La rivolta delle arance
Il 3 febbraio 2019 cade il cinquantenario di una storica rivolta che portò il 3 febbraio 1969 migliaia di cittadini di Fondi a scendere in piazza e a occupare la ferrovia. Un giorno segnato da duri scontri con le forze dell'ordine. La crisi agrumicola non era altro che la punta dell'iceberg di un malessere sociale più generale
![La rivolta delle arance](https://www.olioofficina.it/wp-content/uploads/2022/09/1274-lg.jpg)
La motivazione della protesta veniva individuata genericamente nella crisi dell’agrumicoltura che da qualche anno aveva colpito la Piana. Soprattutto le arance avevano subito un calo produttivo considerevole dovuto non solo e non tanto alle avversità atmosferiche, ma soprattutto ad una diffusa sfiducia dei produttori nel continuare a curare una coltura che non aveva più mercato.
Si erano perduti gli sbocchi commerciali della Cecoslovacchia, della Polonia e della Germania Orientale e si subiva la concorrenza di qualità più pregiate – quali il tarocco e il sanguigno – esportate da altre zone d’Italia o di produzioni – offerte a costo inferiore – provenienti dalla Spagna, dalla Grecia e da Israele. Ma in realtà un diffuso disagio percorreva ogni piega della società fondiana.
La crisi agrumicola non era altro che la punta dell’iceberg di un malessere sociale più generale dovuto alla scelta della classe dirigente locale e nazionale di puntare allo sviluppo industriale forzato dall’alto in una logica fordista e di abbandonare l’idea di uno sviluppo territoriale a carattere intersettoriale (agricolo, industriale e nei servizi), mediante la valorizzazione delle risorse locali. Quella scelta aveva determinato il disinvestimento nelle attivittà pubbliche di ricerca e istruzione nell’ambito agrario e agroalimentare, indebolendo le competenze agronomiche ed economico-agrarie necessarie per accompagnare gli agricoltori nelle sfide che la rivoluzione tecnico-scientifica e l’apertura dei mercati stavano ponendo. Nessuno si rendeva conto che la conoscenza aveva nel frattempo assunto il ruolo di fattore immediatamente produttivo e andava salvaguardata come bene comune da socializzare.
A Fondi si consumava – con il lancio degli agrumi sulle strade e con le cariche della polizia nei confronti di cittadini inermi – uno dei tanti episodi del Sessantotto delle campagne, di cui abbiamo parlato a Matera, nel dicembre scorso, in un convegno promosso dalla Fondazione Basilicata Futuro.
Solo un intellettuale e politico di grande valore, come Emilio Sereni, seppe individuare nella contestazione studentesca, prima ancora di una ripulsa del sistema sociale, un rifiuto della collocazione che i primi sviluppi della rivoluzione scientifico-tecnologica assegnava a studenti e ricercatori nell’ambito dei sistemi informatici e della scienza. E seppe cogliere nelle inusitate forme di lotta dei contadini (latte rovesciato per le strade, lancio di pomodori e altri ortaggi verso le autorità, lancio degli agrumi sulle strade, ecc.) non già lo scadimento verso forme qualunquiste, primitive o anarchiche ma elementi di analogia con le forme di lotta degli studenti.
Naturalmente, non ne traeva affatto la conclusione che i contadini e gli studenti si fossero d’un tratto trasformati in forze rivoluzionarie. Ma riteneva che entrambe queste forze sociali reagivano inconsapevolmente agli effetti di una novità sconvolgente: la rivoluzione scientifico-tecnologica che si era appena avviata veniva ad incidere direttamente nei rapporti produttivi, aprendo sicuramente opportunità enormi di libertà e di progresso per tutti, ma a condizione che tutti vi potessero accedere. E coglieva, dunque, il dischiudersi di una dialettica nuova che avrebbe potuto preludere il superamento di una società divisa in classi e l’affermarsi di un nuovo divario tra chi avrebbe posseduto la conoscenza e chi ne sarebbe rimasto privo.
Sereni rimase del tutto incompreso e isolato, mentre la sinistra italiana degli anni Sessanta e Settanta ignorò completamente quel fenomeno di intraprendenza competitiva che si stava per sprigionare sulla scena planetaria e si chiamerà Silicon Valley, accompagnando la transizione dal “free spech” al “free software”. Un fenomeno che avrebbe messo in marcia in Occidente una riformattazione della politica e delle tecniche della comunicazione persuasiva, che oggi stiamo vivendo.
La “rivolta delle arance” di cinquant’anni fa non è un episodio che deve incuriosirci solo per la ricorrenza della commemorazione ma è una vicenda che parla all’oggi. Se non comprendiamo il significato più profondo di quel malessere, non riusciremo mai a individuare le soluzioni di problemi molto gravi e complessi che ci trasciniamo da mezzo secolo.
La foto di apertura è tratta da Fondi Notizie
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