Saperi

La satira contro il villano

In uno spot pubblicitario di quattro anni fa, Aldo, Giovanni e Giacomo proposero un desueto ma reale contesto di campagna e dovettero sorbirsi la reazione infastidita del ministro delle politiche agricole di quel momento, Mario Catania. Il quale, denunciò il permanere del pregiudizio anticontadino come espressione delle subculture urbane e industriali

Alfonso Pascale

La satira contro il villano

Quella che segue è la nota che scrissi a commento della vicenda. Cliccando QUI, invece, il link che rimanda allo spot Wind con Aldo, Giovanni e Giacomo.

Nel Medioevo la satira contro il villano ha costituito un luogo comune di tutte le letterature. Menestrelli e giullari giravano le corti d’Europa e, utilizzando il siffatto stereotipo, divertivano i loro datori di cibo. In che modo? Mettendo in ridicolo la loro controparte sociale: il contadino appunto.

Anche la poesia popolare satirica è stata carica di disprezzo verso i contadini. Era, infatti, il frutto velenoso dell’antagonismo medievale tra gli artigiani delle città e gli abitanti delle campagne. Ma poi all’inizio del Seicento, Giulio Cesare Croce propone una letteratura d’evasione fondata sull’eroe contadino, Bertoldo, “scarpe grosse, cervello fino”. Il quale, alla corte del re longobardo, Alboino, gode – come sottolinea Piero Camporesi – della “permissività tradizionalmente riconosciuta agli eroi di carnevale, alle maschere, ai mostri”. E’ la messinscena del “mondo alla rovescia” che permette alle plebi rurali, una volta ogni tanto, di farsi re e cortigiani. Un baccanale che si ripete ancora oggi, quando nei raduni coldirettiani di luglio, ministri e giullari s’alternano al podio e i re contadini si divertono a farli applaudire o fischiare dai convenuti.

Orbene, se si guarda con attenzione lo spot della discordia, si può notare che la gag non s’ispira né alla poesia satirica anticontadina né al racconto onirico della maschera di Bertoldo: la vicenda è realisticamente collocata nel nuovo contesto postindustriale, globalizzato e telematico delle campagne contemporanee. E ci dice una verità che è sotto gli occhi di tutti e pochi hanno voglia di vedere: nel nuovo mondo le antiche distinzioni sono finite, la campagna si è presa la sua rivincita, come c’insegna Corrado Barberis da ormai trent’anni con le innumerevoli ricerche dell’Insor.

Pertanto, la satira pungola non già, come negli stornelli contro il villano o nel mondo onirico bertoldiano, l’agricoltore ignorante e rozzo, ma un certo tipo di cittadino che continua a vedere il mondo come se si fosse fermato a cinquant’anni fa. E’ un superstite della corte di Alboino, che dopo la sbornia dell’urbanizzazione selvaggia e dell’industrializzazione fallita, è del tutto disorientato dalla novità.
Non a caso reagiscono con veemenza coloro che, nel nuovo scenario, non si ritrovano più: sono i bertoldi e bertoldini che replicano, dal versante agricolo, il gioco inesistente del mondo diviso in due (urbano e rurale), per continuare a spartirsi le residue rendite di posizione. Li unisce una proposta protezionistica sulla Pac, che richiama in qualche modo la “battaglia del grano” in chiave europea, e una posizione autarchica dell’agricoltura italiana e del territorio agricolo, che s’ispira direttamente alla lotta contro l’urbanesimo. Entrambe queste idee trovano le proprie radici nelle culture totalitarie del Novecento. E non a caso si pretende che anche la satira debba essere asservita a quel progetto politico. Ma fortunatamente abbiamo comici,come Aldo, Giovanni e Giacomo, che si sottraggono a tale diktat e rappresentano il mondo per quello che è.

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