Saperi

Olio e corpi intermedi

Guardare avanti per migliorare, voltarsi indietro per imparare. Insieme è meglio, parola di Michele Tronconi, autore del volume Perché insieme. Natura umana e corpi intermedi, per le edizioni Guerini e Associati. Un excursus sull’anima dell’associazionismo e sullo spirito di aggregazione

Paola Cerana

Olio e corpi intermedi

Perché insieme. Natura umana e corpi intermedi. È un libro di Michele Tronconi, edito da Guerini e Associati. Un vero e proprio excursus sull’anima dell’associazionismo e sullo spirito di aggregazione, scritto da un imprenditore tessile ma anche da colui che negli anni ha ricoperto molti incarichi associativi e di rappresentanza a livello nazionale e internazionale. Se all’esperienza diretta si aggiunge uno stile narrativo fluido e disinvolto, questo libro si propone come un’occasione di scoperta anche per i non addetti ai lavori. La visione olistica che Tronconi offre riguarda i corpi intermedi nella storia fino ad oggi, a partire dagli istinti d’aggregazione delle specie filogeneticamente più vicine, al contesto medievale, per approdare all’epoca Covid.

È un viaggio nell’evoluzione del sociale, della politica e dell’economia. In 280 pagine, secoli di storia ripercorsi con passione per l’argomento. Dedicato al padre Attilio, si tratta di un lavoro che ha anche un profondo risvolto affettivo.

Volendo “ospitare” Michele Tronconi e il suo libro nello spazio di Olio Officina, mi son chiesta se i corpi intermedi potessero avere qualche analogia con l’alimentazione e, in particolare, con l’olio, condimento per eccellenza, comune denominatore per ogni pietanza. Ma ho preferito domandarlo direttamente a lui, cominciando così questa nostra chiacchierata.

Intervista a Michele Tronconi

Molti si staranno chiedendo cosa c’entrino i corpi intermedi con l’olio. Una buona domanda con cui cominciare.

A prima vista sono argomenti lontani; da una parte il cibo, dall’altra le formazioni collettive che s’interpongono tra il singolo individuo e chi detiene il monopolio della forza. Mi riferisco a quelle organizzazioni che fanno da cuscinetto tra chi governa e chi è governato, come i sindacati e le altre associazioni di rappresentanza. In fondo, la convivialità è sempre stata al centro delle aggregazioni sociali e delle rispettive dinamiche. Aristotele, nella Politica, parlava dell’importanza dei sissizi per contrastare le tirannidi. Ovvero dei banchetti tra persone che versavano nelle medesime condizioni, cioè tra pari, dove ognuno contribuiva in egual misura alla spesa per il pasto. La condivisione del cibo favoriva la reciproca fiducia, quindi la formazione di un’identità collettiva, il senso del ‘noi’. Questo è un aspetto centrale della mia analisi che qui richiede un’altra premessa. Quando si avvicina il cibo alla vita in società c’è chi ricorda che “l’uomo è ciò che mangia”. In parte è così, nel senso che molti aspetti che associamo alla nostra dimensione psichica e sociale, ma anche spirituale, hanno comunque una base organica, disegnata dalla coevoluzione tra geni e cultura. Il mio riferimento concettuale, qui, è la teoria evoluzionista. Mi sa, però, che sto eccedendo con i richiami teorici. Mi lasci alleggerire con una storiella. Marito e moglie s’iscrivono a un corso di cinese. L’insegnate chiede: “Avete in programma di andare in Cina?” “Neanche per idea” rispondono “È che abbiamo adottato un neonato cinese e quando comincerà a parlare vogliamo capire cosa dice”. A volte l’idea di che cosa sia naturale è un attimo controversa. Capita anche per l’olio, non è vero? Per altro, credo che quelli che la pensano come nella storiella ce li siamo già persi.

Riprendiamo il filo, allora. Mi sembra di capire che il vero punto di contatto tra un portale di comunicazione che parla di cultura alimentare, come questo, e il suo libro, stia nel comune approccio naturalistico.

Esatto. Non per niente nel titolo parlo di ‘natura umana’ per indicare quelle propensioni tipiche della nostra specie che ci spingono a fare gruppo. Il tema delle associazioni di rappresentanza viene solitamente trattato dalle scienze sociali come fosse una manifestazione unicamente umana, mentre io ne ho ricercato le origini nel nostro passato ancestrale, risalendo la nostra storia filogenetica fino all’ultimo antenato comune con le scimmie antropomorfe (scimpanzé, bonobo e gorilla). Anche in queste specie sociali che vivono in piccoli gruppi si formano, infatti, delle coalizioni strategiche: da una parte quelle per ottenere e gestire la dominanza, dall’altra quelle finalizzate a contenere gli eccessi prevaricativi degli elementi dominanti. I primatologi parlano di rank-changing coalitions nel primo caso e di leveling coalitions nel secondo. Assieme a un’altra caratteristica della vita del branco che è l’esclusività, cioè la distinzione tra chi fa parte del gruppo e chi è fuori, esse costituiscono le traiettorie di base anche della politicità umana. Ci sono, ovviamente, altri elementi tipici della nostra specie. Come l’esigenza di organizzare la vita sociale attraverso regole e istituzioni per renderla prevedibile e favorire il coordinamento e la cooperazione. Questo ha consentito il passaggio progressivo dalle società di piccole dimensioni, dove ci si conosce tutti, a quelle di grandi dimensioni in cui prevalgono i rapporti anonimi. Tornando alle coalizioni, quelle di contenimento sarebbero all’origine dei corpi intermedi. In entrambi i casi, infatti, la loro funzione sarebbe quella di avversare e sorvegliare, magari anche di influenzare chi governa, ma non di sostituirlo.

Certo che così lei è proprio partito da Adamo ed Eva, come si dice.

Sì, l’ho presa alla lontana, ma non è una novità. Nel Sei e Settecento i cosiddetti contrattualisti, da Hobbes a Rousseau, immaginavano la formazione della società a partire dallo stato di natura. Rousseau parlava idealisticamente del buon selvaggio, mentre Hobbes immaginava la guerra di tutti contro tutti. Pensava che per porvi fine gli uomini primitivi avessero capito che era meglio sottomettersi ad un’unica istanza dominante che imponesse la pace interna con la forza. Oggi abbiamo una visione un po’ più solida di quello che è stato il nostro passato ancestrale, ma si continua a non unire tutti i puntini per guardare al disegno complessivo. Per esempio, proprio come i contrattualisti, molti economisti credono che la società sia sorta dall’unione di individui isolati, ovvero in stato atomistico. Ma l’individuo isolato è sempre stato l’eccezione, non la regola. Il branco e il senso di appartenenza sono apparsi molto prima del senso dell’individuo come lo conosciamo oggi. Basti pensare che la nostra specie homo sapiens è comparsa circa 200 mila anni fa e che i primi insediamenti stanziali risalgono a circa 12 mila anni or son. Vuol dire che per più del 95% dell’esperienza umana sulla Terra abbiamo vissuto solo in bande nomadi di cacciatori-raccoglitori. Difficile credere che da quel lungo periodo non ci sia rimasta qualche predisposizione caratteristica.

Michele Tronconi

Facciamo un bel passo avanti; oggi non andiamo più in giro con l’arco e le frecce ma ognuno col suo smartphone. Lei parla di corpi intermedi ma molti parlano di disintermediazione.

Bene, veniamo ai giorni nostri, quindi al caos indotto dall’epidemia da Covid-19. Non le sembra che le magnifiche sorti e progressive digitali si siano piegate al ritorno di un virus arcaico che ha fatto il salto di specie? Non crede che le nostre città in lockdown assomiglino molto alle città medievali attanagliate dalle pestilenze? In entrambe i casi si è finiti confinati ai domiciliari, o in un lazzaretto. Per reagire, oggi, che cosa si è fatto? Mica si è andati a interpellare ad uno ad uno i cittadini tramite qualche piattaforma internet. Per la soluzione di certi problemi serve celerità e competenza. Non solo. Per valutare le opzioni e mettere a terra le decisioni occorre la mediazione. A meno che non si preferisca vivere in uno Stato non democratico. È così che per concordare i protocolli di sicurezza sul lavoro, solo per fare un esempio, ci sono voluti i corpi intermedi, i sindacati e le associazioni datoriali. Si potrà ritenere che si tratti solo di una pausa nella logica della disintermediazione, ma nel mio libro spiego per quale motivo non sia così.

Per arrivare a queste spiegazioni lei affronta anche altri temi. Un accenno?

Ci sono concetti fondamentali che richiedono un minimo di analisi. Per esempio, quello di interesse. Spesso si crede che un’associazione sia la sommatoria di interessi individuali preesistenti, ma non è così. Oppure, si pensa che l’interesse venga prima e che l’organizzazione ne sia lo specchio, o il megafono. In realtà l’interesse comune è un processo che trasforma le istanze individuali attraverso il reciproco riconoscimento e contemperamento. Un altro concetto che richiede un’attenta analisi è quello di rappresentanza; che differenza c’è tra quella che opera tra privati, per il disbrigo di un affare, e quella politica, dove non c’è vincolo di mandato? E che tipo di rappresentanza s’instaura tra vertici associativi e la loro base, dove è essenziale ciò che definiamo come ‘partecipazione’? Sono temi fondamentali, non solo per capire i corpi intermedi, ma anche per la convivenza democratica.

Nelle sue risposte sembra trasparire una certa sfiducia nel cambiamento.

Per niente, ma credo sia un grosso errore pensare che il nuovo sostituisca completamente il vecchio. Da un punto di vista organico la vita prosegue comprendendo le mutazioni, quindi il cambiamento. L’asse portante, però, è la replicazione, al netto della selezione naturale. Questo vale anche per l’altra dimensione evolutiva che è la cultura, dove l’innovazione, anche tecnologica, può essere molto marcata. Da un punto di vista conoscitivo, quindi, possiamo individuare e cercare di capire il nuovo solo se riconosciamo il vecchio che si ripete. Allo stesso modo possiamo affrancarci dai nostri residui ancestrali solo se sappiamo riconoscerli e contenerli. La vita in società presenta tutt’ora dei problemi di coordinamento e cooperazione che attengono alla politica, quindi al potere e a come lo si controlla.

Un’ultima domanda: ci sarà un seguito al suo libro?

Si. Sono partito da un punto interrogativo – perché insieme?– e ho terminato con un punto esclamativo – perché insieme! Ora devo affrontare i limiti e i difetti dei corpi intermedi, così come i loro paradossi organizzativi. Sono una presenza necessaria, ma non sufficiente. Soprattutto se non si capisce quali siano gli errori da non ripetere in futuro. Come scrivo nella premessa, dobbiamo guardare avanti per migliorare, voltandoci indietro per imparare.

Chi è l’Autore

Michele Tronconi (1962) è laureato in Scienze Politiche all’Università Cattolica di Milano. Imprenditore tessile per tradizione di famiglia, ha ricoperto vari incarichi associativi, a partire dalla presidenza del Gruppo Giovani Industriali dell’Unione Industriali di Varese. È stato a capo di Euratex, a Bruxelles, di Sistema Moda Italia e di Assofondipensione, nonché membro del Cda di Simest. Ha fatto parte della Giunta e del Consiglio Direttivo di Confindustria. Ha quindi unito queste esperienze con l’attività pubblicistica – www.micheltronconi.it

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