Saperi

Nel contagio

Lo scrittore Paolo Giordano, che nel 2019 ha ricevuto il Premio Olio Officina, ha pubblicato per Einaudi un libro che consigliamo di leggere perché affronta le paure e le preoccupazioni scaturite dall'epidemia di Covid-19. Nel contagio siamo un organismo unico, una comunità che comprende l'interezza degli esseri umani

Olio Officina

Nel contagio

Non ho paura di ammalarmi. Di cosa allora? Di tutto quello che il contagio può cambiare. Di scoprire che l’impalcatura della civiltà che conosco è un castello di carte. Ho paura dell’azzeramento, ma anche del suo contrario: che la paura passi invano, senza lasciarsi dietro un cambiamento.

L’epidemia di CoViD-19 si candida a essere l’emergenza sanitaria piú importante della nostra epoca. Ci svela la complessità del mondo che abitiamo, delle sue logiche sociali, politiche, economiche, interpersonali e psichiche.

Ciò che stiamo attraversando ha un carattere sovraidentitario e sovraculturale. Richiede uno sforzo di fantasia che in un regime normale non siamo abituati a compiere: vederci inestricabilmente connessi gli uni agli altri e tenere in conto la loro presenza nelle nostre scelte individuali.

Nel contagio la mancanza di solidarietà è prima di tutto un difetto d’immaginazione.

Nel contagio siamo un organismo unico, una comunità che comprende l’interezza degli esseri umani.

Paolo Giordano è un autore di narrativa, peraltro molto apprezzato per i suoi romanzi, vincitore, giovanissimo, del Premio Strega. Ha una formazione scientifica, e infatti nell’anno accademico 2006-2007 ha conseguito la laurea specialistica in fisica delle interazioni fondamentali presso l’Università degli studi di Torino. Ha inoltre vinto una borsa di studio per frequentare il corso di dottorato di ricerca in fisica delle particelle, presso la Scuola di dottorato in Scienza e alta tecnologia del medesimo ateneo.

È venuto improvvisamente alla ribalta in qualità di autore di un romanzo di grande successo, La solitudine dei numeri primi, edito da Mondadori nel 2008, opera che gli è valsa, tra gli altri, il Premio Campiello Opera Prima, il Premio Fiesole Narrativa Under 40 e, soprattutto, il Premio Strega 2008.

Giordano spicca anche per le sue attenzioni verso il sociale. Un suo racconto è incluso nell’antologia Dignità! Nove scrittori per Medici Senza Frontiere, edito da Feltrinelli nel 2011.

Tra gli altri suoi romanzi citiamo Il corpo umano (Mondadori, 2012) e Il nero e l’argento (Einaudi, 2014).

Il libro attraverso il quale abbiamo voluto metterlo in evidenza ai nostri lettori, assegnandogli il Premio Olio Officina 2019, è stato il romanzo Divorare il cielo (Einaudi, 2018), dove peraltro compaiono delle intense pagine sulla Xylella fastidiosa che sta mietendo olivi in Puglia. E proprio la campagna pugliese è il teatro in cui si svolge la storia di Divorare il cielo, una storia che attraversa vent’anni, quattro vite e un amore.

Coltivare quella terra rossa, curare gli ulivi, sgusciare montagne di mandorle, un anno dopo l’altro, fino a quando Teresa, la protagonista, rimarrà la sola a farlo. Perché il giro delle stagioni è un potente ciclo esistenziale, e la masseria il centro esatto del mondo. In questo romanzo c’è l’amicizia fra maschi, la ribellione a Dio e ai padri, il desiderio e la rivalità.

Divorare il cielo – altro libro che consigliamo di leggere, oltre a quello appena pubblicato, Nel contagio – è un romanzo che poggia sul nostro bisogno di trasgredire, ma anche di appartenere costantemente a qualcosa o a qualcuno. Al centro c’è una generazione colma di vita e assetata di senso, che conosce tutto eppure non si riconosce in niente. Ragazzi con un piede ancora nel vecchio millennio, ma gettati nel futuro, alla disperata ricerca di un fuoco che li tenga accesi.

Ed ecco, a proposito del Premio Olio Officina 2019 assegnato a Paolo Giordano, la motivazione “Segnalatosi sin dal felice esordio nella narrativa per la capacità di affrontare i disagi più profondi della gioventù, rispecchiando fedelmente i sentimenti, i nodi e i conflitti interiori di una generazione, con il romanzo Divorare il cielo si è assunto il coraggio di misurarsi con lucidità con un altro tema cruciale, questa volta esterno alle coscienze, che rimanda a una olivicoltura compromessa dalla Xylella e a un ambiente messo anch’esso a rischio.”

Interessanti le amare riflessioni di Paolo Giordano in merito all’avanzata della Xylella: “Guidando lungo la superstrada che collega Brindisi a Lecce il disastro è visibile a occhio nudo: alberi maestosi che l’estate prima avevano al più qualche ciuffo di foglie ingiallite sono ormai degli scheletri, gli oliveti delle distese spettrali. È un panorama che stringe la gola di commozione”.

“Scrivendo un romanzo – precisa Giordano – si mettono il più possibile a tacere le proprie opinioni per non corrompere quelle dei personaggi. Quando ho seguito Bern e Teresa e Danco e Giuliana al presidio e poi in cima agli alberi, l’ho fatto con totale disarmo e tuttavia con la consapevolezza sottostante che difficilmente mi sarei trovato insieme a loro in una lotta come quella. Ma il fatto stesso di aver scelto la loro storia fra le infinite intorno tradisce, mi sembra, una possibilità della mia anima: quella possibilità che ho intuito ascoltando, dapprima pieno di scetticismo, i ragazzi di Oria, registrando la loro indignazione per quelle X di vernice rossa. Una possibilità di resistenza, che l’immensità della campagna piatta intorno rendeva ancora più futile, e quindi più romantica, più eroica”.

Le foto sono di Gianfranco Maggio per Olio Officina

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