Saperi

La prima lezione di economia politica di Giuseppe Di Vittorio

Lui stesso la definì così, nello studio del pittore Carlo Levi, incaricato di ritrarre il parlamentare in occasione del suo sessantesimo compleanno. Incontro dopo incontro tra i due si creò un intimo rapporto di amicizia, che portò Di Vittorio a raccontare della sua infanzia, della sua maturità, e dei momenti che lo segnarono come persona, facendolo crescere e dandogli un’altra prospettiva sul mondo

Alfonso Pascale

La prima lezione di economia politica di Giuseppe Di Vittorio

Carlo Levi era stato incaricato dalla Cgil di fare il ritratto di Giuseppe Di Vittorio in occasione del suo sessantesimo compleanno.

E pertanto riceveva nel suo studio, per qualche ora al giorno, le visite del parlamentare e dirigente sindacale.

Così racconta lo scrittore-pittore quegli incontri:

“Parlava: lo ascoltavo e rispondevo, dipingendo.

Essendosi stabilito tra noi un intimo rapporto di amicizia, egli era portato a raccontare episodi della sua infanzia, della sua adolescenza, della sua maturità.

Raccontava del suo primo contatto con il lavoro e con la natura, che egli chiamava la sua prima lezione di economia politica.

Era un bambino piccolissimo, forse di cinque o sei anni: e per la prima volta andò a lavorare in campagna.

Cerignola è una specie di grande borgata, una città che ha il carattere di un villaggio di braccianti.

Il bambino Di Vittorio non era mai uscito dai confini del paese, non sapeva cosa era un albero, cosa era un prato, cosa era l’aspetto della campagna.

Aveva passato gli anni dell’infanzia a giocare con gli altri bambini sui marciapiedi, (quando c’erano i marciapiedi), o nei rigagnoli, (quando c’erano, perché l’acqua mancava).

Era stato arruolato con altri ragazzi a raccogliere piselli: gli avevano dato un sacco da riempire durante la giornata.

«Io non avevo mai visto un albero, non avevo mai visto una farfalla, stavo incantato in mezzo a questa natura che era completamente nuova, straordinariamente commovente, affascinante. Ero rimasto tutta la giornata a guardare il cielo e le foglie, dentro un incanto che non potevo vincere, ero felice; ma, arrivata la sera, non avevo raccolto neanche un pisello e il mio sacco era vuoto».

A sera venne il padrone: doveva essere un uomo abbastanza saggio, perché invece di sgridarlo violentemente, o picchiarlo o licenziarlo su due piedi, gli disse «tu vorresti che io ti pagassi la giornata ma tu non hai raccolto nessun pisello» (aveva forse capito l’incanto subito dal bambino nel suo primo contatto con un mondo diverso), «Tu vorresti che io ti pagassi la giornata, ma io non ti posso pagare, perché il prezzo dei piselli è composto da vari elementi: il costo della semenza, il lavoro dello zappatore, di chi annaffia, di chi concima, poi c’è il costo di chi raccoglie, e il guadagno del padrone: tu non hai raccolto niente, io non posso vendere i piselli che non ci sono oggi, tu mi capisci, non posso pagarti. Torna a lavorare domani».

E Di Vittorio commentò: «Questa fu la prima lezione di economia politica della mia vita».

Il racconto di Di Vittorio – conclude Carlo Levi – era quello di uno scrittore, di un poeta che entra insieme nel mondo del lavoro e in quello della natura e rimane affascinato dalla esistenza della realtà. La capacità di commuoversi per la realtà, che diventerà poi la capacità di muoversi per i grandi bisogni degli uomini, è rimasta in lui sempre immutata”.

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