Saperi

Nel nome della Bianchera

L’olivicoltura in provincia di Trieste. Con la Dop Tergeste espressione dell’estremità nord di una realtà mediterranea di lungo corso. Nel territorio la coltivazione dell’olivo non è una realtà nuova. E’ una tradizione che risale al periodo preromano

Olio Officina

Nel nome della Bianchera

La civiltà del Mediterraneo ha una connotazione del tutto particolare caratterrizzata dalla millenaria presenza dell’olivo nel suo paesaggio e delle olive e dell’olio nella sua cultura alimentare. L’albero dell’olivo accompagna l’uomo lungo tutto il tragitto della sua storia dalla sua comparsa decine di migliaia d’anni orsono fino ai giorni nostri.

L’olivo è parte fondamentale della storia dell’umanità e patrimonio universale della civiltà passata e di quella contemporanea. I molteplici aspetti simbolici della pianta, del suo frutto e del frutto del suo frutto sono presenti nella vita quotidiana, nelle credenze popolari, nella religione, nell’arte e nella cultura, nello sport e nei costumi delle genti che popolano la vasta area del Mediterraneo.

Le condizioni climatiche caratterizzate da calde estati asciutte e talvolta umide, nonché da inverni piovosi indicano il Mediterraneo come l’area geografica ideale per la crescita dell’olivo. A Mongardino, nei pressi di Bologna, sono state scoperte foglie fossili del progenitore dell’ulivo di circa un milione di anni fa. Foglie d’olivo fossilizzate di un età stimata tra i 50 e i 60 mila anni sono state rinvenute sulle isole Santorini e Nisyros nel Mar Egeo.

La prima olivicoltura si sviluppò nei luoghi d’origine delle più antiche civiltà Palestina, Siria e Creta. E proprio da Creta, splendida isola del Mediterraneo orientale, abitata sin dal VII millenio a.C., che incomincia 5500 anni fa l’espansione dell’olivicoltura verso gli altri Paesi del bacino delle “Terre di Mezzo”.

I coloni greci e fenici, abili navigatori e intraprendenti commercianti, portano l’olio e insieme all’olio anche la pianta dell’ulivo nell’alto Adriatico e infine sulle sponde della regione che oggi porta il nome del Friuli Venezia Giulia.

Anche l’olivicoltura nella provincia di Trieste affonda le proprie radici nel periodo preromano; si presume che fossero gli antichi fenici a portare l’olivo nel golfo di Trieste come pianta ornamentale.
Durante l’epoca romana l’ulivo si espande in Istria e Dalmazia. Conosce periodi di grande prosperità e valorizzazione salutistica e commerciale. Resiste al temporaneo abbandono durante le migrazioni dei popoli dall’ Est all’Ovest e riprende rigogliosamente a fruttificare nell’era veneziana.

Giunge abbastanza florido alle soglie del XX secolo, ma la gelata del 1929 produce sull’olivicoltura mediterranea e più marcatamente sulla nostra, locale, dell’Istria e dei dintorni di Trieste, un effetto devastante, tanto da comprometterne l’esistenza. Pochi ma tenaci appassionati continuano la coltivazione a costo di molti sacrifici specialmente nel periodo del raccolto quando per molire le olive bisognava attendere che la campagna olivicola fosse finita e il raccolto veniva trasportato in Veneto a Bassano del Grappa, tanto lontano era il frantoio più vicino.

La ripresa ricominciò nel 1978 con la riapertura a Bagnoli della Rosandra del primo frantoio nel Friuli Venezia Giulia e con incentivi dell’amministrazione regionale tramite la legge 79/81 per il recupero di colture autoctone tra le quali anche l’ulivo. Un’altra micidiale gelata nel 1985 tolse il respiro ma non il coraggio agli olivicoltori locali. Grazie alla loro caparbietà e alla volontà di molti giovani, che si appassionarono a questa attività, nonché il sostegno delle istituzioni politiche e scientifiche, fecero rinascere l’olivicoltura triestina a tal punto da rappresentare al giorno d’oggi l’attività agricola più produttiva nella provincia, prima ancora della viticoltura che pur vanta tradizioni antichissime. La vocazione olivicola di quest’area è ampiamente dimostrata anche dal fatto che il porto di Trieste è stato per secoli un importante centro di raccolta e di smistamento per l’olio d’oliva.

“Nel 2001 il Comune di San Dorligo della Valle – Občina Dolina entra ufficialmente nell’Associazione nazionale Città dell’Olio, portando così il nome e l’immagine dell’olivicoltura triestina e regionale all’attenzione del mondo oleicolo italiano, dal quale anno dopo anno sta ricevendo apprezzamenti e riconoscimenti” (Paolo Parmegiani). Seguirono il suo esempio la CCIAA di Trieste, il Comune di Trieste, la Provincia di Trieste, il Comune di Muggia e recentemente (marzo 2010) il Comune di Manzano del Friuli.

In tutta la Regione Friuli Venezia Giulia le aree dedicate all’olivicoltura sono attualmente quantificabili in 350 ettari, così suddivisi: 120 in provincia di Trieste, 20 in provincia di Gorizia, 30 in provincia di Pordenone e 180 in provincia di Udine. Ogni anno vengono messi a dimora circa 20-25 ettari di nuovi impianti. Il patrimonio olivicolo regionale è stimato in circa 100.000 piante di olivo delle quali un buon 40% sta appena per entrare in produzione. L’attuale produzione, pari a circa 8000 quintali di olive è per i due terzi concentrata nella provincia di Trieste.

BELICA /BIANCHERA

»La belica/bianchera – oliva che esprime al meglio il territorio giuliano« (Luigi Caricato).

La varietà belica/bianchera è da sempre la più tipica della zona dell’estremo Nord-Est d’Italia e in special modo della provincia di Trieste da dove propriamente proviene ed è reputata a pieno titolo varietà autoctona, selezionatasi nel corso dei secoli nel territorio del comune di San Dorligo della Valle – Dolina. Il suo nome deriva probabilmente dal fatto che il cambiamento di colore del frutto (invaiatura) è tardivo e progressivo, e quasi mai completo neppure a maturazione avanzata.
Vive bene sulle colline marnoso-arenacee che circondano il Golfo di Trieste, ma anche sui terreni calcarei meglio esposti dell’Altipiano carsico. L’ambiente è determinato dal clima mite (vicinanza del mare) e poco umido, dal terreno fresco e drenato, che in primavera ed in estate garantisce la crescita della nuova vegetazione. Sussiste qualche rischio di gelata (1929, 1956, 1985), ma la qualità del prodotto induce gli olivicoltori a rigenerare il patrimonio olivicolo, che è tuttora in continua espansione.

L’olivo belica/bianchera è caratterizzato da una elevata vigoria e lunghi rami fruttiferi a portamento assurgente. La pianta presenta un’elevata densità della chioma, il numero dei fiori nel periodo dell’infiorescenza è medio; la forma della foglia è elittico-lanceolata (a forma di elica), di elevata lunghezza, media larghezza e curvatura longitudinale della lamina piana.
Le principali caratteristiche agronomiche di tale varietà autoctona sono un’elevata resistenza al freddo. La belica/bianchera sopporta bene i venti marini, il freddo (fino a 7° – 8° C sotto zero), i terreni calcarei e le energiche potature. E’ però particolarmente sensibile agli attacchi di mosca dell’olivo e negli ultimi anni di tignola; da tenere sotto controllo anche gli attacchi di cicloconio (occhio di pavone).

I fiori sono parzialmente autocompatibili, e si aprono abitualmente nel periodo della cosidetta stagione anticipata (ultima settimana di maggio).
Il frutto è di peso medio di circa 2 grammi, di forma elissoidale, leggermente asimmetrica, con apice rotondo, base troncata. Quando è maturo è di colore verde e l’epidermide è coperta da numerose piccole lenticelle.
La produttività degli ulivi negli anni risulta buona e costante, così come ottima è la resa dei frutti nel frantoio (17-21 per cento di olio).
L’endocarpo (il nocciolo) presenta forma elittica, leggermente asimmetrica, con apice rotondo, la base appuntita e la superficie rugosa.

L’olio ricavato dall’olivo belica/bianchera è particolarmente pregiato e molto apprezzato per le sue caratteristiche olfattive e gustative. Da un punto di vista organolettico all’olfatto l’olio risulta di fruttato medio-intenso, mentre al gusto presenta una nota caratteristica di amaro e di piccante.
Nei sapori si possono riconoscere sentori di mandorla, carciofo e di erba fresca falciata da poco. Appena estratto l’olio suscita una sensazione di splendida freschezza.

IN CUCINA

In cucina si sposa molto bene con i numerosi piatti tipici della tradizionale cucina triestina. Il suo gusto leggermente aggressivo è ideale per accompagnare il pesce fresco dell’Adriatico e le diverse specialità di carne cotta ai ferri o allo spiedo. Altri abbinamenti sono consigliati con le minestre a base dolce di fungo, zucca, carota e legumi, i risotti, la polenta, i soffritti ed i bolliti misti.
Affinché l’olio conservi inalterate le sue caratteristiche chimico-organolettiche va utilizzato a crudo.
Per quanto riguarda i valori nutraceutici l’olio della belica/bianchera esprime basso contenuto di acidi grassi saturi (palmitico e stearico), che sono i più dannosi per la salute. Un’elevata caratterizzazione sensoriale è determinata da elevata quantità di polifenoli e di 2-esenale (un parente della formalina indispensabile per le note gustative dell’olio); la bassa acidità e il ridotto numero di perossidi ne determinano una buona conservazione anche per tempi prolungati.
Le doti dietetiche di quest’olio sono dovute anche al periodo di raccolta delle olive piuttosto breve (fine ottobre-tutto novembre) e la loro immediata molitura.

DOP “TERGESTE”

Le peculiari e tipiche caratteristiche degli oli extravergini della provincia di Trieste hanno stimolato un gruppo di produttori ad attivarsi per valorizzare e nello stesso tempo tutelare la qualità dell’olio prodotto sul territorio.
Negli anni 1997-1998 viene stesa la bozza del “Disciplinare di produzione dell’olio extravergine di oliva Tergeste a denominazione di origine protetta”.
Nel 1999 si è costituito il “Comitato Promotore della Valorizzazione dell’Olio di Oliva Extravergine di Trieste” con sede presso la CCIAA di Trieste in Piazza della Borsa n° 14.
Nel 2002 pubblicazione sul BUR n.12 della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia della proposta di riconoscimento della DOP “Tergeste” con relativo disciplinare, in lingua italiana e in lingua slovena.

Completato l’iter amministrativo presso il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali a Roma il disciplinare è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il 22 ottobre 2004 e quindi la Denominazione di origine protetta dell’olio extravergine Tergeste è diventata vigente a tutti gli effetti. Il 25 luglio 2005 il MIPAAF ha incaricato la Camera di Commercio di Trieste a effettuare i controlli sulla DOP “Tergeste”, che sono partiti nell’ottobre del 2006. Risale al 18 aprile 2007 la presentazione ufficiale del prodotto olio extravergine di oliva con la denominazione DOP “Tergeste” presso il castello di Duino.

Il Disciplinare di produzione della Denominazione di Origine Protetta “Tergeste” prevede che la stessa sia riservata agli oli extravergini di oliva che corrispondono ai requisiti stabiliti dal regolamento CEE n° 2081/1992.
Le varietà presenti negli oliveti devono essere nelle seguenti proporzioni: belica/bianchera non inferiore al 20%; altre varietà: carbona, leccino, leccio del Corno, frantoio, maurino e pendolino.
La zona di produzione comprende il territorio amministrativo della Provincia di Trieste con i seguenti comuni: Trieste/Trst, Muggia/Milje, Duino-Aurisina/Devin-Nabrežina, S.Dorligo della Valle/Dolina, Sgonico/Zgonik, Monrupino/Repentabor. La zona è delimitata ad Est dal confine con la Slovenia, ad Ovest con la Provincia di Gorizia, a Nord con il confine con la Slovenia, a Sud dalla costa Adriatica.

Le condizioni ambientali e di coltura degli oliveti devono essere quelle tradizionali e caratteristiche del territorio, idonee a conferire le specifiche caratteristiche qualitative all’olio derivato.
Le olive devono essere raccolte a partire dall’inizio dell’invaiatura e la raccolta non deve protrarsi oltre il 31 dicembre. Le olive devono essere raccolte direttamente dalla pianta, conservate in recipienti areati e molite entro tre giorni dalla raccolta.
La produzione massima non può superare i 65 quintali all’ettaro o 50 chilogrammi per pianta (in coltura promiscua). La resa massima in olio consentita è di 22%.

L’olio deve essere confezionato nell’area di produzione.
L’estrazione deve avvenire esclusivamente per mezzi meccanici e fisici. Durante l’estrazione la temperatura della pasta non deve superare i 30° C e durante la gramolatura è consentito usare solo acqua. Per i vasi oleari si privilegiano materiali di vetro o di acciaio inossidabile, con esclusione di resine e plastiche.

Le operazioni di oleificazione devono essere effettuate entro le 36 ore dal conferimento delle olive.
All’atto dell’immissione al consumo l’olio deve rispondere alle seguenti caratteristiche: colore – oro verde; odore – fruttato medio; sapore – fruttato medio o leggera sensazione di piccante.
Punteggio al panel test (esame organolettico): 6,8; amaro e piccante superiore o uguale a 1; acidità massima di grammi 0,5 per 100 grammi di olio; acido oleico uguale o superiore al 74 %, acido linoleico uguale o superiore al 9%; polifenoli totali uguale o superiore a 100.
E’ vietata qualsiasi qualificazione non espressamente prevista dal regolamento.

Il nome della DOP Tergeste deve figurare in etichetta con caratteri chiari.
L’olio deve essere messo in consumo in bottiglie di capacità non superiore ad un litro con l’esclusione di contenitori in resina o in plastica.
E’ obbligatorio in etichetta indicare l’annata di produzione delle olive da cui è ottenuto l’olio.
In etichetta potrà comparire la traduzione letterale in lingua slovena dell’indicazione del prodotto.

Testo a cura del Consorzio di tutela dell’olio Dop Tergeste. Si ringrazia Dino Sturman. La foto di apertura è gentilmente fornita dalla famiglia di olivicoltori Starec.

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