Saperi

Libri per un’estate saggia

Per l’ulltimo scorcio di vacanza, altri libri da leggere, oltre a quelli già consigliati. Trascorrere il tempo libero senza restare vincolati davanti a smartphone e altre diavolerie elettroniche è un segno di saggezza e buon senso, ma anche un dovere che deve impegnare ciascuno di noi

Olio Officina

Libri per un’estate saggia

Vi abbiamo già consigliati dei libri in lettura, di narrativa e poesia (QUI) e di saggistica e manualistica (QUI). Ora, ancora altre segnalazioni.

Stefano Bocchi, Zolle. Storie di tuberi, graminacee e terre coltivate, Raffaello Cortina

L’agricoltura è storia sociale condivisa e al tempo stesso storia specifica, localmente connotata in modi significativi. Le differenze agroalimentari hanno avuto sicuramente effetti importanti sulla storia delle vicende umane, condizionando la qualità della vita individuale e collettiva.
A partire dagli elementi che caratterizzano il mondo agricolo – terreno fertile, acqua, biodiversità, imprenditoria agraria – si propone qui al lettore un viaggio nell’evoluzione della scienza di coltivare le piante, dal primo manuale di agronomia sumerico ai moderni testi di agroecologia.
Nrel volume si incontrano personaggi importanti come Jethro Tuli, pioniere dell’agricoltura moderna, da cui prese il nome il celebre gruppo rock, e Nazareno Strampelli, l’agronomo che, tra gli anni Venti e Trenta del Novecento, riuscì a raddoppiare la produzione di grano in Italia. Senza trascurare momenti di svolta come la domesticazione della patata in epoca preincaica e gli “orti di guerra” sorti durante l’assedio di Leningrado.
Sono racconti affascinanti, che riassumono gli snodi principali di cento secoli di storia agroalimentare, utili per affrontare future questioni legate alla produzione di alimenti, alla cura del territorio, all’impiego sostenibile delle risorse.

Dan Barber, La cucina della buona terra. Storie di passione per il cibo, traduzione di Francesca Pe’, Bollati Boringhieri

La cucina della buona terra. Storie di passione per il cibo è una sorta di viaggio inziiatico. E così, dopo aver allevato un piccolo gregge di agnelli su pascoli di erba fresca, seguendo una tecnica antica e complessa che aveva coinvolto l’intera fattoria, Dan Barber propone finalmente nel suo ristorante le deliziose costolette ottenute con tanta fatica. Accompagnate da puré alla menta e zucchine grigliate, nel giro di pochi istanti vanno completamente esaurite: mesi di lavoro vengono divorati in un batter di ciglia dai primi avventori del ristorante, come un hot dog qualsiasi.
Sconfortato, Barber commenta: «La sera in cui le costolette fecero il tutto esaurito, cominciai a pensare che il pelo nel nostro uovo fosse il menu stesso, o per meglio dire la concezione occidentale del menu, ancora legata a una dieta proteinocentrica».
La cucina della buona terra parte da questa considerazione e ci conduce in un viaggio fantastico, in ogni parte del mondo, a conoscere i migliori allevatori, i migliori pescatori e i migliori agricoltori, scoprirne la dedizione, l’attenzione alla loro terra e al loro mare, in un grande affresco di arte culinaria che è anche un’ode accorata alla sostenibilità del pianeta e alla felicità di farne parte. Soprattutto quando mangiamo.
Dal fast-food al cibo del territorio si è fatto un grande passo avanti, ma si tende ancora a pensare che il menu del ristorante debba dettare l’agenda degli agricoltori e degli allevatori, mentre Barber è convinto che le cose stiano esattamente al contrario: un buon chef interpreta il cibo e mette nel piatto, con arte, i frutti del lavoro di coloro che gli alimenti li fanno crescere assecondando la natura e producendo ciò che la terra sa fare meglio, non ciò che il cliente vuole a tutti i costi.
È una rivoluzione copernicana della cucina e delle abitudini, ma è necessaria e per fortuna gustosa.
Il viaggio decennale di Dan Barber tra questi agricoltori così ostinati, che lui descrive in tutta la loro umanità, ha dato questo libro come frutto.

Renzo Paris, Il fenicottero. Vita segereta di Ignazio Silone, Elliot

“Fenicotteri” era il nome con cui si chiamavano tra loro i comunisti sotto il fascismo, i quali, come gli uccelli dalle ali rosse, volavano da una città all’altra per consegnare la stampa clandestina. Tra questi Secondino Tranquilli (alias Ignazio Silone), di cui Renzo Paris racconta qui la vita segreta, dalla nascita, avvenuta nel 1900, al 1930, anno in cui scrisse in Svizzera il suo romanzo d’esordio: Fontamara. Basandosi su alcuni documenti inediti, Paris segue passo passo l’infanzia, l’adolescenza e la giovinezza di Silone insieme a quella di suo fratello Romolo: il terremoto del 1915 che distrusse Pescina, la crescita politica e interiore, il primo approdo a Roma attraverso i buoni uffici di don Orione, lo stato di profonda miseria, l’ambiguo rapporto con il misterioso commissario Bellone, il congresso di Livorno, i viaggi a Mosca, Parigi, Barcellona, Zurigo, il carcere, fino ad arrivare alla disillusione politica e all’allontanamento dalla formazione religiosa. Un romanzo basato su documenti (alcuni dei quali inediti) che a tratti sfiora la spy story e nel quale sfilano personaggi come Gramsci, Togliatti, Lenin, Stalin, insieme alle donne di Silone dell’epoca, l’ebrea rossa Gabriella Seidenfeld e Aline Valangin, la psicanalista che lo introdusse nell’ambiente dei grandi intellettuali e scrittori del tempo. Una narrazione che indaga le identità di Silone sempre cangianti, fino alla schizofrenia finale che lo consegnerà nelle mani dei dottori nella clinica di Jung.

Milena Agus e Luciana Castellina, Guardati dalla mia fame, Nottetempo

Rispetto agli altri titoli segnalati, questo volume è stato pubblicato lo scorso anno e ci era sfuggito, ma è di grande interesse per il tema trattato. È forse la prima volta che un avvenimento, in questo caso un efferato delitto, viene raccontato in uno stesso libro da due voci contrapposte che entrano nella pelle della vittima o dell’aggressore. Nella Puglia del dopoguerra, terra di passaggio dove si incontrano reduci, transfughi, tedeschi e alleati, in occasione di un comizio di Giuseppe Di Vittorio, politico e sindacalista, avviene un linciaggio. Milena Agus e Luciana Castellina entrano nei fatti, ciascuna con la propria passione e la propria ragione, minuziosamente documentate. Milena Agus penetra nel palazzo delle vittime, e le ricrea con la sua smagliante e amorosa immaginazione, mentre Luciana Castellina ricostruisce la storia di quegli anni, assai poco nota, e le circostanze che fecero di una folla di poveri braccianti e delle loro donne dei feroci assassini: una all’interno, l’altra all’esterno, in due superfici che si toccano senza conoscersi, il palazzo e la piazza, e che quando vengono a contatto, esplodono.

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