Saperi

La Vita e il Mare

Il mare ha la propria scrittura nel senso che mostra dei segni attraverso cui comunica, chi da profano si appresta ad interpretarli si distrae e rischia di morire perché travolto dalle onde. Così, come nel mare, nella vita

Massimo Cocchi

La Vita e il Mare

L’unica cosa certa della vita è la morte, inevitabile arriva e ti toglie dalle gioie, dai dolori, dai piaceri, dagli affetti, dalle avversità, da tutto.

E quando arriva e ti coglie, fino al fatidico momento, transiti dall’amarezza di non poterli più percepire, poi non c’è più ricordo, di gioie, di dolori, di piaceri, di affetti, di nulla.

Ecco, allora, che noi possiamo solo parlare della vita, di ciò che conosciamo e di ciò che abbiamo conosciuto, e possiamo guardare alla morte pensando che non ci sia perché essa appartiene al tempo futuro, quel tempo futuro che, al mio pensiero, non esiste.

In questi giorni di Sicilia, su uno squarcio di mare meraviglioso, l’ho osservato a lungo questo mare, l’ho osservato nei giorni di scirocco e nei giorni di maestrale, come oggi ad esempio.

In questi lunghi momenti ho pensato come il mare e la vita si possano sovrapporre se cerchiamo di interpretare il movimento nell’incessante movimento d’onda che si ripete come il giorno dopo l’altro.

Nei giorni di Scirocco il mare e la vita sono “soffiati” da un vento caldo, e mentre l’onda prende una direzione soccombendo alla forza del vento così fa la vita, che si scalda e dirige l’umore verso una riva di piacevolezza, al contrario quando c’è Maestrale il mare va in direzione opposta, si raffredda e così fa la vita quando il vento freddo e contrario conduce i pensieri verso mete meno gioiose e gradevoli.

Oggi c’è Maestrale, le nubi si adagiano scure sulla cima delle Madonie a nascondere la neve e lasciano trasparire squarci di luce in lontananza, l’onda si schiuma e si scaglia con violenza sulla roccia dove alza grandi spruzzi come a volere erodere quella terra che si è ripresa la sua arroganza.

E così è la vita dove il bene e il male si alternano incessantemente come l’onda del mare, ogni tanto schiumano poi si calmano e se cambiano gli eventi si ritorna al piacevole calore dello Scirocco.

Maestrale e Scirocco sono un po’ come i due cervelli che vivono in noi, quello della banale normalità dove riesci ad apprezzare gli eventi senza tempeste e quello della follia che si comporta come le impennate d’onda, come i mulinelli che formano i gorghi e che ti invitano, con il loro fascino, ad entrarci, forse, per non uscirne mai più.

Ecco, mare e vita irrompono sulla terra e su di noi con fare simile ripetendo quell’infinito fatto di momenti incessanti e successivi dei quali non ti è mai dato di conoscere il momento della ribellione, quel momento in cui tutto si può capovolgere e trascinarti nel fascino del fondo, sia per il mare sia per la vita.

Come il mare si porta dentro i suoi pesci, anche noi ci portiamo dentro pensieri che vagano, come il pesce di mare, alla ricerca di quel cibo che, per i pesci è vita e per noi, troppo spesso, è illusione.

Oggi il silenzio dell’acqua si è fatto rumore, le onde increspano lanciando un fugace bianco di schiuma a cavalcare l’onda successiva, gli spruzzi si alzano sulla roccia ed è deserto di barche e così è la vita, dove rumori, silenzi e animi deserti si alternano e dove gli spruzzi d’impeto possono essere ambasciatori silenziosi di impennate improvvise a volte drammatiche a volte decisive anche della vita altrui.

Il mare come la vita, tra normalità e follia.

“u mari avi na scrittura a cu si ci appreca mori allura”

“Il mare ha una sua scrittura, chi vi presta attenzione muore subito”

Il mare ha la propria scrittura nel senso che mostra dei segni attraverso cui comunica, chi da profano si appresta ad interpretarli si distrae e rischia di morire perché travolto dalle onde. Così, come nel mare, nella vita.

Riflettendo

L’uomo, fondamentalmente, ha due orizzonti che interrompono la sua acutezza visiva, quello del mare e quello del cielo.

Oltre quello del mare si aprono gli oceani e oltre quello del cielo si apre l’universo, si aprono dimensioni che sanno di infinito e che difficilmente riusciamo a percepire ma che rappresentano il fascino della nostra fantasia di vita.

A volte vorremmo essere in quelle dimensioni per rivolgere lo sguardo sulla nostra piccola e circoscritta dimensione, per guardare da un osservatorio privilegiato, con occhio critico, la nostra vita fatta di gioie, dolori, entusiasmi e tristezze, per vederci negli affetti e negli amori, per vederci come noi non riusciamo a fare.

Da questo sguardo, che immaginiamo dall’infinito al terreno, cerchiamo di trarre l’insegnamento per essere ciò che dobbiamo essere nel meglio e nel bene per tutti.

Per vederci nel lavoro che quotidianamente svolgiamo e per potere cogliere quegli inevitabili errori che non vorremmo mai commettere, ma allora non saremmo uomini che sbagliano.

In apertura, foto di Olio Officina©; la foto all’interno del testo è di Massimo Cocchi ©

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