Saperi

La gravidanza della terra

È una antologia di poesie inedite, edita da Olio Officina, allestita con l'intento di riportare l'attenzione dei poeti italiani ed europei sulla campagna. Il lettore troverà versi di autori italiani, croati, francesi, portoghesi, rumeni, svedesi e svizzeri. La curatrice del volume, di cui riportiamo la prefazione, ha invitato quarantatre autori con la dichiarata intenzione di fare i conti con ciò che nel Ventunesimo secolo si può intendere per vita rurale

Daniela Marcheschi

La gravidanza della terra

La gravidanza della terra è stata allestita con l’intento di riportare sulla campagna l’attenzione dei poeti italiani ed europei: il lettore troverà qui anche versi di autori croati, francesi, portoghesi, rumeni, svedesi e svizzeri. Questa antologia ha cioè inteso proporre loro l’idea di rifare in qualche modo i conti con ciò che, nel Ventunesimo secolo, può essere e significare la vita rurale. Una raccolta varia, come forma/spunto di un dibattito da riaprire pubblicamente, nello speciale cammino compiuto dalla poesia verso e attraverso il linguaggio, con la sua costruzione di figure, metafore e simboli, in grado di rappresentare ed estendere la nostra esperienza della realtà, di ampliare il confronto e la misura dell’uomo con il mondo, la vita.

Per troppo tempo, nella Modernità, una certa filosofia ha distinto ciò che non poteva esserlo per la stessa natura biologica e antropologica dell’essere umano. Con effetti pratici non sempre positivi, a volte drammatici, si è separato l’indivisibile: la Natura dalla Cultura o dalla Storia; le Scienze dalle Lettere e dalle Arti e così via. Cose diverse, certamente, ma tronchi di un medesimo legno, scaturiti da uno stesso ceppo, giusto per usare una metafora vegetale. Dalla condizione connaturata nell’esere umano – ciò che abbiamo già avuto occasione di definire «umanesimo antropologico» – non si può e non si deve d’altronde più prescindere, se vogliamo allargare gli orizzonti, se vogliamo dare al futuro una possibilità in più di esistere come lo desidereremmo noi.

C’è forse una maniera per rendere oggi ancora più vivo il mito delle metà o dell’ermafrodito, che Platone narra nel Simposio; e questa è distinguerlo dal mondo dell’eros inteso unicamente come slancio sessuale, per riconnetterlo a quello di Eros, considerato come Amore in senso pregnante: attenzione o tensione profonda verso tutto ciò che è “umano” e può costruirne una totalità nuova, entro una visione mutata della realtà e della cultura. Ciò significa tentare di riunire su basi contemporanee quanto la storia delle idee occidentali ha diviso per secoli, almeno a partire dal Seicento cartesiano: la mente e il corpo.

Le più recenti acquisizioni scientifiche in merito alla genetica, al funzionamento del cervello, della mente, alle percezioni, impongono infatti ben altre soluzioni e strade di ricerca, e la letteratura non può ignorarne la portata e le istanze. Così, la poesia, come tutta l’arte della letteratura, è espressione e anche conoscenza. Ciò vuol dire che è anche emozione e memoria; è anche esperienza e sorpresa e piacere; è anche il precipizio oscuro e la luce della certezza. “È anche” tanto altro, insomma, ad libitum. Che certa poesia contemporanea – spesso fossilizzata in clichés – ignori una tale complessità, è purtroppo il suo marchio d’immobilismo.

D’altra parte, la situazione umana, nella storia e nell’ambiente, muta di continuo, come si erano già accorti Francesco Guicciardini e Giacomo Leopardi. Mutano i tempi, ed i fenomeni sociali ed economici di industrializzazione e post-industrializzazione – nella loro sostanza multiforme e nelle loro conseguenze – si presentano ora in maniera assai più articolata, inconsueta. Ciò vale anche per altri fenomeni ed aspetti che, per meri pregiudizi ideologici o pigrizia, sono stati sovente relegati all’ambito di residuo del passato. Ma a torto: è un fatto che oggi il settore agricolo sia in grado di trainare di nuovo l’economia. Ciò impone un ripensamento critico su differenti piani: sociologico, economico, storico o culturale in senso lato. Una simile riflessione la si deve pretendere anche in poesia, che non può ritenersi un giardino chiuso, uno spazio ripiegato esclusivamente su un soggettivismo esasperato, sulle limitate ragioni di un io ipertrofico, pertanto immune dalle lacerazioni o dagli interrogativi dell’esistenza comune e della cultura.

È, lo ribadiamo, quanto abbiamo tentato precisamente di avviare qui.
Abbiamo cercato di restare il più possibile lontani dalle tentazioni dell’idillio, dal richiamo della campagna come rifugio, quasi astorico, per una borghesia che si sente comunque superiore ai contadini o alle classi ancora legate alla terra. Come se oggi la campagna fosse ancora quella di secoli fa, pochissimo o nulla meccanizzata, non industrializzata, quindi sospesa in una dimensione priva di consistenza. Abbiamo tentato di evitare le nostalgie arcadiche, connesse ad una vecchia concezione della Storia reputata un Assoluto, con le maiuscole appunto, quindi astrattamente: una Storia che accerchia o annienta la Natura, allo stesso modo considerata un Assoluto. In breve, una essenza immutabile, e non quello che è: dato ineludibile, ma anch’esso estremamente composito, in cui alcune realtà – e quella rurale ne è una – possono cambiare, mentre altre non sono soggette, o lo sono meno, a mutamenti.

Questo non significa sottovalutare le gravi questioni connesse ad esempio alla produzione dei beni alimentari, fatti oggetto di un attacco economicistico senza pari; connesse all’ecologia, all’urgenza di salvaguardare le acque, l’aria, la campagna – il pianeta intero, come casa prima e una dell’essere umano. Nient’altro si è cercato che avvicinarle in maniera più consapevole, anche solo tramite il puro e semplice accostamento di tante voci diverse. Non a caso La gravidanza della terra è una antologia a tema, la prima del genere in Italia e, forse, non solo.

Ampliare il ventaglio degli autori e delle poetiche rappresentate ha inteso essere un modo per vedere meglio le molte sfaccettature di una realtà problematica tutta da inventare, scoprire e ricreare. La condivisione di un invito a rimboccarci le maniche e tornare a coltivare la terra fertile delle idee poetiche. Fra tanti, ci sarà sicuramente qualcuno che, nel tracciare il solco, nell’arare il campo, riuscirà appunto a fare cultura nell’accezione originaria della parola: e, così, nuova poesia.

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In apertura un particolare della copertina dell’antologia, una illustrazione di Valerio Marini, che si può contemplare nella sua interezza nella copertina che compare all’interno dell’articolo

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