Saperi

Nelle valli del Delta

Non un viaggio di ricordi ma il viaggio della consapevolezza di ciò che hai fatto, di quanto hai disturbato, di quanto fra bene e male si sia mescolata la vita come l’acqua di valle si mescola a quella del mare

Massimo Cocchi

Nelle valli del Delta

Oggi, mi sono affacciato in un sentiero che mi ha condotto al centro di grandi specchi d’acqua, circondato.

Un timido sole, fra residui di nebbia, spalmava una strana luce su quegli specchi d’acqua di cui non vedevo la fine, probabilmente si uniscono al mare e mescolano le loro risorse in un confine impercettibile, che puoi solo immaginare, nel quale vorresti spingerti per capire come questa natura sia sempre lì, pronta a riprendersi quello che l’uomo ha strappato.

In quella magica desolazione anche i pensieri vanno oltre e si mescolano e si accavallano nelle immense possibilità che la mente ci offre, come le onde che intrecciano l’acqua calma di valle, i pensieri si scontrano fra desideri inappagati, volontà costrette, speranze che rimangono al margine.

Desideri, volontà, speranze, una sorta di sintesi di una vita di corsa dove sovente è mancato il tempo della riflessione, dove questo tempo ti ha costretto ai molti errori che a qualcuno hanno ferito l’anima e, anche su questo, ti è mancata la consapevolezza.

Lì, in quella piatta e deserta valle, rotta soltanto dallo stridio degli uccelli che ne hanno fatto casa, cominci a capire che quei rumori ti hanno più volte avvisato, con il loro richiamo, che avresti dovuto prestare più attenzione ai rumori della vita, il rumore è fatto apposta per distrarti dalla profondità del disinteresse.

Lì ti viene la tentazione di salire su una barca ormeggiata ai piccoli pontili che abitano quell’acqua e cominciare il viaggio, non un viaggio di ricordi ma il viaggio della consapevolezza di ciò che hai fatto, di quanto hai disturbato, di quanto fra bene e male si sia mescolata la vita come l’acqua di valle si mescola a quella del mare.

Sale forte il desiderio di varcare quel confine, di uscire da quell’immaginario punto di mescolanza per trovare il mare aperto, per pensare che hai davanti una nuova vita e molte miglia ancora da percorrere con il tempo per riflettere e parlare con la miriade di abitanti di quell’acqua che, muti, puoi sperare che diano ragione di te.

Puoi sperare che arrivi, fra un’onda e l’altra, un raggio di luce che illumini e scoperchi il buio che hai, più volte, utilizzato per non volere vedere.

Puoi sperare che le piccole stelle di luce che si giacciono ondeggianti sull’acqua ti raccontino quello che avresti voluto, dovuto fare o essere, e che non sei riuscito.

Così, appoggiato alla transenna di uno di quei pontili, mi sono improvvisamente reso conto che avevo chiuso gli occhi e sognato, sognato un mondo che puoi solo desiderare perché, fuori da quell’acqua, devi fare i conti con terrene percezioni, senza onde, dove la luce non disegna stelle e dove dolce e salato non sempre si fondono con armonia.

Sono tornato indietro raggrinzandomi nel soprabito per il freddo pungente che per un attimo non avevo sentito, già la magia del sogno ti fa trascorrere il tempo, un tempo che non ha dimensione, che può durare un attimo o moltissimo, un tempo di cui non hai percezione e che ti porta alla fine della corsa senza che ti accorga, molte volte svegliandoti con la fortuna del non ricordo.

Avrei voluto lasciare su quell’acqua tutti i miei pensieri, che prendessero il largo dalla valle per un viaggio sena meta e senza ricordo, per un viaggio dove la verità potesse galleggiare serena.

In apertura, foto di Riccardo Santi

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