Saperi

À la mémoire d’un grand philosophe

La vicenda che ritrae la fuga di qualche centinaio di famiglia russa verso la Finlandia fa pensare a quando Jean Paul Sartre, in visita a Mosca, notò che l’estero non era di interesse per i russi. Il suo soggiorno nella capitale lo portò a comprendere che i cittadini avevano trovato pieno appagamento dentro i confini della loro terra e nel loro modo di vivere. Quindi, cosa aspettarsi dai fuggitivi che hanno tentato di trovare la felicità altrove, ma che non potranno più tornare indietro?

Antonio Saltini

À la mémoire d’un grand philosophe

Tra le cento notizie sull’insofferenza del popolo russo all’eliminazione degli ultimi brandelli di autonomia personale (tra i quali, emblematico, l’avvilimento per la disapparizione, alla televisione, di ogni cimento degli atleti nazionali con competitori dei paesi che vantino campioni in grado di duelli epici), i media che seguono la tragica vicenda ci informano della fuga di qualche centinaio di auto oltre il confine della Finlandia, ultimo valico dall’Oriente del dispotismo al mondo della libertà individuale e dell’eguaglianza di fronte alla legge.

Il transito, possibile, verosimilmente a famiglie viventi in città prossime al confine, e in grado di portare con sé il denaro necessario a sopravvivere all’estero, sarà stato rapidamente interrotto (con la probabile condanna ai lavori forzati di qualche funzionario poco diligente): nella Russia intera, secondo l’immortale proclama di Trotcky, avrebbe dovuto dominare il terrore.

La vicenda, scheggia insignificante di una tragedia mondiale, ricorda, peraltro, un evento degli anni Cinquanta, la visita a Mosca di Jean Paul Sartre, il sommo philosophe francese che fu onorato, a Mosca, come uno dei maggiori interpreti del pensiero di Karl Marx.

Chi scrive non può ricordare i dettagli di cronaca: verosimilmente al Cremlino Monsieur Sartre sarà stato ricevuto da Michail Andreevič Suslov, infaticabile sterminatore di etnie riluttanti al regime rosso, il dottrinario marxista che assisteva Stalin nella ricerca, nelle pagine di Das Kapital, dei precetti che ne giustificassero ogni scelta civile, economica, militare.

Chi scrive non può, ripete, ricordare la cronaca, reperì, peraltro, in anni successivi, in un’autorevole rievocazione del pensiero del celebre francese, una riflessione che aveva suscitato l’entusiasmo di tutti gli stalinisti europei (in Francia, Italia e Spagna, allora milioni di uomini e donne).

Avendo, il maestro, notato che tra i cittadini russi non sussisteva alcuna propensione a viaggiare all’estero, se ne sarebbe, sorpreso, chiesta la ragione.

Dopo lunga riflessione (come è costume di tutti i grandi pensatori) avrebbe concluso che la felicità dei medesimi cittadini russi era tanto completa nel regime assicurato dal “Piccolo Padre” (Stalin) che non provavano alcun interesse per la conoscenza di stili di vita diversi.

I pochi russi fuggiti in Finlandia verificheranno, dobbiamo desumere dalla sentenza del Maestro, l’errore commesso: non potendo rientrare è, quindi, certo che non avranno davanti che una soluzione: il suicidio.

La foto in apertura è di Olio Officina©, tratta dal Museo della Follia di Lucca a cura di Vittorio Sgarbi. L’opera appartiene alla sezione Ospedali Psichiatrici Giudiziari, Opg

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