri 18 novembre 2020.

Così come non posso dimenticare le aule affollate, forse, non dimenticherò mai quest’ultima che si è tenuta in una grande aula deserta con grande disponibilità di strumenti informatici, telecamere e piena di “vuoto”.

A farmi compagnia, in quella desolazione, la mia fedelissima collaboratrice Chiara che, nella sua vita ha, forse, avuto la sventura di incontrarmi.

Sotto la mia “illuminata guida” si è fatta cinque anni in un remoto e sconosciuto villaggio africano a insegnare come si produce il formaggio e come il lavoro debba essere organizzato, dopo questi 5 anni “caldi” l’ho spedita nella seppur più vicina e fredda Irlanda (Cork) a fare il dottorato in Psichiatria sui rapporti fra microbiota e cervello.

Cosa c’è di strano? Potrebbe dire qualcuno.

Di strano c’è che credo sia la prima e sarà anche l’ultima laureata in “Qualità e Sicurezza delle Produzioni Animali” a fare un dottorato in Psichiatria.

Questo è il bello della vita, pensare che sia sempre tutto possibile, certo bisogna possedere caratteristiche un po’ speciali.

Ci siamo trovati Lei ed io in quell’aula deserta a parlare con ragazzi “fantasma” senza potere avere il piacere dell’incontro, senza quello scambio d’occhi che dice molte più cose di qualunque altro approccio.

Non ho detto a nessuno degli amici che tenevo l’ultima lezione per non imbarazzarli al fatto di non esserne partecipi fisicamente, ora non è più possibile.

In quest’ultima lezione ho espresso un intimo desiderio, cioè, che tutto quanto sta accadendo nel mondo universitario e, anche altrove, non sia il disegno totalitario premonito da George Orwell:

Chi controlla il passato controlla il futuro.

Chi controlla il presente controlla il passato.

Così, nel silenzio della grande aula, ho compiuto l’atto finale di una lunga consuetudine fra i ragazzi, l’unico vero valore che accompagna la vita di un docente universitario.

In apertura il professor Massimo Cocchi a destra, insieme con il Premio Nobel per la Chimica 1993 Kary Mullis

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