La Liguria olivicola, con i suoi muri a secco, è una regione verticale
Per tutti, è universalmente uno dei territori olivicoli tra i più noti e celebrati. Non che altre regioni non abbiano il medesimo fascino, per carità, ma per molteplici motivi, tutti hanno in mente la Liguria quando si parla di olivicoltura. In questo 2020 di grandi paure collettive e con poche certezze, non si è potuta svolgere la manifestazione “Oliveti aperti”, ma uno storico della regione molto apprezzato, Alessandro Giacobbe, ci ha raccontato la sua terra di olivi e oli con grande efficacia e sapienza. Un esempio virtuoso di oleoturismo
La Riviera Ligure ha ideato un nuovo modo di comunicare il proprio territorio. L’olio sempre al centro dell’attenzione, senza mai trascurare là dove, nelle campagne, si coltivano gli olivi dai cui frutti si ricavano i tanto celebrati oli Dop Riviera Ligure.
A Olio Officina Festival 2020 si è dato ampio spazio al tema del turismo dell’olio, e ne avevamo parlato in febbraio, sabato 8 in particolare, con Alessandro Giacobbe, uno storico locale molto apprezzato, che sa tutto della sua terra e tanto la ama.
Con lui abbiamo parlato di un’iniziativa molto interessante, sviluppata dal Consorzio di tutela degli oli Dop Riviera Ligure, ovvero l’idea di portare la gente comune tra gli olivi, si, perché molto spesso gli olivi non tutti hanno modo di vederli, ma soprattutto di conoscerli.
Sì, è vero, uno sa che esistono gli olivi, ma l’oliveto come tale, come realtà agricola lo si ignora, e, soprattutto, non si conosce in generale la complessità orografica di alcune aree del territorio italiano, come nel caso appunto della Liguria, dove l’olio assume una connotazione diversa rispetto ad altri luoghi.
Si dice Liguria e si intende “olivicoltura eroica”. Una espressione che fa la differenza.
Così parlò Alessandro Giacobbe
Qui a Olio Officina Festival rappresento il Consorzio di tutela dell’olio Dop Riviera Ligure. Sono un consulente per la comunicazione e ringrazio tutti coloro che sono qui ad ascoltarmi. Mi onoro anche di questa presenza e vi svelo di cosa si tratta: “Oliveti aperti”, un evento che sarà anche “Vigneti aperti” {previsto per l’8, il 9 e il 10 maggio 2020, non si è poi svolto per le raguoni che possiamo ben immaginare}. Si tratta della seconda edizione di questa iniziativa, che è partita l’anno scorso, forse un po’ in sordina, come tutte le iniziative liguri, ma noi siamo sempre un po’ prudenti, tanto pazienti e attenti.
Ecco, ci sono alcune riflessioni da fare, brevi. Io mi sono svegliato alle 5.30 per essere qua a Milano. Ho avuto un treno in ritardo e così ho tentato il Bla Bla Car. Mi sono dato da fare e ho tentato svariate modalità per giungere nel capoluogo lombardo, e infatti sono giunto a Milano, esattamente dieci/cinque minuti prima di parlare. Ebbene, questo rientra nel contesto delle difficoltà di collegamento. Quindi, anche il buon coreano che ha l’idea dei 160 km di larghezza di Seoul, deve impegnarsi nei suoi spostamenti, ma, ecco, il sistema di comunicazione in Liguria non è propriamente uguale a quello di Seoul, probabilmente.
Non è un caso unico: è un caso che si sta ripresentando, ma noi, nonostante tutto, continuiamo a proporre questa Liguria nuova e diversa. Perché la Liguria, che è nell’immaginario collettivo, soprattutto italiano, è quella che è alle mie spalle la vedete proiettata con la prospettiva ribaltata: cioè dal mare verso la montagna. Noi stiamo cercando di portare avanti un discorso che faccia vedere il contrario: il mare visto dall’alto.
La Liguria è verticale, la Liguria è totalmente verticale ed è verticale in quanto anche costruita, sostenuta da centinaia di migliaia di km di muri a secco, che io stesso realizzo e che ci impediscono che il territorio scivoli verso il mare, altrimenti, in tal caso, la Liguria non ci sarebbe più.
Questo è quello che accade sotto il bosco di olivi: c’è un lavoro infinito, continuo, diuturno, di tutti i giorni. Ora potare, ora concimare, e ora ci porti questo, e ora ci porti quello, e ora ci rifai il muro, e guardi l’acqua, e poi se è necessario un trattamento fai un trattamento…
Voi, dal mare, vedete questo bosco di olivi e non sapete quello che fanno le formichine che sono sotto. Le formichine siamo noi, quelli che lavorano lì. Quindi non è un discorso paragonabile a “Cantine aperte”. “Oliveti aperti” è qualcosa di molto diverso. Quasi tutte le regioni vitivinicole si organizzano per aprire le loro cantine al pubblico. Noi, no. Noi apriamo, tra virgolette, gli oliveti. Noi apriamo anche i vigneti. Noi apriamo i terreni, apriamo i luoghi, perché normalmente il visitatore se entra nell’oliveto, e trova il proprietario dell’oliveto, se proprio non è un cacciatore, insomma il ligure guarda subito al “forestiero”, e si immagina sempre che esca quel qualcuno da qualche posto lontano e pericoloso, lo guarda e dice tra sé: “che ci fa questo qua?”.
Noi, con la nostra iniziativa, cerchiamo di ribaltare questa visione e di accogliere e di far vedere come si fa olivicoltura, come facciamo l’olio a partire da oliveti che esprimono tutta la loro unicità, tra collina e montagna. Noi facciamo vedere quanta fatica c’è nel fare olivicoltura in Liguria, quindi nel conseguire l’obiettivo di fare l’olio, nel mantenere il territorio, nel presidiarlo.
Più e più volte vogliamo dire che acquistare olio extra vergine di oliva Dop di Riviera Ligure significa porre l’attenzione sul territorio. La Dop Riviera Ligure è una parola forse difficile, ma per noi molto importante, perché ci aiuta a tutelare il territorio e chi vi lavora.
Noi lavoriamo su qualcosa che copre tutta intera la Liguria con prospettive, panorami, situazioni anche diverse, seppure accomunate nella loro verticalità.
Noi quindi abbiamo la Dop Riviera Ligure e vi spiego cosa ciò voglia dire, come la stiamo facendo, come l’abbiamo fatta, perché l’abbiamo fatta. Parto da dove vivo io.
Io vivo in un paese in cui ci sono quasi tutti terreni olivati. Oliveti recuperati quasi tutti, ed è un paese di 200-250 abitanti, con un’età media di 16 anni, cioè in contro tendenza rispetto all’Italia. Perché questo? Perché ci sono i ragazzi che si sono messi a coltivare gli olivi, o se non si sono messi a coltivare gli olivi ci sono le aziende che trasformano il prodotto, o comunque si è creato un substrato comunque industriale per cui c’è la piena occupazione. Se c’è la piena occupazione, fai i bambini: hai speranza. Hai speranza anche se ci metti 5/6 ore in treno per arrivare a Milano. C’è un bambino in ogni casa. Quindi è questo il messaggio che noi cerchiamo di portare avanti e di svelare in qualche modo, perché non è soltanto quello che si vede proiettato alle mie spalle, cioè il fatto di poter vedere il mare da un oliveto, che è una cosa bellissima peraltro. Il mare per noi è la pianura liquida, non è un impedimento: è il luogo nel quale tu vai per muoverti e per conoscere altre culture, altre realtà. Un luogo per incontrare, come sempre è stato, altre dimensioni.
In realtà noi abbiamo la ferma volontà di creare legami, attraverso un discorso che ci unisce a tutti i nostri partner, ovvero anche al mondo del vino, all’enoteca regionale, come pure agli amici del basilico. Perché, signori, se facciamo il pesto senza il Basilico genovese Dop e senza l’olio Dop Riviere Ligure, un olio dolce, un fruttato leggero, che pesto volete mai fare?
È la seconda salsa più conosciuta al mondo. Si mette ovunque. Si usa nei modi più, diciamo, creativi ormai di tutto il mondo. Però il pesto ce l’abbiamo noi dentro come costruzione; quindi, detto questo, è chiaro che ci apriamo, ma, attenzione, la nostra difficoltà – e qui chiudo su questa battuta – non è tanto quella di aprirci ai viaggiatori, ma di aprirci ai turisti.
C’è differenza, per me, una netta differenza. Il viaggiatore è uno scopritore e, mi duole dirlo, perché, e parlo in italiano in questo momento, ma ci sono realtà, nell’entroterra ligure, dove ci sono gli olivi che soprattutto parlano, lavorano, ospitano all’85% soltanto stranieri, non italiani. L’italiano è legato al contesto del mare, e non lo schiodi da quella spiaggia anche se potrebbe farlo. Può andare tranquillamente a scoprire quello che noi gli stiamo offrendo, mentre è molto più vivace lo straniero che viene a scoprire cose che lui non immagina, tanto quanto non lo immaginerebbe nemmeno un italiano, solo che l’italiano è abituato a consumare l’olio e se lo trova al supermercato. Lo straniero lo scopre veramente sotto tutti i punti di vista. È questo il nostro messaggio. La Liguria si conosce calpestando la terra e percorrendo i suoi olivi.
Le distanze, i tempi lunghi di attesa. Quel che ci ha confidato Alessandro Giacobbe ci deve far riflettere. L’Italia ha bisogno di risollevare il proprio territorio con grandi investimenti, per fare in modo che non solo gli spostamenti di persone, ma anche di merci, non siano sottoposti a tempi impossibili ed estenuanti. A che serve pensare di recuperare i territori e le campagne abbandonate se la modernità, con tutti i servizi del caso, non raggiunge questi luoghi. La banda larga, non dimentichiamo la banda larga. E ora, possiamo soltanto plaudire all’intervento di Alessandro Giacobbe pronunciato nell’ambito di Olio Officina Festival in febbraio. Non è stato affatto un intervento generico e noioso, ma ci ha permesso di capire il valore dell’olivicoltura ligure, con semplicità e immediatezza.
La foto di apertura è di Olio Officina
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